Anche se possedeva una magnifica proprietà di campagna in Potomac, Peter Solomon passava gran parte del suo tempo in città, nell’attico dell’esclusivo Dorchester Arms. L’edificio, come la maggior parte di quelli che ospitano i super ricchi, era una vera e propria fortezza. Alte mura di cinta. Guardie ai cancelli. Elenchi degli ospiti. Parcheggio sotterraneo sorvegliato.

Mal’akh aveva guidato quella stessa limousine fino alla guardiola, si era tolto il berretto da chauffeur dalla testa rasata e aveva dichiarato: "Accompagno il dottor Abaddon. È ospite del signor Peter Solomon". Aveva parlato come se stesse annunciando il duca di York.

La guardia aveva controllato prima un registro e poi il documento d’identità del visitatore. "Sì, vedo che il dottor Abaddon è atteso." Aveva premuto un pulsante e il cancello si era aperto. "Il signor Solomon abita nell’attico. Dica al dottore di utilizzare l’ultimo ascensore a destra. Sale direttamente all’appartamento."

"Grazie." Mal’akh si era rimesso il berretto ed era ripartito.

Mentre si addentrava nelle profondità del garage, si era guardato intorno cercando le telecamere di sicurezza. Niente. Evidentemente chi abitava lì non era il tipo da rubare nelle auto degli altri e neppure da sopportare di essere osservato.

Mal’akh aveva parcheggiato in un angolo semibuio vicino agli ascensori, aveva abbassato il divisorio tra lo spazio riservato all’autista e quello del passeggero e, attraverso quel varco, era scivolato sul retro della limousine, dove si era sbarazzato del berretto da chauffeur e aveva indossato la parrucca bionda. Sistemandosi giacca e cravatta, si era controllato allo specchio per assicurarsi di non aver rovinato il trucco. Non voleva correre rischi. Non quella sera.

Ho aspettato troppo a lungo.

Pochi secondi dopo, Mal’akh entrava nell’ascensore privato. La salita fino all’ultimo piano era stata silenziosa e priva di scosse. Quando le porte si erano aperte, si era ritrovato in un elegante atrio. Il padrone di casa lo stava già aspettando.

"Benvenuto, dottor Abaddon."

Mal’akh aveva fissato l’uomo nei suoi magnetici occhi grigi e aveva sentito accelerare il battito del cuore. "Signor Solomon, la ringrazio per avermi ricevuto."

"Per favore, chiamami Peter." Mentre si stringevano la mano, Mal’akh aveva visto l’anello d’oro della massoneria… Era la stessa mano che una volta aveva puntato una pistola contro di lui. Dal lontano passato di Mal’akh una voce aveva sussurrato: Se premi quel grilletto, non avrai pace.

"Prego, entra" gli aveva detto Solomon, facendolo passare in un elegante soggiorno le cui enormi finestre offrivano una vista stupefacente dello skyline di Washington.

"Quello che sento è odore di tè in infusione?" aveva chiesto Mal’akh entrando.

Solomon era sembrato colpito. "I miei genitori accoglievano sempre gli ospiti con una tazza di tè. Io continuo la tradizione."

Aveva guidato il visitatore verso il caminetto, dove li aspettava un servizio da tè. "Latte e zucchero?"

"Niente, grazie."

Di nuovo, Solomon era sembrato colpito. "Un purista." Aveva versato due tazze di tè liscio. "Mi hai detto che volevi parlarmi di qualcosa che può essere discusso solo in privato."

"Ti ringrazio. Apprezzo molto che tu mi dedichi un po’ del tuo tempo."

"Io e te ora siamo fratelli massoni. C’è un legame tra noi. Dimmi in che modo posso esserti utile."

"Prima di tutto desidero ringraziarti per l’onore del trentatreesimo grado che mi hai concesso qualche mese fa. Significa moltissimo per me."

"Ne sono lieto, ma tu sai che decisioni del genere non sono soltanto mie. Vengono prese tramite votazione del Supremo Consiglio."

"Naturalmente." Mal’akh sospettava che Peter Solomon avesse votato contro di lui, ma all’interno della massoneria, come in ogni altro ambito, il denaro significa potere. Dopo avere raggiunto il trentaduesimo grado nella propria loggia, Mal’akh aveva aspettato solo un mese prima di effettuare, a nome della Gran Loggia massonica, una donazione multimilionaria a un ente benefico. Come aveva previsto, quel gesto di generosità non richiesto era stato sufficiente a procurargli di lì a breve l’invito a entrare a fare parte dell’èlite del trentatreesimo grado. £ ancora non sono venuto a conoscenza di nessun segreto.

Nonostante le voci che circolavano da secoli — "Tutto sarà rivelato al trentatreesimo grado" -, a Mal’akh non era stato detto nulla di nuovo, niente di significativo ai fini della sua ricerca. Ma in realtà non si era mai aspettato che gli venissero fatte rivelazioni. La cerchia più ristretta della massoneria conteneva al suo interno cerchie ancora più ristrette… cerchie che lui non avrebbe visto per anni, o forse addirittura mai. Ma non gli importava. Con l’iniziazione aveva raggiunto il suo scopo. Qualcosa di unico era accaduto all’interno della House of the Tempie, qualcosa che gli aveva conferito potere su tutti loro. Non gioco più secondo le vostre regole.

"Sai…" aveva cominciato Mal’akh bevendo un sorso di tè. Io e te ci siamo già incontrati, anni fa."

Solomon era parso stupito. "Davvero? Non ricordo."

"È successo molto tempo fa." E Christopher Abaddon non è il mio vero nome.

"Mi dispiace, ma il mio cervello evidentemente sta invecchiando. Puoi ricordarmi come ci siamo conosciuti?"

Mal’akh aveva sorriso per l’ultima volta all’uomo che odiava più di qualunque altra persona sulla terra. "È un peccato che non ricordi." Con un movimento fluido, aveva estratto dalla tasca un piccolo oggetto, aveva teso il braccio in avanti e poi aveva premuto con forza il dispositivo sul petto di Solomon. C’erano stati un lampo di luce azzurra, il ronzio sfrigolante della scarica elettrica e un ansito di dolore provocato dal milione di volt che saettava nel corpo di Peter Solomon. Con gli occhi sbarrati, Peter si era afflosciato immobile sulla sua poltrona. Mal’akh, ora in piedi, torreggiava su di lui sbavando come un leone sul punto di divorare la preda ferita.

Solomon boccheggiava, tentando di respirare.

Mal’akh aveva colto la paura negli occhi della sua vittima e si era chiesto quante persone al mondo avessero visto il grande Peter Solomon terrorizzato. Aveva assaporato la scena per diversi secondi, poi aveva bevuto un sorso di tè, in attesa che l’altro riprendesse fiato.

Scosso da spasmi, Solomon cercava di parlare. "Pperché?" era riuscito finalmente a sussurrare.

"Tu cosa pensi?"

Solomon sembrava sinceramente confuso. "Vuoi… denaro?"

Denaro? Mal’akh aveva riso. "Ho regalato milioni di dollari ai massoni. Non ho bisogno di soldi." Sono venuto qui per trovare la saggezza e lui mi offre ricchezze.

"Allora cosa… cosa vuoi?"

"Tu sei a conoscenza di un segreto e questa sera lo condividerai con me."

Solomon si era sforzato di sollevare il mento in modo da poter guardare il suo ospite negli occhi. "Io non… non capisco."

"Basta con le bugie!" aveva gridato Mal’akh, avvicinandosi a pochi centimetri dall’uomo paralizzato. "So cosa c’è nascosto qui a Washington."

Negli occhi grigi di Solomon c’era un’espressione di sfida. "Non ho idea di che cosa tu stia parlando!"

Mal’akh aveva posato la tazza sul piattino. "Mi hai detto queste stesse parole anche dieci anni fa, la notte in cui è morta tua madre."

Gli occhi di Solomon si erano spalancati. "Tu…?"

"Non era necessario che tua madre morisse. Se tu mi avessi dato quello che chiedevo…"

Una volta afferrata la verità, il viso dell’uomo si era trasformato in una maschera atterrita e incredula.

"Ti avevo avvertito" aveva continuato Mal’akh. "Se tu avessi premuto il grilletto, non avresti avuto pace."

"Ma tu sei…"

Mal’akh si era lanciato in avanti e aveva premuto di nuovo con forza lo storditore sul petto di Solomon. Cera stato un altro lampo di luce azzurra e Solomon era collassato.


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