L’infermiera rientrò, indignata come una gatta che difende i suoi piccoli. — Lord Stuart… dovete lasciar riposare il mio paziente!

— Immediatamente, mia cara.

— Da quanto sei Lord Stuart?

— Dovrei essere conte. Un po’ di sangue blu aiuta sempre. Da quando sono scomparse le loro altezze reali questa gente non è più felice.

Uscendo accarezzò le curve posteriori dell’infermiera. Invece di strillare, la ragazza scodinzolò leggermente. Quando si avvicinò al mio letto, sorrideva ancora. Stu doveva stare bene attento a quel genere di cose, quando fosse venuto sulla Luna. Se mai ci fosse tornato.

5

Due giorni dopo partimmo per Agra per presentare le credenziali alle Nazioni Federate.

Mi sentivo ancora giù di giri. Me la cavavo bene su una sedia a rotelle e potevo fare anche qualche passo, ma non in pubblico. Avevo un mal di gola che non diventò polmonite solo grazie a continue iniezioni, le vertigini del viaggiatore e una malattia della pelle che mi aveva coperto le mani e si stava ora estendendo ai piedi… proprio come in tutti gli altri viaggi che avevo fatto in quel buco appestato che è la Terra. Noi Lunari non sappiamo come siamo fortunati a vivere in un luogo che ha severissime quarantene, dove i germi sono quasi sconosciuti e comunque eliminabili provocando temporaneamente il vuoto, quando è necessario. Oppure sfortunati, dato che non siamo immunizzati contro nessuna malattia. Comunque non cambierei la nostra situazione per nessuna cosa al mondo. Non avevo mai sentito il termine venereo fino a quando non ero venuto sulla Terra ed ero convinto che le malattie da raffreddamento fossero i geloni che vengono ai piedi dei minatori di ghiaccio quando rimangono troppo a lungo nei giacimenti.

La nostra situazione non era allegra anche per un altro motivo. Stu ci aveva portato un messaggio di Adam Selene che celava fra le righe la notizia che le nostre probabilità di successo erano al di sotto dell’uno per cento. Che ragione c’era di affrontare un viaggio così pazzesco, se serviva solo a peggiorare le cose? Mike sapeva davvero che cosa volesse dire la parola probabilità? Non riuscivo proprio a capire come facesse a calcolare percentuali in un campo tanto aleatorio, per quanto fosse al corrente di un numero infinito di dati.

Ma Prof non sembrava turbato. Parlava con plotoni di giornalisti, posava sorridendo per infinite fotografie, rilasciava dichiarazioni facendo sapere al mondo che riponeva grande fiducia nelle Nazioni Federate ed era certo che le nostre giuste rivendicazioni sarebbero state riconosciute; desiderava infine ringraziare gli Amici di Luna Libera per il loro magnifico contributo nel diffondere fra la buona gente della Terra la vera storia della nostra piccola e risoluta Nazione (e con Amici di Luna Libera intendeva riferirsi a Stu, a un’impresa professionale di sondaggio della pubblica opinione, ad alcune migliaia di sottoscrittori cronici di petizioni e a una scorta ingente di dollari di Hong Kong).

Anch’io ebbi la mia parte di fotografie e cercai di sorridere, ma evitai di rispondere alle domande, indicando la gola ed emettendo suoni rauchi.

Ad Agra alloggiammo in un lussuoso appartamento di un albergo che era stato un tempo il palazzo di un maragià (e ancora gli apparteneva, anche se l’India era in teoria socialista), e anche là continuò l’invasione di giornalisti e fotografi. Non osavo quasi alzarmi dalla sedia a rotelle, nemmeno per andare al gabinetto, dato che Prof mi aveva ordinato di non lasciarmi mai fotografare in posizione verticale. Lui si faceva trovare o a letto o in barella, non solo perché era consigliabile per la sua età e comodo per un Lunare sulla Terra, ma proprio per le fotografie. Le sue fossette e la sua personalità meravigliosa, cortese e suadente, comparvero su centinaia di milioni di schermi televisivi e su migliaia di giornali.

Ma ad Agra, la sua personalità non ci fu di nessun aiuto.

Prof fu trasportato in barella nell’ufficio del Presidente della Grande Assemblea, seguito da me sulla sedia a rotelle, e là tentò di presentare le sue credenziali di Ambasciatore della Luna presso le Nazioni Federate. Fu rimandato al Segretario Generale, nei cui uffici ci furono concessi dieci minuti di colloquio con un vicesegretario il quale, rosicchiandosi le unghie, ci comunicò che avrebbe accettato le nostre credenziali senza pregiudizi ma senza impegno da parte delle Nazioni Federate. I documenti furono inviati alla Commissione Credenziali… che si riunì per discuterli. Diventai nervoso. Prof leggeva Keats. A Bombay continuavano ad arrivare i carichi di grano.

In fondo, quest’ultimo fatto non mi dispiaceva. Quando ci trasferimmo, in aereo, da Bombay ad Agra, ci alzammo prima dell’alba e fummo condotti all’aeroporto proprio nell’ora in cui la città si stava svegliando.

Ogni Lunare ha il suo buco, sia esso la casa lussuosa di antica costruzione, come le Gallerie Davis, sia lo scavo recente ancora fresco di perforatrice. Sulla Luna non esistono problemi di spazio e non ne esisteranno per secoli.

Ma a Bombay la gente vive in un alveare. Più di un milione di abitanti (a quanto mi hanno detto) non hanno una casa, ma solo un pezzo di marciapiede. Una famiglia può avere diritto (e trasmetterlo per testamento, di generazione in generazione) a dormire su un tratto di strada di due metri per due, situato in un punto determinato di fronte a un negozio. In questo spazio dorme un’intera famiglia, padre, madre, figli, magari anche una nonna. Non ci avrei creduto se non lo avessi visto con i miei occhi. All’alba, le strade, i marciapiedi, perfino i ponti di Bombay sono ricoperti di un fitto tappeto di corpi umani. Che cosa fanno? Dove lavorano? Come mangiano? (Non avevano l’aspetto di chi è abituato a mangiare: gli si potevano contare tutte le costole.)

Se non avessi creduto al principio elementare che non si può continuare all’infinito a mandare roba dall’alto in basso se non la si contraccambia con un invio dal basso in alto, mi sarei lasciato vincere dal sentimentalismo. Ma… Transtaafl: non si può avere niente per niente, tanto a Bombay quanto sulla Luna.

Infine ottenemmo udienza davanti a una Commissione d’Inchiesta. Non era proprio quello che aveva chiesto Prof. Lui aveva cercato di organizzare una pubblica seduta alla Grande Assemblea, che potesse essere ripresa alla televisione. Invece porte chiuse, o non proprio chiuse, dato che avevo con me il microregistratore. Ma niente televisione: evidentemente ci volevano tenere più nascosti possibile.

Era comunque una buona occasione per far sentire il nostro punto di vista, e Prof si rivolse ai membri della Commissione come se avessero avuto il potere di riconoscere l’indipendenza della Luna e fossero stati ben disposti a farlo. Essi invece ci trattarono come un misto di monelli di strada e criminali da condannare.

A Prof fu permesso di prendere la parola per primo. Senza troppi preamboli e ricami dichiarò che la Luna era uno Stato sovrano de facto, guidato da un governo che non incontrava opposizione, capace di mantenere la pace, l’ordine e assicurare condizioni di sviluppo civile. Le funzioni pubbliche indispensabili erano attualmente svolte da un Presidente e da un Comitato provvisori, tutte persone desiderose di tornare alla vita privata appena l’Assemblea Costituente avesse concluso la stesura di una Carta costituzionale. Noi eravamo venuti sulla Terra per chiedere che questa situazione di fatto venisse riconosciuta de jure e che fosse concesso alla Luna di prendere il posto che le spettava nei consessi umani come legittimo membro delle Nazioni Federate.

Il resoconto di Prof aveva una certa attinenza con la realtà, almeno a parole, ma loro non erano certo in grado di controllare le differenze. Il nostro Presidente provvisorio era un calcolatore elettronico e il Comitato era formato da Wyoh, Finn, il compagno Clayton, Terence Sheehan, direttore della Pravda, Wolfgang Korsakov, presidente del consiglio di amministrazione della LuNoHo, e da un direttore della Banca di Hong Kong Luna. Wyoh era la sola persona attualmente sulla Luna a sapere che Adam Selene era lo pseudonimo di un cervello elettronico. Era terribilmente nervosa quando l’avevamo lasciata sola a difendere il campo.


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