La mia esitazione fu ancor più lunga della sua. Alla fine mi decisi a domandare: — Secondo il professor Capek, quanto tempo ci vorrà perché possa mostrarsi in pubblico?

— Non si può dire… Ci vorrà qualche tempo.

— Ma quanto? Tre o quattro giorni? Quanto basta per rimandare tutti gli appuntamenti e farmi sparire dalla scena? Senta, Rog, non so come spiegarmi, ma penso che, anche se mi piacerebbe andarlo a trovare e porgergli i miei omaggi, non sarebbe consigliabile farlo. Penso che non dovrei assolutamente vederlo prima d’essere comparso per l’ultima volta in pubblico al posto suo. Non so… potrebbe danneggiare la qualità della mia interpretazione. — Avevo commesso il grave errore di partecipare ai funerali di mio padre. Per anni, in seguito, quando avevo pensato a lui, non ero riuscito a immaginarlo che morto, nella bara; solo adagio adagio, poco per volta, ero poi riuscito a ricomporre la sua vera figura, quella dell’uomo energico e dominatore che mi aveva guidato con mano ferma e che mi aveva avviato sul cammino dell’arte. Temevo potesse capitarmi qualcosa di simile anche con Bonforte; ora stavo impersonando un uomo prestante, nel pieno vigore fisico e intellettuale, come l’avevo visto e udito nelle registrazioni stereovisive. Temevo, vedendolo nella malattia, che il ricordo del suo viso emaciato sopraffacesse poi la sua immagine, impedendomi di recitare bene la parte come avevo fatto fino a quel momento.

— Non volevo insistere — rispose Clifton. — Lei sa meglio di me il da farsi. Forse potremmo evitargli di comparire in pubblico, ma vorrei che lei rimanesse sempre a nostra disposizione, pronto per ogni eventualità, finché lui non si sia rimesso completamente.

Stavo quasi per ribattere che era anche l’idea dell’imperatore, ma mi frenai in tempo… l’essere stato scoperto dall’imperatore mi aveva causato un profondo turbamento, e mi aveva anche fatto uscire dal personaggio che interpretavo. Il pensiero del sovrano, comunque, mi richiamò alla mente un particolare che dovevo ancora chiarire. Tirai fuori la lista dei ministri, quella con la correzione, e la diedi a Corpsman. — Ecco l’elenco approvato dal sovrano, Bill, da passare ai servizi stampa. Come può notare c’è un solo cambiamento: de la Torre al posto di Braun.

— Cosa?

— Jesus de la Torre al posto di Lothar Braun. Così ha preferito l’imperatore.

Clifton era stupefatto; Corpsman, oltre che stupefatto, era anche arrabbiato. — E che importanza ha il parere dell’imperatore? Lui non ha nessun diritto di dare consigli politici!

— Bill ha ragione, Capo — disse lentamente Clifton. — Nella mia qualità di esperto di diritto costituzionale, le assicuro che il beneplacito del sovrano è puramente nominale. Lei non doveva permettergli di far cambiamenti.

Avrei voluto mettermi a insultarli, e fu solo la personalità calma e moderatrice di Bonforte a impedirmelo. Era stata una giornata campale e, nonostante una brillante interpretazione, si era conclusa con un disastro inevitabile. Avrei voluto dire a Rog che se Guglielmo non fosse stato quel grandissimo uomo che era, regale nel pieno senso della parola, ci saremmo trovati tutti nei pasticci… solo perché non mi avevano istruito a sufficienza per la parte. Ma invece mi limitai a ribattere seccamente: — Cosa fatta capo ha!

— Lo dice lei! — protestò Corpsman. — Ho consegnato ai giornalisti l’elenco due ore fa. Adesso lei dovrà fare un passo indietro e mettere a posto le cose. Rog — continuò — sarà meglio che tu chiami il Palazzo e…

— Basta! — troncai netto io.

Corpsman ammutolì, e io proseguii a voce più bassa. — Rog, è probabile che lei abbia perfettamente ragione dal punto di vista legale. Non lo so. So però che l’imperatore s’è sentito in dovere di mettere in dubbio la nomina di Braun. Ora, se voi due ve la sentite d’andare a discuterne con l’imperatore, fate pure. Quanto a me, non ne ho la minima intenzione. Non vedo l’ora di togliermi di dosso questo vestito anacronistico, levarmi le scarpe, e bere qualcosa, un bel bicchierone pieno. Poi me ne andrò a letto.

— No, attenda un momento, Capo — obiettò Clifton.

— Deve comparire alla stereovisione per cinque minuti, non di più, per annunciare la lista dei ministri.

— Ci pensi lei. È lei il vice Primo Ministro in questo Gabinetto.

— Va bene — fu tutto quel che seppe dire Rog.

— E Braun? — insisté Corpsman. — Gli avevamo promesso la nomina.

Clifton lo guardò meditabondo. — Non ho visto nessun dispaccio in cui lo dicessimo espressamente, Bill — disse.

— Ci siamo limitati a chiedergli se fosse eventualmente disposto ad accettare una nomina, come a tutti gli altri. È questo che vuoi dire?

Corpsman esitò, come un attore poco sicuro della parte. — Certo, certo. Ma equivale a una promessa.

— Non mi pare. Almeno non prima che sia avvenuta la proclamazione ufficiale.

— Ma la proclamazione è avvenuta, ti assicuro. Due ore fa.

— Uhm… Bill, temo che dovrai richiamare i giornalisti per avvisarli di aver commesso un errore. O se preferisci li chiamerò io, e dirò che per sbaglio è stata passata loro una lista preliminare non ancora approvata dall’onorevole Bonforte. Comunque bisogna correggere la lista prima dell’annuncio ufficiale in stereo.

— Se capisco bene, intenderesti lasciargli fare come vuole lui?

Con quel "lui", credo che Bill alludesse più a me che a Guglielmo, ma Rog, nella sua risposta, sembrò aver capito il contrario. — Sì. Bill, non è questo il momento di provocare una crisi costituzionale. Non ne vale la pena, per così poco. Vuoi quindi, per favore, provvedere alla correzione? O dovrò farlo io?

L’espressione di Corpsman mi richiamò alla mente quella di un gatto costretto a obbedire con la forza: "Lo faccio solo perché non ho scelta". Ci lanciò un’occhiata bieca, scosse le spalle, e mormorò: — Va bene, lo farò. Studierò le parole migliori per dirlo, tanto per salvare la faccia con un minimo di dignità.

— Grazie, Bill — rispose Rog, affabile.

Corpsman si volse per andarsene. Lo chiamai: — Bill! Visto che deve andare a parlare con le agenzie d’informazione, dica loro ancora una cosa.

— Eh? Cosa vuole ancora?

— Niente di speciale. — La stanchezza di recitare la parte e le tensioni che si erano create mi avevano sopraffatto. — Dica solo che l’onorevole Bonforte ha preso il raffreddore e che il suo medico l’ha costretto a letto per un periodo di riposo. Ne ho piene le tasche e voglio starmene un po’ tranquillo — spiegai.

— Va bene — disse con sarcasmo Corpsman. — Dirò "polmonite" invece di "raffreddore".

Quando Bill se ne fu andato, Rog si avvicinò per dirmi: — Non se la prenda, Capo. Nel nostro lavoro ci sono giornate buone e giornate in cui tutto sembra nero.

— No, Rog. Ho davvero intenzione di marcare visita. Anzi lo annunci pure alla stereo, stasera.

— Oh.

— Conto di mettermi a letto e di restarci. Non mi pare che ci sia nulla di strano se Bonforte avrà il "raffreddore" finché non sarà pronto per ritornare sulla scena. Tutte le volte che compaio in pubblico aumenta la possibilità che qualcuno scopra il trucco… Inoltre, tutte le volte che compaio in pubblico, quel gelosone di Corpsman trova sempre qualcosa da ridire. Un attore non può dare il meglio di se stesso se c’è sempre davanti a lui qualcuno che lo disprezza, in continuazione. Quindi, basta: cala il sipario.

— Non se la prenda, Capo. D’ora in poi farò in modo che Corpsman non le venga più tra i piedi. Qui non è più come sull’astronave. C’è un mucchio di posto per tutti.

— No, Rog, ormai ho deciso. Oh, non abbia timore. Non vi abbandonerò di punto in bianco. Rimarrò con voi finché l’onorevole Bonforte non sarà di nuovo in grado di riprendere i contatti con la gente, casomai dovesse sorgere qualche situazione d’emergenza — ricordavo con un certo turbamento come l’imperatore m’avesse detto di continuare a recitare la parte e come fosse sicuro che l’avrei fatto — ma è davvero preferibile che mi teniate nascosto. Finora tutto è andato per il meglio, no? Oh, certo, loro lo sanno, qualcuno lo sa, che non poteva essere Bonforte la persona che ha preso parte alla cerimonia dell’adozione. Comunque, coloro che sanno non oseranno certo parlare dell’accaduto, e anche se lo facessero non potrebbero dimostrare nulla. Quelle stesse persone possono sospettare che oggi, all’udienza reale, ci fosse un sosia di Bonforte, ma non possono averne la sicurezza: c’è sempre la possibilità che Bonforte sia guarito abbastanza in fretta da partecipare all’udienza. Dico bene?


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