L'illuminazione del boulevard attraversa la scritta sul parabrezza e proietta CHIAVI IN MANO sulla guancia di Tyler.

«I ragni» dice Tyler, «fanno le uova e le larve si inastano nella pelle. Tanto per dire quanto puт essere brutta la vita.»

Ora come ora il mio pollo alle mandorle nella sua cremosa salsina tiepida ha il sapore di qualcosa ciucciato dalle cosce della mamma di Maria.

И stato in quel momento, in cucina con Maria, che ho capito che cosa aveva fatto Tyler.

RUGHE SPAVENTOSE.

E sapevo perchй aveva mandato i cioccolatini alla mamma di Maria.

AIUTO!

Maria, dico, no che non vuoi aprire il congelatore.

Maria dice: «Cosa?».

«Non mangiamo mai carne rossa» mi dice Tyler nell'Impala e lui non puт usare grasso di pollo altrimenti il sapone non s'indurisce.

«Quella roba» dice Tyler, «ci fa guadagnare una fortuna. Abbiamo pagato l'affitto con quel collageno.»

Io gli dico che avrebbe dovuto parlarne a Maria. Ora lei crede che sia stato io.

«Saponificazione» dice Tyler, «и la reazione chimica necessaria a fare sapone buono. Il grasso di pollo non funziona come non va bene nessun grasso con troppo sale.

«Ascolta» dice Tyler. «Abbiamo da far fronte a una grossa ordinazione. Manderemo alla mamma di Maria della cioccolata e magari qualche crostata.»

Io credo che non funzionerа piщ.

Per farla breve, Maria ha guardato nel congelatore. D'accordo, all'inizio c'и stata una piccola zuffa. Io cerco di fermarla e il sacchetto le sfugge di mano e si apre sul linoleum e noi scivoliamo tutti e due in quel pasticcio bianco e scivoloso e ci rialziamo in preda ai rigurgiti. Cinturo Maria intorno alla vita da dietro, le blocco le braccia contro i fianchi, i suoi capelli mi sferzano la faccia, mentre io le dico e ripeto che non sono stato io, non sono stato io.

Non l'ho fatto io.

«Mia madre! La stai versando dappertutto!»

Avevamo bisogno di fare del sapone, le spiego con la bocca schiacciata contro l'orecchio. Avevamo bisogno di lavare i miei calzoni, pagare l'affitto, riparare la perdita nel tubo del gas. Non sono stato io.

И stato Tyler.

Maria strilla: «Che cavolo stai dicendo!» e sguscia dalla sottana. Io arranco per risollevarmi dal pavimento unto con in mano una matassa di cotone indiano stampato e Maria, in slip e con i tacchi a zeppa sotto i piedi e la camicetta da campagnola apre lo sportello del congelatore e dentro non ci sono provviste di collagene.

Ci sono due vecchie batterie da torcia, ma nient'altro.

«Dov'и?»

Io sto giа strisciando all'indietro, con le mani che mi scivolano sul pavimento, le scarpe che scivolano sul linoleum, e il culo che ne ripulisce una striscia allontanandosi da Maria e dal frigo. Tengo in alto la gonna cosм non devo vedere Maria mentre glielo dico.

La veritа.

Ne abbiamo fatto sapone. Di lei. Della mamma di Maria.

«Sapone?»

Sapone. Si fa bollire il grasso. Si mescola con la lisciva. Si ottiene sapone.

Quando Maria strilla, le lancio la sottana in faccia e scappo. Scivolo. Scappo.

In giro per tutto il pianterreno Maria mi insegue, slittando intorno agli angoli, catapultandosi dagli infissi. Scivolando.

Lasciando ripugnanti marchi di grasso e sudiciume di pavimento in forma di mani tra i fiori della tappezzeria. Cadendo e andando a sbattere contro gli zoccoli, rialzandosi, correndo.

Maria strilla: «Hai bollito mia madre!».

Tyler ha bollito sua madre.

Maria strilla, sempre a un tiro di unghie dietro di me.

Tyler ha bollito sua madre.

«Hai bollito mia madre!»

La porta d'ingresso era ancora aperta.

Cosм mi sono trovato fuori mentre Maria mi strillava dietro dalla soglia. I piedi non scivolavano piщ sul marciapiede di cemento e ho continuato a correre. Finchй ho trovato Tyler o finchй Tyler ha trovato me e gli ho raccontato cos'era successo.

Con una birra a testa, io e Tyler ci siamo distesi sui sedili, io su quello davanti. Ancora adesso Maria probabilmente и in casa a scagliare le riviste contro i muri e a strillare che sono un farabutto e un mostro, un capitalista biforcuto, un bastardo ciucciaculi. Le miglia di notte tra me e Maria offrono insetti e melanomi e virus carnivori. Dove mi trovo non и malaccio.

«Quando un uomo viene colpito da un fulmine» dice Tyler, «la testa gli si brucia e gli diventa piccola come una palla da baseball e la cerniera gli si fonde tutta insieme e non si apre piщ.»

Gli chiedo se questa volta abbiamo toccato il fondo.

Tyler appoggia la testa e dice: «Se Marilyn Monroe fosse viva in questo momento, che cosa starebbe facendo?».

Io gli do la buonanotte.

Il rivestimento del soffitto penzola a brandelli e Tyler dice: «Starebbe grattando il coperchio della sua bara».

12

Il mio capo и troppo vicino alla mia scrivania con il suo sorrisetto, le labbra compresse e tirate, l'inguine all'altezza del mio gomito. Io levo lo sguardo dalla lettera che sto scrivendo per un'operazione di ritiro. Queste lettere cominciano sempre nello stesso modo:

"Vi inviamo questo avviso in ottemperanza alle disposizioni della legge nazionale sulla sicurezza degli autoveicoli. Abbiamo accertato che esiste un difetto…"

Questa settimana ho usato la formula della convenienza e per una volta A per B per C ha dato un risultato superiore al costo di un ritiro.

Questa settimana и la mollettina di plastica che blocca la racletta di gomma delle spazzole del vostro parabrezza. Un elemento a consumo. Solo duecento veicoli difettosi. Pressochй niente dal punto di vista del costo della manodopera.

La settimana scorsa il caso и stato piщ tipico. La settimana scorsa il problema era pelle conciata con una nota sostanza teratogenetica, Nirret sintetico o qualcosa altrettanto illegale che si usa ancora per le tinture nel Terzo Mondo. Qualcosa di abbastanza forte da provocare malformazioni nel feto di una donna incinta che ne sia venuta in contatto. La settimana scorsa nessuno ha chiamato il dipartimento dei Trasporti. Nessuno ha dato inizio a un'operazione di ritiro.

Pelle nuova moltiplicato manodopera moltiplicato costi amministrativi dа un ammontare superiore ai profitti del primo trimestre. Se qualcuno scopre l'errore, possiamo ancora indennizzare un sacco di famiglie a lutto prima di avvicinarci al costo della sostituzione di seimilacinquecento finiture in pelle.

Questa settimana invece si ritira. E questa settimana и tornata l'insonnia. C'и giа l'insonnia e ora al mondo intero gli viene in mente di fermarsi a farla sulla mia tomba.

Il mio capo ha la cravatta grigia quindi oggi dev'essere martedм.

Il mio capo si presenta alla mia scrivania con un foglio di carta e mi chiede se sto cercando qualcosa. Questo foglio и rimasto nella copiatrice, dice, e comincia a leggere:

«La prima regola del fight club и che non si parla del fight club».

I suoi occhi corrono da una parte all'altra del foglio di carta e lui ridacchia.

«La seconda regola del fight club и che non si parla del fight club.»

Sento le parole di Tyler che escono dal mio capo, Mister Capo con le sue foto ricordo e il ritratto di famiglia sulla scrivania e i suoi sogni sul pensionamento anticipato e inverni trascorsi in un parcheggio per case mobili in qualche deserto dell'Arizona. Il mio capo con le sue camicie ultrainamidate e l'appuntamento fisso per un taglio di capelli tutti i martedм dopo pranzo, mi guarda e dice:

«Spero che non sia tua.»

Io sono il sangue ribollente di Tizio.

Tyler mi ha chiesto di battergli a macchina il regolamento del fight club e di tirargliene dieci copie. Non nove, non undici. Dieci copie, dice Tyler. Comunque io ho l'insonnia e l'ultima volta che ho dormito dev'essere stata tre notti fa. Quello dev'essere l'originale. Ho fatto le dieci copie e ho dimenticato l'originale. I lampi della fotocopiatrice in faccia, l'allontanamento dell'insonnia da ogni cosa, una copia di una copia di una copia. Tu non tocchi niente e niente tocca te.


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