Una follia.

Sembrava che Samantha avesse intuito i suoi pensieri. «Non facciamoci illusioni, la questione non è se, alla fine delle nostre ricerche, troveremo intelligenze aliene. In realtà, alla base delle nostre ricerche c'è una sola domanda: come cambierebbe l'umanità dopo la scoperta di altre intelligenze? Cosa ci resterebbe? E cosa perderemmo per sempre?» La donna si appoggiò allo schienale, si raddrizzò e gli rivolse un sorriso gentile. «Sa, Leon, credo che alla fine sia solo l'eterna domanda sul senso della vita.»

Continuarono a parlare un po' di tutto, ma non di cetacei e di civiltà extraterrestri. Intorno alle dieci e mezzo — dopo aver bevuto un ultimo drink davanti al camino — si salutarono. Samantha gli aveva detto che sarebbe partita due giorni dopo. Uscirono dal ristorante e si accorsero che le nuvole erano sparite e il cielo stellato sembrava volerli risucchiare. Rimasero per un po' a guardarlo.

«Non le capita di averne abbastanza delle sue stelle?» chiese Anawak.

«Ne ha abbastanza delle sue balene?»

«No, certo che no», replicò lui, sorridendo.

«Spero che riesca a ritrovare i suoi animali.»

«Glielo farò sapere, Sam.»

«Lo verrò a sapere di certo, ma non da lei, perché le conoscenze sono sempre precarie. È stata una bella serata, Leon. Se c'incontreremo di nuovo ne sarò felice, ma lei sa bene come vanno le cose. Si prenda cura dei suoi animali… Credo che abbiano in lei un buon amico. Lei è una brava persona.»

«Come fa a saperlo?» chiese lui.

«Visto ciò di cui mi occupo, per me convinzione e conoscenza sono necessariamente sulla stessa lunghezza d'onda. Faccia attenzione.»

Si strinsero la mano.

«Forse ci rivedremo come orche», scherzò Anawak.

«Perché proprio come orche?»

«Gli indiani kawkiutl credono che i buoni rinascano come orche.»

«Davvero? Mi piace.» Sembrava che tutto il viso di Samantha sorridesse. La maggior parte delle sue rughe era dovuta alle risate, pensò Anawak. «E lo crede anche lei?» gli domandò.

«Certo che no.»

«Perché no? Non lo è anche lei?»

«Sono che cosa?» chiese Anawak, benché sapesse benissimo che cosa intendesse.

«Un indiano.»

Anawak s'irrigidì. Si vedeva attraverso gli occhi di quella donna. Un uomo tarchiato, di media statura, con zigomi ampi e pelle color rame, gli occhi leggermente a fessura e i capelli folti, nerissimi e lisci che gli cadevano sulla fronte. «Qualcosa del genere», disse dopo una lunga pausa.

Samantha Crowe lo fissò. Poi tirò fuori dalla giacca a vento il pacchetto di sigarette e ne accese una. «Già. Sono ossessionata anche da queste cose. Stia bene, Leon.»

«Stia bene, Sam.»

13 marzo

Costa norvegese e mar di Norvegia

Sigur Johanson non vedeva e non sentiva Tina Lund da una settimana. Nel frattempo, aveva sostituito un professore ammalato e tenuto qualche lezione in più del previsto. Era stato anche impegnato nella stesura di un articolo per il National Geographic e si era occupato delle nuove forniture per la sua enoteca; per farlo, aveva ripreso la corrispondenza, interrotta da tempo, con un conoscente di Riquewihr, in Alsazia, un rappresentante della rinomata enoteca Hugel Fils in possesso di alcuni vini rari che Johanson prevedeva di regalarsi per il suo compleanno. Inoltre aveva scovato un vinile con un'esecuzione dell'Anello del Nibelungo diretta da Sir Georg Solti. Così le serate erano trascorse velocemente. I vermi di Tina erano finiti in secondo piano, sotto lo schiacciante predominio di Hugel e Solti, e lì sarebbero rimasti, almeno fino all'arrivo dei risultati degli esami.

Nove giorni dopo il loro incontro, finalmente Tina lo chiamò. Sembrava di ottimo umore.

«Pare proprio che ti sia rilassata», constatò lui. «Devo preoccuparmi della tua obiettività scientifica?»

«Forse», rispose Tina, tutta allegra.

«Spiegati.»

«Più tardi. Ascolta, domani la Thorvaldson sarà sul margine continentale e calerà un robot. Vuoi esserci?»

«Al mattino sono impegnato. I miei studenti devono prendere confidenza col sex appeal dei solfobatteri», disse lui.

«È un peccato. La nave salpa proprio al mattino.»

«Da dove?»

«Da Kristiansund.»

Kristiansund si trovava circa un'ora di macchina a sud-ovest di Trondheim, su una costa rocciosa battuta dal vento e dalle onde. Dal vicino aeroporto partivano gli elicotteri per le piattaforme di produzione, che si allineavano lungo lo zoccolo continentale norvegese. Solo al largo della Norvegia c'erano settecento piattaforme per l'estrazione del petrolio e del gas.

«Non posso raggiungerla dopo?» propose Johanson.

«Sì, forse», mormorò Tina dopo un istante di silenzio. «Non è una cattiva idea. Anzi, adesso che ci penso, potremmo andarci insieme. Che cosa fai dopodomani?»

«Nulla che non possa rinviare.»

«Affare fatto. Andiamo insieme e passiamo la notte sulla Thorvaldson. Avremo tutto il tempo per le osservazioni e per le analisi.»

«Ho capito bene? Vuoi venire con me?» domandò stupito Johanson.

«Certo. Io… Sì, insomma, potrei trascorrere una mezza giornata, sulla costa e tu potresti raggiungermi nel primo pomeriggio. Poi voliamo insieme sulla piattaforma petrolifera Gullfaks e da lì prendiamo il transfer per la Thorvaldson», propose lei.

«Mi piace quando segui l'impulso del momento. Ma potrei sapere perché complichi le cose?»

«Come? Te le sto rendendo più facili, no?»

«Appunto. Le stai rendendo più facili a me. Tu potresti essere a bordo già domattina», disse Johanson.

«Sono contenta di farti compagnia.»

«Che affascinante bugiarda. Okay. Allora, tu sei sulla costa. Dove ti trovo?» chiese lui.

«A Sveggesundet», rispose Tina.

«Mio dio! Quel buco di paese! Perché proprio Sveggesundet?»

«È carino, invece. Ci troviamo al Fiskehuset. Sai dov'è?»

«Ho esplorato a sufficienza la zona per conoscere i pochi elementi di civiltà presenti a Sveggesundet. Non è il ristorante sulla costa vicino alla vecchia chiesa di legno?»

«Proprio quello.»

«Alle tre?»

«Alle tre va benissimo. All'elicottero ci penso io. Verrà a prenderci direttamente là.» Tina fece una pausa, quindi chiese: «Ti sono arrivati i risultati delle analisi?»

«Purtroppo no. Probabilmente arriveranno domani.»

«Sarebbe perfetto.»

«Ci saranno. Non preoccuparti.»

Chiusero la conversazione. Johanson aggrottò la fronte. Rieccolo, il verme. Ritornava in primo piano e richiedeva tutta la sua attenzione.

In effetti era sorprendente che in un ecosistema da tempo conosciuto comparisse improvvisamente una nuova specie. I vermi in sé non avevano nulla di preoccupante. Non a tutti piacevano, ma se gli uomini diffidavano di collettività organiche c'era una spiegazione psicologica. A parte quello, i vermi erano molto utili.

Ha senso che siano lì, pensò Johanson. Se sono davvero imparentati coi vermi del ghiaccio, allora vivono grazie al metano, anche se indirettamente. E giacimenti di metano si trovano su tutta la scarpata continentale, anche davanti alla Norvegia.

Però restava una faccenda singolare.

Le analisi dei tassonomi e dei biochimici avrebbero risposto a tutte le domande. Tuttavia, finché non c'erano i risultati, lui poteva dedicarsi a scegliere tra i Gewürztraminer di Hugel. Al contrario dei vermi, in genere semplici da identificare, trovare il vino giusto era molto difficile, specialmente per certe annate.

Il giorno seguente, quando Johanson entrò nel suo ufficio, trovò due lettere con le analisi tassonomiche. Soddisfatto, scorse velocemente i risultati, con l'intenzione di metterli subito da parte. Invece li rilesse con maggiore attenzione.

Strani animali, in effetti.

Infilò tutto nella borsa e andò a lezione. Due ore dopo, era sulla jeep e stava attraversando il paesaggio collinare e i fiordi in direzione Kristiansund. Ormai era iniziato il disgelo. Gran parte della neve era sparita, lasciando posto a una campagna nera e marrone. In quei giorni, le condizioni meteorologiche rendevano difficile la scelta dell'abbigliamento. All'università, metà del personale era raffreddato. Johanson si era premunito e aveva preparato una valigia che forse era troppo pesante per il volo in elicottero, ma non aveva voglia di prendersi un raffreddore sulla Thorvaldson, e soprattutto non tollerava che la scelta del suo abbigliamento fosse dettata dal mezzo di trasporto. Tina l'avrebbe preso in giro nel vederlo con tutto quel bagaglio, ma non gli importava. Se fosse stato possibile, si sarebbe portato anche una sauna da viaggio. Inoltre nel suo bagaglio c'erano alcune cose che sarebbero state senza dubbio utili durante una notte su una nave in compagnia di una donna. Sì, erano solo amici, ma ciò non implicava che dovessero tenere le distanze.


Перейти на страницу:
Изменить размер шрифта: