All’inizio della settimana seguente, Brian mi invitò ad andare con lui a ispezionare un terreno per un cliente. Fu un viaggio lungo, piacevole. Consumammo il pasto a un hotel in campagna: una fricassea di presunto capretto, anche se quasi certamente era montone, innaffiata da ettolitri di birra leggera. Mangiammo sotto gli alberi.
Dopo il dolce (un’ottima torta di mirtilli) Brian disse: — Marjorie, Victoria mi ha raccontato una storia molto strana.
— Sì? E cosa?
— Amore, credimi, non te ne parlerei se Vickie non fosse così sconvolta. — Si fermò.
Io aspettai. — Sconvolta da cosa, Brian?
— Dice che tu le hai raccontato di essere una creatura sintetica che si finge un essere umano. Mi spiace, ma ha detto proprio questo.
— Sì, gliel’ho detto io. Non con queste parole.
Non aggiunsi spiegazioni. Dopo un po’, Brian disse dolcemente: — Posso chiederti perché?
— Brian, Vickie stava dicendo cose molto stupide sui tongani e io cercavo di farle capire che erano stupide e sbagliate, che stava facendo un torto a Ellen. Sono molto preoccupata per Ellen. Mi avete chiuso la bocca sull’argomento da che sono tornata a casa, e io sono rimasta buona, ma non potrò continuare a lungo. Brian, cosa facciamo per Ellen? È figlia tua, figlia mia. Non possiamo ignorare i torti che sta subendo. Cosa dobbiamo fare?
— Non sono necessariamente dell’opinione che si debba fare qualche cosa, Marjorie. Ti prego, non cambiare discorso. Vickie è terribilmente a terra. Io voglio solo chiarire l’equivoco.
Gli risposi: — Non ho cambiato discorso. Le ingiustizie nei confronti di Ellen sono il discorso, e non lo lascerò cadere. C’è qualcosa che renda inaccettabile il marito di Ellen? A parte i pregiudizi nei suoi confronti perché è tongano?
— Che io sappia no. Anche se a mio giudizio Ellen ha sbagliato a sposare un uomo che non era nemmeno stato presentato alla sua famiglia. Mi sembra una mancanza di rispetto per le persone che l’hanno cresciuta e amata per tutta la sua vita.
— Aspetta un momento, Brian. Stando a Vickie, Ellen ha chiesto di portarlo a casa per un’ispezione, come Douglas ha portato me, e Anita le ha rifiutato il permesso. Dopo di che Ellen lo ha sposato. Vero?
— Be’, sì. Ma Ellen si è dimostrata testarda e frettolosa. Non credo avrebbe dovuto fare quello che ha fatto senza parlare coi suoi altri genitori. Io mi sono sentito profondamente ferito.
— Ha cercato di parlare con te? E tu hai tentato di parlarle?
— Marjorie, io lo sono venuto a sapere a cose fatte.
— Così mi dicono. Brian, è da quando sono tornata a casa che spero che qualcuno mi racconti cosa è successo. Stando a Vickie, niente di questa faccenda è mai stato deciso in un consiglio di famiglia. Anita ha rifiutato a Ellen il permesso di portare a casa l’uomo che amava. Gli altri genitori di Ellen o non sapevano o non hanno interferito con la… crudeltà di Anita. Sì, crudeltà. Poi la piccola si è sposata. E poi Anita ha aggiunto alla sua crudeltà iniziale una grave ingiustizia. Ha rifiutato a Ellen ciò che le spetta per diritto di nascita, la sua parte delle ricchezze di famiglia. È tutto vero?
— Marjorie, tu non c’eri. Il resto di noi, sei su sette, hanno agito nel modo migliore in una situazione difficile. Non mi sembra giusto che tu spunti a posteriori e critichi quello che abbiamo fatto. Parola mia, non mi sembra affatto giusto.
— Amore, non volevo offenderti. Ma il punto è che sei di voi hanno fatto niente. Anita, da sola, ha fatto cose che mi appaiono crudeli e ingiuste, e voialtri vi siete tirati in disparte e le avete lasciato mano libera. Niente decisioni di famiglia. Solo decisioni di Anita. Se questo è vero, Brian, e correggimi se sbaglio, mi sento obbligata a chiedere una riunione esecutiva di tutti i mariti e le mogli per correggere la crudeltà invitando Ellen e suo marito a trovarci, e per correggere l’ingiustizia pagando a Ellen la sua giusta quota del capitale familiare, o per lo meno ammettendo l’esistenza del debito se non è possibile liquidarlo subito. Vuoi dirmi la tua opinione in merito?
Brian tamburellò le dita sul tavolo. — Marjorie, il tuo è un modo semplicistico di vedere una situazione complessa. Ammetti che amo Ellen e che il suo benessere mi sta a cuore quanto a te?
— Certo, amore.
— Grazie. Convengo con te che Anita non avrebbe mai dovuto proibire a Ellen di portare in casa il suo giovanotto. Anzi, se Ellen lo avesse visto nell’ambiente della propria casa, con la sua gentilezza e le sue tradizioni, forse avrebbe deciso che l’uomo non faceva per lei. Anita ha costretto Ellen a un matrimonio stupido, e gliel’ho detto. Ma non si può rimediare immediatamente alla situazione invitandoli qui. Lo vedi da te. Ammettiamo pure che Anita dovrebbe accoglierli calorosamente e amorevolmente… ma è vero come Dio che non lo farà, se si trova la loro presenza infilata a forza in gola.
Mi sorrise, e io fui costretta a rispondergli con un sorriso. Anita sa essere affascinante; e incredibilmente fredda e scortese, se le fa comodo.
Brian continuò: — Invece, fra un paio di settimane avrò un buon motivo per fare un viaggio a Tonga, il che mi permetterà di studiare a fondo la situazione senza Anita alle costole…
— Perfetto! Ci porti anche me? Per favore?
— Darebbe fastidio ad Anita.
— Brian, Anita mi ha molto più che infastidita. Non sarà questo che mi impedirà di andare a trovare Ellen.
— Mmm… Eviteresti di fare qualcosa che possa danneggiare il benessere di tutti noi?
— Se me lo facessero presente, sì. Però potrei chiedere spiegazioni.
— Le avrai. Ma permettimi di passare al tuo secondo punto. È ovvio che Ellen avrà ogni centesimo che le spetta. Ma mi concederai che non c’è nessuna urgenza di pagarla. I matrimoni combinati in fretta spesso non durano molto. E, anche se non ho alcuna prova, è del tutto possibile che Ellen sia stata raggirata da un cacciatore di dote. Aspettiamo un po’ e vediamo se questo ragazzo è ansioso di mettere le mani sui suoi soldi. Non è prudente?
Dovetti ammetterlo. Lui continuò: — Marjorie, amore, tu sei particolarmente cara a me e a tutti noi perché ti vediamo troppo poco. Ogni volta che torni a casa per tutti noi è come una nuova luna di miele. Ma tu sei quasi sempre via, e quindi non sai perché stiamo sempre così attenti a tenere calma Anita.
— Be’, no, non lo so. Ma la cosa dovrebbe essere reciproca.
— Occupandomi di legge e di persone ho scoperto un’enorme differenza fra il dovrebbe e l’è. Io sto con Anita da più tempo di tutti gli altri. Ho imparato ad accettare certi suoi modi. Quello che forse tu non capisci è che è lei la colla che tiene unita la famiglia.
— In che modo, Brian?
— C’è l’ovvia questione del suo ruolo di custode. Come manager delle finanze e degli affari di famiglia è praticamente insostituibile. Forse potrebbe farlo qualcun altro di noi, ma è certo che nessuno vuole quel lavoro, e personalmente ho il forte sospetto che nessuno di noi potrebbe raggiungere la sua competenza. Invece Anita è un dirigente forte, capace, anche al di là del denaro. Si tratti di interrompere un litigio fra i bambini o di prendere una delle mille decisioni che si presentano di continuo in una grande famiglia, Anita sa sempre cosa fare per impedire che tutto si fermi. Una famiglia di gruppo come la nostra deve avere un leader forte, capace.
(Un tiranno forte e capace, borbottai sottovoce.)
— Quindi, cara Marjie, puoi aspettare un po’ e dare al vecchio Brian il tempo di sistemare le cose? Sei convinta che amo Ellen quanto te?
Gli battei sulla mano. — Certo, tesoro. — (Ma non metterci un’eternità!)
— Va bene. Appena torniamo a casa, vai a cercare Vickie e dille che scherzavi, che ti spiace di averla sconvolta. Ti prego, amore.
(Bum! Mi ero talmente persa a pensare a Ellen che avevo scordato da cosa fosse partita la conversazione.) — Aspetta un attimo, Brian. Io resterò calma ed eviterò di irritare Anita, se mi dici che non è necessario. Ma non farò da balia ai pregiudizi razziali di Vickie.