In quel mentre un altro tentacolo schizzò fuori dalla mischia e si avvolse intorno alla vita di Hrun. diventato ormai una forma indistinta tra le spire che lo stringevano In preda al terrore. Scuotivento vide che la spada gli veniva strappata di mano e scagliata contro il muro.

— L’incantesimo! — gridò Duefiori.

Scuotivento non si mosse. Guardava la Cosa che usciva fuori dalla fossa. Era un occhio enorme e lo fissava. Dette un gemito quando un tentacolo gli si strinse intorno alla vita.

Le parole dell’incantesimo gli vennero spontanee alle labbra. Aprì come in sogno la bocca per pronunciare la prima sillaba barbarica.

Un altro tentacolo scattò fuori come una frusta e gli si avvolse intorno alla gola, strozzandolo. Fu trascinato via, barcollante e ansimante. Il braccio, mulinando, colse al volo la scatola a immagini di Duefiori. che scivolava via sul suo treppiede. Il mago l’afferrò istintivamente, così come i suoi antenati potevano avere afferrato una pietra quando si trovavano di fronte a una tigre affamata. Se soltanto avesse potuto disporre di spazio sufficiente per scagliarla contro l’Occhio…

…l’Occhio riempiva l’intero universo davanti a lui. Scuotivento sentiva la volontà sfuggirgli come acqua attraverso un setaccio.

Nella gabbia posata sopra la scatola a immagini, le torpide lucertole si mossero. Irrazionalmente, come un uomo che sta per essere decapitato nota ogni scalfittura e ogni macchia sul ceppo del carnefice, Scuotivento si accorse che avevano code estremamente larghe e azzurrognole, che cominciavano a vibrare.

Mentre era trascinato verso l’Occhio, alzò la scatola per proteggersi e contemporaneamente udì l’omuncolo dire: — Sono quasi mature ormai, non posso più trattenerle. Sorridete tutti, prego.

Ci fu un…

…lampo di luce così bianca e brillante…

…da non sembrare affatto una luce.

Bel-Shamharoth gridò, un suono che iniziò nel lontano ultrasonico e finì da qualche parte nelle viscere di Scuotivento. I tentacoli divennero rigidi come bastoni, scaraventarono per la stanza i loro vari carichi e finirono rinserrati in posizione di difesa davanti all’Occhio. L’intera massa sprofondò nel cratere e un attimo dopo la grossa lastra, afferrata da dozzine di braccia, fu rimessa a posto e richiusa di colpo; parecchi tentacoli che battevano l’aria, rimasero incastrati nei bordi.

Hrun atterrò rotolando, rimbalzò su una parete e si rimise in piedi. Trovò la sua spada e si mise a troncare metodicamente i tentacoli senza più scampo. Steso a terra, Scuotivento si concentrava nello sforzo di non diventare matto. Voltò la testa nell’udire un rumore sordo.

Il Bagaglio era atterrato sul suo coperchio ricurvo e adesso si dondolava rabbiosamente e scalciava in aria con le sue gambette.

Scuotivento si guardò cautamente intorno in cerca di Duefiori. L’ometto sembrava un mucchio senza vita accanto al muro, ma almeno gemeva.

Il mago si trascinò faticosamente sul pavimento e bisbigliò: — Che diavolo è stato?

— Perché erano così brillanti? — borbottò Duefiori. — Dio, la mia testa…

— Troppo brillanti? — Scuotivento guardò la gabbia sulla scatola a immagini. Le lucertole, ora notevolmente più sottili, lo osservavano con interesse.

— Le salamandre — si lamentò Duefiori. — L’immagine sarà sovraesposta lo so…

— Sono salamandre? — chiese Scuotivento incredulo.

— Certo. Un accessorio standard.

Barcollando, Scuotivento andò a prendere la scatola. Aveva già visto delle salamandre, naturalmente, ma sempre piccoli esemplari e galleggiavano in un vaso di salamoia nel museo di rarità biologiche allestito nelle cantine dell’Università Invisìbile, dato che intorno al Mare Circolare le salamandre vive si erano estinte.

Cercò di ricordarsi il poco che sapeva di loro. Erano creature magiche. Inoltre non avevano bocca, dato che sussistevano interamente grazie alla quantità nutritiva della lunghezza d’onda dell’ottarino nella luce solare del mondo-disco, che esse assorbivano attraverso la pelle. Naturalmente assorbivano pure il resto della luce solare, immagazzinandola in un sacchetto speciale fino a espellerla per via normale. Un deserto abitato dalle salamandre del mondoDisco diventava a notte un vero e proprio faro.

Scuotivento le mise giù con una smorfia sardonica. Con tutta la luce di ottarino di quel posto magico, le creature si erano abbuffate e poi la natura aveva seguito il suo corso.

La scatola a immagini si allontanò di sbieco sul suo treppiede. Scuotivento volle sferrarle un calcio e la mancò. Il legno del pero sapiente cominciava a non piacergli più. Si sentì pungere una guancia da qualcosa e la scacciò via irritato con la mano.

Si voltò nell’udire un raschio e una voce come di trinciante che taglia la seta disse: — Questo è molto poco dignitoso.

— Chiudi il becco — ribatté Hrun, che stava usando Kring come una leva per sollevare la parte superiore dell’altare. Alzò gli occhi su Scuotivento e fece un sorrisetto. Scuotivento sperò che quella smorfia simile a un rictus fosse intesa come un sorrisetto.

— Grande magia — commentò il barbaro spingendo la lama che protestava con una mano delle dimensioni di un prosciutto. — Adesso ci dividiamo il tesoro, eh?

Un oggetto piccolo e duro lo colpì sull’orecchio e Scuotivento brontolò. Seguì un colpo di vento, quasi impercettibile.

— Come sai che qui c’è un tesoro? — chiese.

Hrun alzò la pietra e riuscì a inserirci sotto le dita. — Uno trova le mele sotto un melo — rispose. — E trova un tesoro sotto gli altari. Logico.

Arrotò i denti. La pietra si sollevò e finì pesantemente a terra.

Questa volta qualcosa di pesante colpì la mano di Scuotivento. Lui l’agguantò a mezz’aria e guardò che cosa aveva preso. Era una pietra con tre-più-cinque lati. Guardò il soffitto. Era regolare che si curvasse al centro in quel modo?

Canticchiando, Hrun cominciò a togliere i calcinacci dall’altare dissacrato. Vi fu nell’aria un crepitio, una fluorescenza, un mormorio. Venti impalpabili afferrarono la tunica del mago e la fecero ondeggiare in un turbine di scintille azzurre e verdi. Folli spiriti informi ululavano ed emettevano suoni indistinti intorno alla testa di Scuotivento, mentre erano risucchiati via.

Lui provò ad alzare una mano. Che fu immediatamente circondata da una brillante aureola di ottarino al passaggio del soffio magico. La brezza spazzava la stanza senza alzare un granello di polvere eppure faceva rivoltare le palpebre di Scuotivento; s’ingolfava nei tunnel e il suo lugubre lamento si ripercuoteva follemente da una parete all’altra.

Duefiori si raddrizzò barcollante e si piegò in due preso nella morsa del soffio astrale.

— Che diavolo è questo? — urlò.

Scuotivento fece per voltarsi e immediatamente fu afferrato e quasi travolto dal vento ululante, mentre poltergeist turbinanti nell’aria lo ghermivano per i piedi.

Hrun allungò un braccio per trattenerlo. Un momento più tardi lui e Duefiori erano stati trascinati nel rifugio dell’altare devastato e giacevano al suolo ansimanti. Accanto a loro splendeva la spada parlante, Kring. il suo campo magico reso cento volte più intenso dalla bufera.

— Reggetevi forte! — gridò Scuotivento.

— Il vento! — gridò di rimando Duefiori. — Da dove viene? E dove va? — Fissando il volto di Scuotivento, ridotto a una pura maschera di terrore, raddoppiò la sua stretta sulla pietra alla quale si teneva aggrappato.

— Siamo condannati — mormorò Scuotivento, mentre sulle loro teste il tetto scricchiolava e si muoveva. — Da dove vengono le ombre? È là che soffia il vento!

Ciò che in effetti stava accadendo, come sapeva il mago, era che lo spirito offeso di Bel-Shamharoth s’inabissava negli strati ctonici più profondi, il suo spirito meditabondo era risucchiato fuori dalle pietre nella regione situata, secondo i sacerdoti più accreditati del mondo-disco, sottoterra e Altrove. Pertanto il suo tempio veniva abbandonato alle devastazioni del Tempo, il quale per migliaia di anni era stato riluttante ad avvicinarlo. Adesso il peso accumulato di tutti quei secondi, improvvisamente liberato, gravava ponderosamente sulle pietre sconnesse.


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