— Ma lui è dei nostri?

— Per il momento non è di nessuno. Il suo destino non è ancora formato, lo vedi anche tu.

— E quali sono le sue inclinazioni?

— Non si capisce. Per ora non si capisce. È troppo spaventato. Ora è pronto a fare qualunque cosa pur di salvarsi dai vampiri. È pronto a diventare un agente delle Tenebre o anche un agente della Luce.

— Non posso giudicarlo per questo.

— Certo. Andiamo.

La civetta spiccò il volo verso il corridoio. Io seguii le tracce. Ora andavamo tre volte più veloce degli esseri umani: uno dei tratti distintivi del Crepuscolo era il mutamento del corso del tempo.

— Aspetteremo qui — ordinò Ol'ga, comparendo in salotto. — Ci sono luce, calore, comfort.

Io sedetti in una soffice poltrona accanto al tavolino. Gettai un'occhiata al giornale, abbandonato lì sopra.

Non c'è nulla di più allegro che leggere la stampa attraverso il Crepuscolo.

CROLLANO I PROFITTI DEI CREDITI recitava il titolo a caratteri cubitali.

Nella realtà la frase appariva del tutto diversa: "Nel Caucaso cresce la tensione".

Adesso si poteva prendere il giornale e leggere la verità. Quella autentica. Leggere ciò che pensava davvero il giornalista che aveva abborracciato l'articolo sul tema commissionatogli. Quelle briciole d'informazione che aveva avuto da fonti non ufficiali. La verità sulla vita e la verità sulla morte.

Ma perché?

Da un pezzo ormai avevo imparato a infischiarmene del mondo degli esseri umani. Quel mondo era stato il nostro fondamento. La nostra culla. Ma noi eravamo Altri. Passavamo attraverso porte chiuse e tutelavamo l'equilibrio tra Bene e Male. Noi eravamo pochi e non eravamo in grado di moltiplicarci… La figlia di un mago non diventava necessariamente una maga, il figlio di un lupo mannaro non imparava necessariamente a trasformarsi nelle notti di luna piena.

Noi non siamo tenuti ad amare il mondo ordinario.

Noi lo tuteliamo solo perché viviamo grazie a esso come parassiti.

Detesto i parassiti!

— A cosa stai pensando? — chiese Ol'ga. In salotto comparve il ragazzino. Si precipitò in camera da letto, rendendosi conto di essere nel mondo ordinario. Prese a rovistare nell'armadio.

— Mah, niente. Sono triste.

— Succede. I primi anni succede a tutti. — La voce di Ol'ga era del tutto umana. — Poi ci farai l'abitudine.

— Per questo mi rattristo.

— Dovresti rallegrarti che siamo ancora vivi. All'inizio del secolo il popolo degli Altri raggiunse il suo minimo storico. Sai che si discusse allora dell'unificazione tra le Forze delle Tenebre e le Forze della Luce? Che si elaborarono dei programmi eugenetici?

— Sì, lo so.

— Per poco la scienza non ci uccise. Non credevano in noi, non volevano credere in noi. Fintanto che si è ritenuto che la scienza potesse migliorare il mondo.

Il ragazzo tornò in salotto. Sedette sul divano, si aggiustò sul collo la catenina d'argento.

— Che c'è di meglio? — chiesi io. — Siamo stati originati dagli uomini. Abbiamo imparato a muoverci nel Crepuscolo, a mutare la nostra natura di cose e persone. Che cosa è cambiato, Ol'ga?

— Che i vampiri almeno non vanno a caccia senza licenza.

— Dillo a un essere umano a cui hanno succhiato il sangue…

Sulla soglia comparve il gatto. Ci fissò, cacciò un urlo, guardando adirato la civetta.

— È una reazione a te — dissi. — Ol'ga, penetra più profondamente nel Crepuscolo.

— Ormai è tardi — rispose lei. — Scusa… avevo smesso di vigilare…

Il ragazzo balzò su dal divano. Nel modo più rapido possibile consentito nel mondo degli umani. Goffamente — ancora non capiva che cosa gli stesse accadendo — entrò nella sua ombra e cadde sul tappeto, fissandomi. Ormai nel Crepuscolo.

— Me ne vado… — bisbigliò la civetta, svanendo. Mi conficcò dolorosamente gli artigli nella spalla.

— No! — si mise a gridare il ragazzo. — Lo so, lo so che ci siete!

Mi alzai, allargando le braccia.

— Ti vedo! Non toccarmi!

Era nel Crepuscolo. Tutto qui. Era accaduto. Senza aiuto, senza corsi né attività stimolatrici, senza la guida di un mago tutor, il ragazzino aveva varcato la barriera tra il mondo ordinario e il mondo crepuscolare.

Ciò che vedi, ciò che senti la prima volta che entri nel Crepuscolo dipende per la gran parte da ciò che diventerai.

Agente delle Tenebre o agente della Luce.

"Non abbiamo il diritto di assegnarlo alle Forze delle Tenebre, l'equilibrio di Mosca s'infrangerebbe definitivamente."

Ragazzo, sei proprio al limite estremo.

E questo fa più paura di una vampira inesperta.

Boris Ignat'evič ha il diritto di deciderne l'eliminazione.

— Non temere — dissi io, senza muovermi dal mio posto. — Non temere. Sono un amico, non ti farò del male.

Il ragazzino strisciò in un angolo e si zittì. Non distoglieva lo sguardo da me ed era evidente che non aveva capito di trovarsi nel Crepuscolo. Per lui nella stanza si era fatto semplicemente buio, era calato il silenzio e dal nulla ero apparso io…

— Non temere — ripetei. — Mi chiamo Anton. E tu come ti chiami?

Taceva. A tratti deglutiva. Poi strinse la mano al collo, tastò la catenina e parve calmarsi un poco.

— Non sono un vampiro — gli dissi.

— Chi è lei? — Il ragazzino gridava. Meno male che nella realtà ordinaria questo grido penetrante non si poteva udire.

— Anton. Agente della Guardia della Notte.

Sbarrò gli occhi, come per il dolore.

— Il mio compito consiste nel proteggere gli esseri umani dai vampiri e da altre forze impure.

— Non è vero…

— Perché?

Si strinse nelle spalle. Era un bene. Cercava di valutare le sue azioni, di argomentare la sua opinione. Significava che la paura non l'aveva del tutto privato della capacità di ragionare.

— Come ti chiami? — ripetei. Si poteva intervenire sul ragazzino per togliergli la paura. Ma sarebbe stata un'interferenza magica e quindi proibita.

— Egor…

— Un bel nome. E io mi chiamo Anton. Capisci? Sono Anton Sergeevič Gorodeckij. Agente della Guardia della Notte. Ieri ho ucciso il vampiro che aveva cercato di aggredirti.

— Solo lui?

Magnifico. Si cominciava a dialogare.

— Sì, la vampira se n'è andata. Ora la stanno cercando. Non temere, sono qui per proteggerti… per annientare la vampira.

— Perché tutt'intorno è grigio? — chiese a un tratto il ragazzo.

Bravo! Davvero bravo!

— Te lo spiegherò. Solo, voglio precisare, io non sono tuo nemico. Va bene?

— Vedremo.

Si aggrappava alla sua assurda catenina come se avesse potuto salvarlo. Ragazzo, ragazzo, se fosse tutto così facile a questo mondo! Non ti salveranno né l'argento, né il ramo di frassino, né la croce benedetta. La vita si contrappone alla morte, l'amore all'odio… e la forza si contrappone alla forza, perché la forza non ha categorie morali. È tutto molto semplice. Ci ho messo due o tre anni a capirlo.

— Egor — mi avvicinai lentamente a lui. — Ascolta quello che ho da dirti…

— Fermo! — m'intimò, come se avesse avuto in mano un'arma. Sospirai e mi fermai.

— Va bene. Allora ascolta. Oltre al mondo ordinario degli esseri umani, visibile, ne esiste un altro oscuro, quello del Crepuscolo.

Era assorto. Malgrado la sua paura e aveva una paura nera — ero investito da ondate di angoscioso terrore — il ragazzino cercava di capire. Ci sono persone che restano paralizzate dalla paura. E altre a cui la paura dà forza.

Speravo ardentemente che lui fosse tra questi ultimi.

— Un mondo parallelo?

Ecco qua. Eravamo al fantasy. E sia, certe parole erano solo innocui suoni.

— Sì, e in questo possono entrare solo coloro che sono dotati di superpoteri.

— I vampiri?

— Non solo. Anche i lupi mannari, le streghe, i maghi neri…

I maghi bianchi, i guaritori, i profeti…

— Ma esiste davvero?

Era bagnato fradicio. I capelli erano appiccicaticci, la maglietta gli si era incollata al corpo, lungo le guance scorrevano rivoli di sudore. E tuttavia il ragazzo non distoglieva lo sguardo da me ed era pronto a fronteggiarmi. Come se ne avesse avuto la forza.


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