Luce e Tenebre…

— E un mago esperto può fare anche altre cose?

— Persino io posso.

— Può guidare la volontà degli uomini?

Vantaggi.

Luce e Tenebre…

— Sì — dissi io. — Possiamo.

— E voi lo fate? E perché i terroristi prendono gli ostaggi? Si potrebbe sgattaiolare nel Crepuscolo senza farsi vedere, e ucciderli. Oppure costringerli a uccidersi. E perché gli uomini muoiono per le malattie? I maghi potrebbero curarli, non l'ha detto anche lei?

— Questo sarebbe fare il Bene — dissi io.

— Certo! Ma voi siete i maghi della Luce!

— Se noi compissimo una qualunque azione indiscutibilmente buona, i maghi delle Tenebre avrebbero il diritto di compierne una cattiva.

Egor mi guardò stupito. Le esperienze delle ultime ventiquattro ore erano state troppe. Ancora non riusciva a elaborarle.

— Purtroppo, Egor, il Male è più forte di natura. Il Male è distruttivo. È in grado molto più facilmente di distruggere di quanto il Bene non sia in grado di creare.

— E allora che cosa fate? Con la vostra Guardia della Notte… combattete contro i maghi delle Tenebre?

Non mi era consentito rispondergli. L'avevo compreso con la stessa ineluttabile chiarezza con cui sapevo che non conviene parlare apertamente a un ragazzo. Bisogna incantarlo. Andare nel Crepuscolo. E mai dare spiegazioni!

Non avrei potuto dimostrare nulla!

— Combattete contro di loro?

— Non è proprio così — dissi io. La verità era peggio della menzogna, ma non avevo il diritto di raccontare una menzogna. — Ci sorvegliamo a vicenda.

— Vi preparate a combattere?

Guardavo Egor e pensavo che era un ragazzo nient'affatto stupido. Ma era solo un ragazzo. E se gli avessi detto che si avvicinava l'ora della grande battaglia tra il Bene e il Male e che sarebbe potuto diventare il nuovo Jedi del mondo crepuscolare, sarebbe stato dei nostri.

A dire il vero, non per molto.

— No. Egor. Siamo in pochissimi.

— Le Forze della Luce sono meno delle Forze delle Tenebre?

Ecco, ora sarebbe stato pronto ad abbandonare la sua casa, la madre e il padre, a indossare una corazza sfavillante e ad andare a morire per la causa del Bene…

— Gli Altri, in generale. Egor… la lotta tra il Bene e il Male va avanti da migliaia di anni con fortune alterne. A volte è la Luce a vincere, ma se tu sapessi quanti esseri umani, che neppure sospettavano l'esistenza del mondo crepuscolare, sono morti! Gli Altri sono pochi, ma ogni Altro è in grado di guidare migliaia di persone normali. Egor… se ora cominciasse una battaglia tra il Bene e il Male, perirebbe la metà del genere umano. Ed è per questo che quasi mezzo secolo fa fu sottoscritto un trattato. Il Grande Patto tra il Bene e il Male, la Luce e le Tenebre.

Egor sgranò gli occhi.

Io sospirai e proseguii: — Si tratta di un testo breve. Ora te lo leggerò. Ormai hai il diritto di sapere.

Socchiusi gli occhi e fissai l'oscurità. Il Crepuscolo resuscitò, prese a turbinare sotto le palpebre. Il rotolo grigio, istoriato di lettere rosse fiammeggianti si svolse.

Non era consentito recitare a memoria il Patto, si poteva solo leggerlo:

Noi siamo Altri, noi serviamo forze diverse, ma nel Crepuscolo non vi è differenza tra assenza di tenebre e assenza di luce.

La nostra lotta può annientare il mondo.

Noi stipuliamo il Grande Patto di tregua.

Ogni parte vivrà secondo le proprie leggi, ogni parte avrà i propri diritti.

Noi limitiamo i nostri diritti e le nostre leggi.

Noi siamo Altri.

Noi costituiamo la Guardia della Notte affinché le Forze della Luce controllino le Forze delle Tenebre.

Noi siamo Altri.

Noi costituiamo la Guardia del Giorno affinché le Forze delle Tenebre controllino le Forze della Luce.

Il tempo sarà arbitro.

Egor aveva gli occhi sgranati.

— La Luce e le Tenebre vivono nel mondo?

— Sì.

— Ma… e i vampiri… — Si ritornava di nuovo sempre allo stesso tema. — Sono agenti delle Tenebre?

— Sì. Sono umani che hanno subito una trasmutazione nel mondo crepuscolare. Hanno ricevuto poteri enormi, ma hanno perso la vita. E possono mantenere la propria esistenza solo attraverso l'energia altrui. Il sangue è la forma più pratica di trasfusione.

— E uccidono gli esseri umani!

— Possono sostentarsi anche col sangue delle donazioni. È un po' come un surrogato, ragazzo; non è gustoso, ma è un alimento. Se i vampiri si autorizzassero da soli a cacciare…

— Però mi hanno aggredito!

Ora pensava solo a se stesso… Male.

— Alcuni vampiri violano le leggi. Per questo c'è bisogno della Guardia della Notte, per controllare che il Patto sia rispettato.

— E allora i vampiri non vanno a caccia di esseri umani?

La mia guancia fu investita da un soffio di ali invisibili. Degli artigli mi si conficcarono nella spalla.

— E adesso che cosa rispondi, Guardiano? — bisbigliò Ol'ga dalle profondità del Crepuscolo. — Ti arrischi a dire la verità?

— No, a caccia ci vanno — dissi io. E ripetei le stesse parole che cinque anni or sono avevano sconvolto anche me. — Con la licenza. Qualche volta… qualche volta hanno bisogno di sangue vivo.

Non lo domandò subito. Avevo letto negli occhi del ragazzo tutto ciò che lui pensava e che avrebbe voluto domandare. E sapevo che avrei dovuto rispondere.

— E voi?

— Noi preveniamo il bracconaggio.

— E così potevano aggredirmi… secondo il vostro Patto? Se avevano la licenza?

— Sì — risposi.

— E bere il mio sangue? E voi sareste passati oltre e avreste guardato da un'altra parte?

La Luce e le Tenebre…

Chiusi gli occhi. Il Patto scintillava nella nebbia grigia. Le righe incise sopra celavano millenni di battaglie e milioni di vite.

— Sì.

— Se ne vada…

Il ragazzino ora era teso come una molla. Al limite dell'isteria, della follia.

— Sono venuto a proteggerti.

— Non occorre!

— La vampira è libera. Cerca di aggredire…

— Se ne vada!

Ol'ga sospirò: — Soddisfatto, Guardiano?

Mi alzai. Egor trasalì, arretrando.

— Devi capire — dissi. — Non abbiamo scelta…

Non credevo neppure io alle mie parole. E discutere adesso sarebbe stato inutile. Imbruniva, e tra poco sarebbe cominciato il tempo della caccia…

Il ragazzo mi seguì, forse per convincersi che lasciavo davvero l'appartamento e che non mi stavo nascondendo dentro l'armadio. Non dissi più una parola. Uscii sul pianerottolo. La porta sbatté alle mie spalle.

Salii una rampa di scale e mi accoccolai davanti alla finestra. Ol'ga taceva e tacevo anch'io.

Non bisognava rivelargli tutta la verità così duramente. Per un essere umano non è facile accettare la realtà stessa della sua esistenza. E rassegnarsi al Patto, poi…

— Non potevamo fare niente — osservò Ol'ga. — Non avevamo valutato fino in fondo il ragazzino, i suoi poteri e la sua paura. Eravamo stati scoperti. Dovevamo rispondere alle domande e rispondere con onestà.

— Farai rapporto? — le chiesi.

— Se sapessi quanti rapporti del genere ho scritto…

Si sentiva puzza di marcio e di spazzatura. Dietro la finestra si udiva il brusio del viale, lentamente calava l'oscurità. Cominciavano a illuminarsi i fanali. Sedevo, rigirando tra le mani il telefonino e consideravo se fosse il caso di chiamare il Capo o di aspettare la sua telefonata. Di sicuro Boris Ignat'evič mi stava controllando.

Di sicuro.

— Non sopravvalutare le possibilità dei capi — disse Ol'ga. — Ora gli è piombato addosso il problema del vortice malefico.

Il telefono nelle mie mani trillò.

— Indovina chi sono! — dissi, sollevando il ricevitore.

— Woody Woodpecker o Whoopi Goldberg.

Non ero in vena di scherzi.

— Sì?

— Dove ti trovi, Anton?

La voce del Capo era stanca, provata. Era irriconoscibile.

— Sul ballatoio di un casermone a molti piani. Vicino alle condotte della spazzatura. Qui fa piuttosto caldo. È quasi confortevole.


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