Arkadij e Boris Strugackij
LO SCARABEO NEL FORMICAIO
Introduzione
La fantascienza russa nasce all’incirca nella seconda metà del XIX secolo, quando i rapidi progressi della scienza, lo sviluppo dell’industria, le possibilità di esplorazione della terra e dei mari fanno nascere grandi speranze per un migliore avvenire dell’umanità.
Il primo vero racconto di fantascienza, L’anno 4338 di Vladimir Odoevskij, fu pubblicato nel 1840.[1] L’autore, che immagina l’ipotetica vita quotidiana dell’anno 4338, scrive un’opera utopica sotto forma di lettere. Dopo un intervallo di quasi ottanta anni, ripresero questo tipo di narrazione Valerij Brjusov con La repubblica della Croce del Sud (1907) e Aleksandr Bogdanov con l’utopia socialista La stella rossa (1908). Il padre della fantascienza e della cosmonautica russa è però senza dubbio Konstantin Eduardovič Čolkovskij (1857–1935), autore fra il 1893 e il 1920 di romanzi che trattano i problemi della conquista del cosmo. Ciolkovskij, allievo del filosofo Fëdorov,[2] lavorò ad una sua teoria dei viaggi interstellari e creò un’utopia sulla trasformazione della natura e sull’amicizia interpianetaria che ebbe una grande influenza su tutta la fantascienza sovietica.
A partire dal 1911 si pubblica in Russia il mensile Il mondo delle avventure, con traduzioni (Jules Verne, H.G. Wells, ecc.) ed inediti di autori russi (fra gli altri il racconto di Kuprin[3] Il sole liquido, basato sull’idea della liquefazione della luce). Dopo la rivoluzione, la letteratura prende accenti cosmici con Majakovskij,[4] — grande ammiratore di Wells, — Oleša[5] e Chlebnikov.[6] Appaiono le prime riviste di fantascienza e si moltiplicano i romanzi. Di questo periodo sono da ricordare soprattutto quattro nomi importanti: Aleksej Nikolaevič Tolstoj, Aleksandr Romanovič Beljaev, Michail Afanas’evič Bulgakov ed Evgenii Ivanovič Zamjatin. Aleksej Tolstoj pubblica Aelita nel 1923 e L’iperbolide dell’ingegner Garin nel 1925. Il primo è il racconto di un viaggio su Marte compiuto dall’ingegner Loss e dal soldato dell’Armata Rossa Gusev, e del loro incontro con una civiltà in declino retta da un vecchio asceta dispotico, Tuskub, della cui figlia, Aelita, Loss si innamora; il secondo racconta la lotta che si svolge intorno a un’invenzione che ricorda da vicino il «raggio infuocato» di Wells. Il protagonista, Garin, è uno scienziato amorale che vuole diventare, grazie a questa sua diabolica invenzione, il padrone del mondo.
A. Tolstoj introduce così, con questo romanzo, una tematica antimperialista e antifascista ante litteram, che d’ora in poi sarà ricorrente nella fantascienza sovietica. I romanzi di A. Beljaev, La testa del professor Dowell (1925), L’uomo anfibio (1928), che tratta delle difficoltà di adattamento biologico, affrontano tematiche nuove mantenendo però la concezione del romanzo di Verne. Come l’opera di Verne, anche quella di Beljaev è infatti basata su anticipazioni concrete del progresso scientifico. I temi sono quelli classici del bene e del male, dei limiti della scienza, dell’alternanza di sogno e realtà. L’unico argomento non affrontato da Beljaev è quello del viaggio nel tempo. I romanzi di Michail Bulgakov, Le uova fatali e Cuore di cane, entrambi del 1925, sono essenzialmente delle satire grottesche della società del tempo, in cui l’elemento fantascientifico è funzionale a quello satirico. Il primo è una parodia della scienza, della sua cattiva utilizzazione nonché di una burocrazia incapace e ignorante. Il secondo unisce alla satira della scienza anche quella della vita quotidiana in Russia subito dopo la rivoluzione. Il romanzo di Evgenij Zamjatin, Noi — utopia negativa, scritto nel 1928 e pubblicato solo ora in URSS sulla rivista Znamja, 4/5, 1988, come conseguenza della glasnost’ gorbacioviana) — ha avuto una grande influenza sulla letteratura anglosassone, soprattutto su Aldous Huxley e su George Orwell. A questi nomi si potrebbe forse ancora aggiungere quello di Ivan Kremnev che pubblicò nel 1920 il romanzo Il viaggio di mio fratello Aleksej nel paese dell’utopia contadina, utopia che propone un modello di società contadina nella Russia del 1984. Sotto lo pseudonimo di Kremnev si nascondeva Aleksandr Vassilevič Čajanov, noto economista, che poteva così mettere in pratica, almeno sulla carta, le sue idee.
Da quel poco che si è detto finora sugli esordi della fantascienza russa, si è visto come essa abbia sempre avuto una particolare predilezione per l’utopia e la satira. Gli autori venivano in prevalenza dal mondo scientifico: Aleksej Tolstoj e Zamjatin erano ingegneri, Bulgakov era medico, Kremnev economista, Beljaev consigliere giuridico, secondo una tradizione tipica, del resto, anche della fantascienza occidentale.
Al periodo postrivoluzionario segue, per la letteratura fantastica, un lungo periodo di stasi che va approssimativamente dal 1928 al 1956. Vi pone fine il XX Congresso del PCUS o, più precisamente, la pubblicazione del romanzo di Ivan Antonovič Efremov, La nebulosa di Andromeda, nel 1957. La nebulosa di Andromeda del titolo è la galassia più vicina alla Terra. Gli eroi del romanzo tentano di abolire le barriere del tempo e dello spazio per poter aprire nel cosmo una porta che conduca direttamente ad essa. Alla fine ci riusciranno, ma a prezzo di una catastrofe. Il romanzo ebbe un grandissimo successo, specie fra i giovani, e segna la “seconda nascita” della fantascienza sovietica. La società utopica descritta nella Nebulosa è una società comunista in cui le nozioni di nazionalità e di razza sono abolite; le decisioni vengono prese in comune e, in caso di parere discorde, dal Consiglio dei Saggi; nessun posto di responsabilità è occupato dalla stessa persona per più anni di seguito, perché ciò sarebbe a tutto svantaggio della creatività; la biologia ha già risolto i grandi segreti della vita e le macchine sono quasi intelligenti. Efremov racconta insomma contemporaneamente l’epopea dello spazio, con le sue avventure spesso pericolose, e l’epopea della terra utopica, con le sue realizzazioni e i suoi progressi. Il romanzo fu anche molto criticato perché si svolgeva in un futuro talmente lontano che le attuali contese politiche e i nomi dei grandi uomini della nostra epoca vi apparivano ormai dimenticati. Solo i nomi degli dèi greci erano sempre presenti sulle labbra e nella memoria degli uomini, perché la bellezza e l’ideale sono immortali.
1
Vladimir Fëdorovič Odoevskij (1803–1869) scrisse L’anno 4338 nel 1840, ma il romanzo fu pubblicato solamente nel 1926. (N.d.R.)
2
Nikolaj Fëdorovič Fëdorov (1829–1903), filosofo e bibliotecario moscovita, amico di Dostoevskij e Tolstoj. (N.d.R.)
3
Aleksandr Ivanovič Kuprin (1870–1938), pilota, avventuriero e scrittore sovietico. (N.d.R.)
4
Vladimir Vladimirovič Majakovskij (1893–1930), artista, poeta e letterato georgiano. (N.d.R.)
5
Jurij Karlovič Oleša (1899–1960), letterato sovietico. Smise di scrivere nel 1934. Venne arrestato come “individuo sospetto”, ma riabilitato nel 1956. (N.d.R.)
6
Velimir Chlebnikov (1885–1922), poeta amico di Majakovskij, amante del nomadismo.