«Che è esattamente quello che hanno tentato di fare, a quanto pare» disse Perez. «No, avvocato, noi abbiamo la nostra… creatura. Deve essere un Tosok.»

Fu il turno di Dale per piazzare uno sguardo fulminante. «Avrei detto, tenente Perez, che nella sua vita lei avesse sentito abbastanza il tormento di quel modo di pensare da non applicarlo qui. Deve essere un Tosok. Doveva essere un latino. Era un nero… e, ehi, quell'uomo laggiù è nero, quindi è stato lui.»

«Non mi accusi di questo, avvocato. Non osi accusarmi di questo.»

«Perché no? 'Deve essere un Tosok'. Ci sono sette Tosok sulla Terra. E a meno che non proviate che era proprio Hask — lui e nessun altro — il mio cliente è libero.»

«Be', naturalmente è Hask.»

«Non può provarlo.»

Perez sorrise. «Stia a vedere.»

12

Frank e Dale si erano incontrati per colazione nel ristorante dello University Hilton Hotel, proprio dall'altra parte di Figueroa Street rispetto al campus della USC. Frank stava mangiando del frumento nel latte scremato, mezzo pompelmo e un caffè nero. Dale mangiava bacon, due uova fritte, un toast che sembrava grande come mezza pagnotta con sopra della marmellata di arancia, il tutto con un'intera caffettiera di caffè con panna e zucchero.

«Tutto il pianeta chiede a gran voce di intervistare il tuo cliente» disse Frank.

Dale annuì e trangugiò altro caffè. «Lo so.»

«Glielo permettiamo?»

Dale smise di mangiare abbastanza a lungo per pensarci. «Non ne sono sicuro. Del pubblico nell'insieme non ce ne importa niente. Le uniche persone a cui siamo interessati sono i dodici che faranno parte della giuria. La domanda è, se i potenziali giurati conoscono Hask è meglio o no? Probabilmente non chiameremo Hask a deporre, dopo tutto, e…»

«No?»

«Frank, non sì chiama mai l'imputato a deporre, a meno che non sia inevitabile. Perciò, sì, un'intervista potrebbe essere la nostra unica chance per fare in modo che la gente che finirà nella giuria conosca e apprezzi Hask. D'altra parte, questo è un crimine bizzarro, e se decidono che è solo uno strano alieno, potrebbero pensare che probabilmente è stato lui.»

«Allora cosa facciamo?»

Dale si pulì la faccia col tovagliolo e fece cenno alla cameriera di portare altro caffè. «Facciamogli fare una intervista — da un grande nome. Magari Barbara Walters. Oppure Diane Sawyer. Qualcuno del genere.»

«E se va male?» chiese Frank. «Puoi chiedere di far spostare la sede del processo?»

«E dove? Dall'altra parte della Luna? Non c'è scampo dalla risonanza che i media daranno a questo processo.»

Barbara Walters aveva la sua solita espressione sollecita. «Il mio ospite di oggi è Hask» disse. «Uno dei sette visitatori alieni sulla Terra. Hask, come sta?»

Dale, che era seduto con il capitano alieno Kelkad appena fuori dell'inquadratura, aveva chiesto ad Hask di non indossare i suoi occhiali da sole, anche se le luci di scena lo infastidivano. In quel momento però, vedendolo guardare di traverso Walters, pensò che forse aveva fatto un errore.

«Ho visto giorni migliori» disse Hask.

Walters annuì comprensiva. «Ne sono certa. Lei è in libertà provvisoria con una cauzione di due milioni di dollari. Qual è la sua idea del sistema legale americano?»

«Avete un'enorme numero di persone in prigione.»

Walters sembrò colta alla sprovvista. «Ah, sì. Credo proprio di sì.»

«Mi dicono che il vostro paese ha un record. Avete una percentuale di detenuti maggiore di ogni altro paese — anche di quelli che sono chiamati stati di polizia.»

«In realtà la mia domanda era più specifica» disse Walters. «Mi chiedevo come l'abbia trattata il dipartimento di Polizia di L.A.»

«Mi hanno spiegato che dovevo essere considerato innocente fin quando non fosse stata provata la mia colpevolezza — però sono stato messo in una cella, cosa che la mia razza non fa con niente e nessuno, e che io pensavo la vostra razza facesse solo con gli animali.»

«Sta dicendo che l'hanno trattata male?»

«Sono stato trattato male, sì.»

«Vuole dire che come ospite nel nostro mondo avrebbe dovuto essere più rispettato?»

«Assolutamente no. Io non ho niente di speciale. Immagino che se lei stesse intervistando un essere umano ingiustamente accusato di un crimine, anche lui (o lei) condannerebbe il trattamento subito. È mai stata in prigione, Ms. Walters?»

«Io? No.»

«Allora non può capire.»

«No» disse Walters. «No, credo proprio di no. Com'è il sistema della giustizia nel suo mondo?»

«Nel mio mondo i crimini non esistono; lasciare che avvenga un crimine implicherebbe che Dio abbia cessato di vigilare sui suoi figli. Inoltre, noi non diamo un prezzo alle cose materiali come succede qui, e quindi non ci sono furti di oggetti. E tutti hanno abbastanza cibo, perciò non ci sono furti di cibo o dei mezzi per averne.» Fece una pausa. «Non spetta a me dirlo, ma sembra che il vostro sistema legale sia a rovescio, Ai miei occhi sicuramente ignoranti le radici del crimine umano sembrano essere la povertà e la vostra capacità di assuefarvi alle sostanze chimiche. Ma invece di risolvere questi problemi, spendete le vostre energie per la causa opposta, punirle.»

«Forse lei ha ragione» disse Walters. «Ma parlando di punizioni, pensa che avrà un processo equo?»

Il ciuffo di Hask si mosse agitato mentre rimuginava. «Questa è una domanda difficile. Un umano è morto — e qualcuno deve pagare per questo. Io non sono un umano. Forse è più facile far pagare me, però…»

«Però?»

«Io sono diverso. Ma… ma la vostra razza continua a crescere. Il mio avvocato è Dale Rice, e la sua pelle è nera. Mi ha detto di come i suoi simili sono stati messi in schiavitù, di come è stato negato loro il diritto di voto, di usare le strutture pubbliche, e così via. Eppure, durante la sua vita, molto di tutto questo è cambiato — anche se in carcere ho visto che molto ancora rimane da fare, appena sotto la superficie. Possono dodici umani valutare un alieno e giudicare senza pregiudizi?» Si mosse leggermente, guardando direttamente nella telecamera con i suoi occhi frontali, verde e arancio. «Credo di sì. Credo che possano farlo.»

«Si parla molto di quello che accadrebbe se lei fosse dichiarato colpevole.»

«Mi sembra di capire che potrei morire» disse Hask.

Barbara Walters increspò le sue labbra sottili, apparentemente turbata dalla semplicità dell'affermazione. «Intendevo dire, cosa succederà alla Terra? Che reazione avrà il vostro governo?»

«Sarebbe nel mio interesse dirle che la mia gente scenderebbe sulla Terra e, a causa dell'esecuzione di uno di loro, cancellerebbe la vita dal vostro pianeta.» Fece una pausa. «Oppure potrei semplicemente dire che la mia esecuzione provocherebbe la partenza dei Tosok, senza ritorno — un taglio di tutti i contatti. Ma nessuna di queste cose è vera, e quindi non le dirò. Come popolo, i Tosok credono nella predestinazione. Se il mio destino è essere punito per un crimine che non ho commesso, lo accetteranno. Ma io le dico, signora Walters, che non ho ucciso Cletus Calhoun — perché avrei dovuto? Era mio amico. Se verrò dichiarato colpevole sarà un errore, perché io non ho commesso questo crimine.»

«Sta dicendo che dobbiamo proclamarla innocente, allora?»

«Andrà come Dio vuole. Ma io sono innocente.»

Dale fece un ampio sorriso. Hask non avrebbe potuto far meglio.

«Kelkad!» gridò un uomo del Los Angeles Times mentre Dale, Hask e Kelkad lasciavano gli studi della ABC. «Kelkad! Cosa ne pensa della trasmissione di questa sera?»

Il capitano Kelkad aveva la mano frontale alzata per ripararsi gli occhi anteriori dalle luci. «Penso che il componente del mio equipaggio si è presentato bene.»


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