«E va bene» disse Baley. «Tutto questo vale per la situazione sulla Terra, giusto?»

«Sì, certo.»

«Che mi dice dei Mondi Esterni?»

Parte della sicurezza di Gerrigel sparì. «Oh Dio, signor Baley, non ho esperienza diretta di quello che avviene lassù, ma sono certo che se qualcuno costruisse un cervello positronico non-Asenio o se venisse formulata la relativa teoria matematica, noi lo verremmo a sapere.»

«Davvero? Bene, mi lasci seguire un’altra idea strampalata, dottor Gerrigel. Spero che non le dispiaccia.»

«No, per niente.» Il robotista dette un’occhiata d’angoscia prima a Baley, poi a R. Daneel. «Dopotutto, se questa faccenda è importante come dice, sono lieto di fare tutto quello che posso.»

«Grazie, dottore. La domanda che voglio farle è questa: perché i robot hanno forma umana? È una cosa che ho dato per scontata tutta la vita, ma ora mi rendo conto che non conosco la ragione. Che bisogno c’è che un automa abbia una testa e quattro arti? Che importanza può avere il fatto che ci somigli oppure no?»

«Vuol dire perché non li costruiamo funzionalmente, come le altre macchine?»

«Esatto» rispose Baley. «Perché?»

Il dottor Gerrigel fece uno dei suoi piccoli sorrisi. «Credo, signor Baley, che lei sia nato troppo tardi. L’antica letteratura sugli automi è piena di dibattiti di questo genere, e le polemiche sono spaventose. Se vuol leggere un’ottima ricerca sulle dispute fra funzionalisti e anti-funzionalisti le raccomando la Storia della robotica di Hanford. La matematica è ridotta al minimo e credo che la troverebbe interessante.»

«Me la procurerò» disse Baley paziente. «Nel frattempo, può darmi lei una risposta?»

«La decisione fu presa per ragioni economiche. Se lei dirigesse una fattoria, signor Baley, troverebbe conveniente fabbricare un trattore positronico, un mungilatte, un erpice, un’automobile o una mietitrice dotati di cervello? Non sarebbe meglio avere un solo robot che li facesse funzionare tutti? L’avverto che la seconda alternativa le verrebbe a costare la cinquantesima o la centesima parte della prima.»

«Ma perché la forma umana?»

«Perché in natura è quella di maggior successo. Noi non siamo animali specializzati, signor Baley, a parte il sistema nervoso e qualche altra stranezza. Se vuole una macchina che faccia bene una grande quantità di cose, tutte diverse, non può fare di meglio che imitare la forma umana. Inoltre tutta la nostra tecnologia si basa sull’uomo e il suo aspetto; un’automobile, per esempio, ha i comandi disposti in modo tale che possono essere facilmente usati da mani e piedi di una certa grandezza, attaccati al corpo da arti di una certa lunghezza e articolati da giunture di un certo tipo. Anche oggetti semplici come sedie e tavoli, coltelli e forchette, sono pensati per venire incontro alle necessità del corpo umano che lavora. È più facile costruire robot che assomiglino a noi piuttosto che ripensare daccapo la logica degli strumenti che usiamo.»

«Capisco. Ora mi dica, dottore, è vero che i robotisti dei Mondi Esterni fabbricano automi che sono molto più umanoidi dei nostri?»

«Sì, credo che sia vero.»

«E potrebbero costruire un robot che ci somigliasse tanto da passare per un uomo, almeno in circostanze normali?»

Il dottor Gerrigel alzò le sopracciglia e rifletté sulla questione. «Penso di sì, signor Baley. Però sarebbe terribilmente costoso e dubito che ne varrebbe la pena.»

«Lei crede» incalzò Baley, instancabile «che potrebbero costruire un robot capace di ingannare anche uno studioso del suo calibro?»

Il robotista fece un risolino. «Oh no, signor Baley, no davvero. In un robot ci sono altri particolari rivelatori, non è solo questione di aspet…»

Si bloccò a metà parola, si girò verso R. Daneel e la faccia rosea diventò bianca.

«Oh, cielo» cominciò. «Oh cielo.»

Allungò una mano e toccò amaramente una guancia di R. Daneel. R. Daneel non si allontanò, ma fissò il robotista con calma.

«Oh cielo» ripeté Gerrigel quasi in un singhiozzo. «Lei è un robot.»

«Le ci è voluto parecchio per accorgersene» disse Baley, asciutto.

«Non me l’aspettavo, non ho mai visto nulla di simile. Viene dai Mondi Esterni?»

«Sì» rispose Baley.

«Adesso è chiaro. Il modo in cui sta eretto, in cui parla. Non è un’imitazione perfetta, signor Baley.»

«Però è abbastanza buona, giusto?»

«Oh, è meravigliosa. Credo che nessuno si accorgerebbe dell’inganno, a prima vista. Le sono molto grato per avermi permesso di incontrarlo. Posso esaminarlo?» Il robotista si era alzato, impaziente.

Baley alzò una mano. «Per favore, dottore. Tra poco. Il delitto di cui mi sto occupando ha la precedenza.»

«Allora è tutto vero?» Il dottor Gerrigel era deluso e lo dimostrava. «Pensavo che fosse solo un modo di tenermi occupata la mente e vedere quanto a lungo potevo essere imbrogliato…»

«Non è un trucco, dottore. Mi dica, ora: nel costruire un robot come questo, con il deliberato proposito di farlo passare per umano, non bisognerebbe dotarlo di un cervello il più vicino possibile a quello dell’uomo?»

«Certo.»

«Benissimo. E un cervello simile non potrebbe mancare della Prima Legge? Forse è stata lasciata fuori accidentalmente. Lei dice che il modo per farlo è sconosciuto, ma il fatto stesso che sia sconosciuto può aver ingannato i costruttori e aver portato alla costruzione di un cervello anomalo. Gii ingegneri non avrebbero saputo da cosa guardarsi.»

Il dottor Gerrigel scuoté la testa vigorosamente. «No, no, impossibile.»

«Ne è sicuro? Possiamo mettere alla prova la Seconda Legge, naturalmente. Daneel, prestami il tuo fulminatore.»

Gli occhi di Baley non si spostarono un momento da quelli del robot. Le dita strinsero il disintegratore che aveva appeso al fianco.

R. Daneel disse, calmo: «Eccolo, Elijah». E lo porse per il calcio.

Baley disse: «Un agente non deve mai privarsi della sua arma, ma un robot non ha altra scelta che obbedire a un uomo».

«Tranne, signor Baley, quando l’obbedienza rischia di infrangere la Prima Legge» disse Gerrigel.

«Lei sa, dottore, che Daneel ha puntato un fulminatore su una folla umana inerme? E che ha minacciato di sparare?»

«Ma non ho sparato» precisò Daneel.

«Sicuro, ma la minaccia in sé era insolita, vero, dottore?»

Il robotista si morse un labbro. «Per giudicare dovrei conoscere le esatte circostanze. Sembra insolito.»

«Senta questo, allora. R. Daneel si trovava sulla scena dell’omicidio di cui le ho parlato. Se si esclude la possibilità che un terrestre abbia attraversato la campagna da solo, riportando con sé l’arma del delitto, di tutti i presenti Daneel e soltanto Daneel avrebbe potuto nasconderla senza destare sospetti.»

«L’arma del delitto?»

«Mi lasci spiegare. Il fulminatore che ha ucciso la vittima non è stato trovato. La scena dell’assassinio è stata sottoposta a uno scrupoloso esame e niente è stato rinvenuto. Eppure un fulminatore non scompare nel nulla. Esiste un solo nascondiglio possibile, un solo posto dove nessuno penserebbe di guardare.»

«E quale, Elijah?» chiese R. Daneel.

Baley estrasse il fulminatore d’ordinanza e lo puntò sul robot.

«Nel tuo sacchetto del cibo» disse. «Nel tuo stomaco, Daneel!»


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