Adesso la Guardia istruiva quattro Altri. E solo riguardo a Svetlana avevamo la sicurezza che sarebbe entrata nelle nostre fila e non avrebbe scelto la normale vita degli umani.

Qui era tutto vuoto, vuoto e silenzioso. Camminavo lentamente per il corridoio, ammirando le aule deserte, che perfino la più ricca e attrezzata delle università avrebbe guardato con invidia. In ogni aula c'era un enorme proiettore, su ogni tavolo un notebook, e gli scaffali traboccavano di libri… E se quei libri li avesse visti uno storico, un vero storico, e non uno che ci speculava sopra…

Ma non li avrebbe mai visti.

In alcuni di essi c'era troppa verità. In altri troppo poca menzogna. Non era il caso che gli uomini li leggessero, soprattutto per la loro stessa tranquillità. Meglio che continuassero a vivere con la storia a cui erano abituati.

In fondo al corridoio era appeso un grande specchio, che occupava tutta la parete. Mi diedi un'occhiata di sbieco: lungo il corridoio avanzava ancheggiando una donna giovane e bella.

Inciampai, rischiando di finire lungo e disteso sul pavimento: anche se aveva fatto tutto il possibile per semplificarmi le cose. Ol'ga non aveva potuto cambiare il centro di gravità del suo corpo. Finché riuscivo a dimenticarmi del mio nuovo aspetto, tutto procedeva più o meno normalmente, perché funzionavano gli automatismi motori. Ma bastava che mi vedessi per un istante dall'esterno che cominciavano i guai. Perfino il respiro era diverso, come se l'aria penetrasse nei polmoni in un altro modo.

Mi avvicinai alla porta a vetri dell'ultima aula e cautamente sbirciai all'interno.

La lezione si stava concludendo proprio in quel momento.

Quel giorno avevano studiato la magia quotidiana, lo capivo scorgendo, allo stand di dimostrazione, Polina Vasil'evna. Era uno dei membri più vecchi della Guardia, dal punto di vista esteriore, dico, non come età reale. Era stata scoperta e iniziata quando aveva già sessantatré anni. Chi avrebbe potuto immaginare che quella vecchietta, che nei difficili anni del dopoguerra sbarcava il lunario leggendo le carte, avesse davvero dei poteri? E per di più tutt'altro che trascurabili, anche se male utilizzati.

— E adesso, se dovrete rimettere a posto i vestiti in tutta fretta — diceva Polina Vasil'evna in tono edificante — potrete farlo in pochi minuti. Ma non dimenticatevi di controllare prima quanta forza vi resta, altrimenti vi ritroverete in una confusione ancora peggiore.

— E quando l'orologio batterà la mezzanotte, la carrozza si trasformerà in una zucca — aggiunse a voce alta un giovanotto seduto accanto a Svetlana. Non lo conoscevo, era il secondo o il terzo giorno che frequentava la scuola, ma non mi piaceva.

— Esattamente! — concluse entusiasta Polina, abituata a trovare più o meno in ogni gruppo uno spiritosone del genere. — Le fiabe non mentono meno della statistica! Però ogni tanto ci si può trovare anche una goccia di verità.

Prese dal tavolo uno smoking perfettamente stirato, molto elegante, anche se un po' fuori moda. Del tipo di quello con cui ha fatto il suo ingresso nel mondo James Bond.

— Quando si trasformerà di nuovo in uno straccio? — chiese Svetlana in tono pratico.

— Tra due ore — le rispose Polina altrettanto spiccia. Appese lo smoking a una gruccia e tornò allo stand. — Non mi sono sforzata troppo.

— E per quanto tempo può farlo restare in perfetta forma, al massimo?

— All'incirca per ventiquattr'ore.

Svetlana annuì e improvvisamente guardò dalla mia parte. Mi aveva sentito. Sorridendo mi salutò con la mano. A quel punto mi notarono tutti.

— Prego, signora. — Polina chinò la testa. — È un grande onore per noi.

Sì, sapeva di Ol'ga qualcosa che io ignoravo. Tutti conoscevamo di lei solo una parte; soltanto il Capo, probabilmente, sapeva tutto.

Entrai, cercando disperatamente di attenuare l'eleganza della camminata. Inutilmente. Il giovanotto che sedeva accanto a Svetlana, un altro ragazzino sui quindici anni che già da sei mesi scaldava il banco del primo corso di magia, un coreano alto e robusto che poteva avere trenta come quarant'anni, tutti si girarono a guardarmi.

Con identico interesse. L'atmosfera di mistero che avvolgeva Ol'ga, le voci e i bisbigli, e il fatto che fosse dalla notte dei tempi l'amante del Capo provocavano nella parte maschile della Guardia un effetto particolare.

— Buongiorno — dissi. — Non sono importuna?

Concentrato com'ero sull'uso giusto del genere, non avevo controllato il tono. Il risultato era che quella banalissima domanda aveva assunto un suono tra il languido e l'enigmatico, e sembrava rivolta personalmente a ciascuno dei presenti. Il ragazzino brufoloso mi trafisse con lo sguardo, il giovanotto inghiottì, soltanto il coreano mantenne una parvenza di sangue freddo.

— Ol'ga, vuole annunciare qualcosa agli studenti? — mi chiese Polina.

— Devo parlare con Sveta.

— Potete andare — dichiarò la vecchia maga. — Ol'ga, qualche volta passerà a trovarci durante le lezioni? I miei insegnamenti non possono certo sostituire la sua esperienza.

— Sicuramente — promisi. — Tra tre giorni.

Certo, Ol'ga avrebbe dovuto rispondere delle mie promesse. D'altra parte io stavo pagando le conseguenze del suo sex-appeal!

Mi avviai all'uscita insieme a Svetlana. Tre paia di occhi mi seguirono, incollati avidamente alla mia schiena, o meglio… non proprio alla schiena.

Sapevo che tra Ol'ga e Svetlana i rapporti erano molto amichevoli. Da quella notte in cui io e Ol'ga le avevamo spiegato la verità sul mondo, sugli Altri, sulle Forze della Luce e le Forze delle Tenebre, sui Guardiani, sul Crepuscolo; da quell'alba in cui, tenendo le nostre mani, aveva oltrepassato la porta chiusa della sede del quartier generale operativo della Guardia della Notte. Da allora tra me e Svetlana c'era il legame di un filo mistico, i nostri destini erano intrecciati. Ma sapevo, e lo sapevo fin troppo bene, che non sarebbe durato a lungo. Svetlana sarebbe andata molto più lontano di quanto avrei mai potuto fare io, fossi anche diventato mago di primo livello. Era il destino a unirci, e a unirci strettamente. Ma era un legame a tempo determinato. Invece Ol'ga e Svetlana erano semplicemente amiche, per quanto mi sia sempre dichiarato scettico sulla possibilità dell'amicizia femminile. Non era stato il fato ad avvicinarle. Loro erano libere.

— Ol'ga, io devo aspettare Anton. — Svetlana mi aveva preso per mano. Non era il gesto di una sorella minore che si stringe alla maggiore in cerca di sostegno e di autoaffermazione. Era il gesto che può esserci tra due persone alla pari. E se Ol'ga permetteva a Svetlana di comportarsi alla pari, voleva dire che quella ragazza aveva davvero un grande futuro davanti.

— Non è il caso — dissi. — Sveta, non è il caso.

Di nuovo avvertii qualcosa di strano nella costruzione della frase o forse nel tono con cui l'avevo pronunciata. Adesso Svetlana mi fissava sconcertata, e il suo sguardo era assolutamente identico a quello di Garik.

— Ti spiegherò tutto — le dissi. — Ma non adesso e non qui. A casa tua.

Il suo appartamento era stato protetto come si deve, la Guardia aveva decisamente fatto le cose in grande per la nuova collaboratrice. Il Capo non si era nemmeno messo a discutere se fosse o meno il caso che parlassi con Svetlana, aveva insistito solo su un punto: che la conversazione avvenisse a casa sua.

— Va bene. — Lo stupore, però, non scomparve dagli occhi della ragazza. — Sei sicura che non sia il caso di aspettarlo?

— Assolutamente — dissi, senza nemmeno un'ombra di menzogna. — Prendiamo una macchina?

— Sei venuta a piedi oggi?

Idiota!

Mi ero completamente dimenticato che Ol'ga preferiva a qualsiasi altro mezzo di trasporto la macchina sportiva che le aveva regalato il Capo.

— No, appunto, ti dicevo… andiamo alla macchina? — mi corressi, consapevole che stavo facendo la figura dello stupido. Anzi, della stupida.


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