Stop. Probabilmente, non mi riguarda. Ma perché, tornando sulla Terra, non si è registrato al COMCON? Si può spiegare: collasso nervoso. Ripulsa per il suo lavoro. Un Progressore sull’orlo del collasso nervoso torna al suo pianeta natale, da dove mancava da perlomeno otto anni. Dove può andare? Secondo me, in queste condizioni non si va dalla mamma. Abalkin non sembra un moccioso o, più esattamente, non dovrebbe esserlo. L’insegnante? O l’istruttore? Questo è possibile. Anzi è probabile. Piangere un po’ sulla spalla. Lo so per esperienza. È più probabile l’insegnante che l’istruttore. L’istruttore è in un certo senso un collega, e lui prova ripulsa per il suo lavoro… Stop. Stop, ho detto! Che mi sta succedendo? Guardai l’orologio. Su due documenti avevo passato trentaquattro minuti. Inoltre non li avevo nemmeno studiati, ne avevo soltanto preso visione.
Mi costrinsi a concentrarmi e capii all’improvviso che era una brutta faccenda. Mi accorsi che non mi interessava affatto pensare al modo di trovare Abalkin. Mi interessava molto di più capire perché fosse tanto necessario trovarlo. Ovviamente, ero furioso con Sua Eccellenza, sebbene la logica mi suggerisse che il capo indubbiamente mi avrebbe fornito tutte le spiegazioni indispensabili se solo avessero potuto aiutarmi nelle mie ricerche. E se non mi aveva spiegato perché bisognava cercare e trovare Abalkin, significava che il perché non aveva nessun rapporto con il come.
A questo punto capii ancora una cosa. Cioè, non capii, ma sentii. Anzi, più precisamente sospettai. Questa enorme cartella, tutta questa massa di carte, questa scrittura ingiallita non mi darà niente altro che, forse, ancora un paio di nomi e una gran quantità di nuove domande, che di nuovo non hanno niente a che fare col problema come.
1 ° giugno dell’anno 78. In breve sul contenuto della cartella
Alle 14.23 terminai l’inventano del contenuto.
La maggior parte delle carte erano documenti, scritti, capii, dallo stesso Abalkin.
In primo luogo, c’era il suo rapporto sulla partecipazione all’operazione “Mondo morto” sul pianeta Speranza: settantasei pagine scritte con una calligrafia grossa e chiara, quasi senza cancellature. Diedi una scorsa a quelle pagine. Abalkin raccontava come insieme al Testone Ščekn fosse andato alla ricerca di un certo oggetto (quale precisamente, non riuscii a capirlo), avesse attraversato la città abbandonata e fosse stato uno dei primi ad entrare in contatto con i superstiti dei disgraziati aborigeni.
Quindici anni fa il pianeta Speranza e la sua terribile sorte erano, sulla Terra, sulla bocca di tutti, e lo sono ancora, come minaccioso avvertimento a tutti i mondi abitati dell’Universo e come testimonianza della più recente e della più colossale ingerenza dei Nomadi dello Spazio nel destino di altre civiltà. Ora è stato definitivamente appurato che negli ultimi cento anni gli abitanti del pianeta Speranza avevano perduto il controllo sullo sviluppo tecnologico e praticamente avevano distrutto in modo irreversibile l’equilibrio ecologico. La natura era stata distrutta. I rifiuti dell’industria, insieme ai rifiuti prodotti da esperimenti folli e temerari compiuti nello sforzo di aggiustare la situazione, avevano inquinato il pianeta a un tale livello che gli abitanti, colpiti da tutta una serie di malattie genetiche, erano condannati a un totale inselvatichimento e a morte sicura. Le strutture genetiche erano impazzite sul pianeta Speranza. Per la verità, per quanto ne so, finora nessuno di noi è riuscito a capire il meccanismo di questo impazzimento. In ogni caso, finora nessuno dei nostri biologi è riuscito a ricreare il modello di questo processo, l’impazzire delle strutture genetiche. Esteriormente appariva come un’impetuosa, disuguale nel ritmo, accelerazione dei tempi di sviluppo di ogni, anche minimo, organismo complesso. L’uomo, per esempio, fino a dodici anni si sviluppava nel modo solito, normale, e poi cominciava a crescere con ritmi frenetici e a invecchiare ancora più freneticamente. A sedici anni pareva che ne avesse trentacinque, e a diciannove, di regola, moriva di vecchiaia.
È chiaro che questa civiltà non aveva nessuna prospettiva storica, ma a questo punto arrivarono i Nomadi dello Spazio. Per la prima volta, a quanto risulta, intervennero attivamente negli avvenimenti di un altro mondo. È certo che riuscirono a far passare la gran maggioranza degli abitanti di Speranza attraverso dei tunnel interspaziali e, evidentemente, a salvarli. (Dove furono portati questi miliardi di infelici malati, dove si trovano ora e che cosa sia avvenuto di loro, non lo sappiamo e non lo sapremo tanto presto.)
Abalkin prese parte solo all’inizio dell’operazione “Mondo morto”, ed il suo ruolo fu piuttosto modesto. Però, se si osservano le cose dal lato del principio, egli fu il primo (e finora l’unico) Progressore terrestre a cui toccò di lavorare in coppia insieme ad un rappresentante di una razza raziocinante di non umanoidi.
Scorrendo il rapporto, mi resi conto che Abalkin vi menzionava molti nomi, ma ebbi l’impressione che l’unico da prendere in considerazione fosse quello di Ščekn. Sapevo che stava arrivando sulla Terra un’intera delegazione di Testoni, ed era il caso di appurare se per caso fra di loro non ci fosse anche Ščekn. Abalkin ne scriveva con tale calore che non esclusi la possibilità di un loro incontro. Del resto, mi ero già accorto che Abalkin aveva una particolare simpatia per i “fratelli minori”: dietro a loro aveva perso alcuni anni della sua vita, su Higanda aveva fatto il custode di cani…
Nella cartella c’era ancora un rapporto di Abalkin, quello sull’operazione su Higanda. A parer mio l’operazione era stata di poco conto: il capocaccia di sua altezza il duca di Alaj aveva sistemato come fattorino in una banca un suo parente povero. Il capocaccia era Lev Abalkin, ed il parente povero un certo Kornej Jašmaa. Come immaginavo, questo materiale mi fu del tutto inutile. Oltre a quello di Kornej Jašmaa, per quanto mi fu possibile notare ad una lettura veloce, il rapporto non conteneva nessun altro nome di terrestri. Qua e là ricorrevano degli Zoggi, Nagon-Gig, scudieri, direttori di conferenze, altezze serenissime, maestri di armature, dame di corte… Mi annotai questo Kornej, sebbene sapessi che difficilmente mi sarebbe servito. In tutto, il rapporto era di ventiquattro pagine, e nella cartella non c’erano altri rapporti di Lev Abalkin sul suo lavoro. Mi sembrò strano, e cominciai a riflettere sul perché, fra tutti i numerosi rapporti di un Progressore professionista, nella cartella 07 ce ne fossero solo due e perché proprio quei due.
Entrambi i rapporti erano scritti in stile “archivista” e, a mio parere, avevano forti affinità con i temi scolastici del tipo «come ho passato le vacanze dal nonno». Scrivere rapporti così è un piacere, ma leggerli è un tormento. Gli psicologi (seduti nel loro quartier generale) pretendono che i rapporti contengano non solo dati obiettivi sugli avvenimenti e i fatti, ma anche sensazioni soggettive, impressioni personali e il flusso della coscienza dell’autore. Secondo loro, lo stile del rapporto (“archivista”, “generale”, “artista”) non lo sceglie l’autore, ma gli viene imposto, viene regolato da misteriose considerazioni psicologiche. In verità, si tratta di menzogna, una menzogna imperdonabile, e di statistica, ma non dobbiamo dimenticare anche la psicologia!
Non sono uno psicologo, per lo meno non di professione, ma pensai che forse mi sarebbe riuscito di tirar fuori da questi rapporti qualcosa di utile sulla psicologia di Lev Abalkin.
Continuando a dare un’occhiata al contenuto della cartella, avevo intanto scoperto dei documenti assai simili, pressoché uguali e per me assolutamente incomprensibili: dei fogli azzurri di carta spessa con la rifilatura verde e con inciso nell’angolo in alto a sinistra un emblema, raffigurante qualcosa di mezzo fra un drago cinese ed uno pterodattilo. Su ciascuno di questi fogli, con la calligrafia ampia che già conoscevo, c’era scritto, a volte con la stilografica, a volte con il pennarello, e una volta chissà perché con la matita a elettrodi da laboratorio: «Tristan 777». In basso c’era la data e questa firma senza senso. Per quanto si potesse giudicare dalle date, questi fogli erano stati inseriti nella cartella dall’anno 60, approssimativamente una volta ogni tre mesi, per cui costituivano circa un terzo della cartella.