Falk scosse la testa.

Il ragazzo si calmò, dicendo infine con tristezza:

— Quasi quasi stento a credere che tu non ti ricordi, tranne quando fai così.

— Scuotere la testa?

— Su Werel per dire no ci si stringe nelle spalle. Così.

La semplicità di Orry era veramente irresistibile. Falk si provò a fare lo stesso, e gli parve di trovarvi una certa giustezza, una certa proprietà, che lo portava a convincersi che si trattasse davvero di una vecchia abitudine. Sorrise, e Orry immediatamente se ne rallegrò. — Sei così uguale a te stesso, prech Ramarren, e così diverso allo stesso tempo! Perdonami. Ma cosa ti hanno fatto, cosa ti hanno fatto mai per farti dimenticare tutto questo?

— Mi hanno distrutto. È certo che sono me stesso. Sì sono me stesso, sono Falk… — Si prese la testa tra le mani. Orry, sconcertato, stava zitto. L'aria fresca e tranquilla della stanza splendeva attorno a loro come un gioiello verde-azzurro; la parete occidentale era scintillante perché vi moriva il sole.

— Sei sotto stretta sorveglianza, qui?

— I Signori desiderano che porti con me un comunicatore, se me ne vado con l'aeromobile. — Orry si toccò il braccialetto del polso sinistro, all'apparenza un'innocua catena di anellini d'oro. — Del resto non è pericoloso muoversi tra gli indigeni.

— Ma sei libero di recarti dove ti pare?

— Ma certo, è naturale. Questa tua stanza è identica alla mia, a cavallo della gola. — Orry di nuovo sembrava perplesso. — Non abbiamo nemici qui, sai, prech Ramarren — azzardò.

— No? E dove sono allora i nostri nemici?

— Bé, fuori, lì da dove sei venuto…

Si fissarono in mutua incomprensione.

— Pensi che siano gli uomini i nostri nemici… i Terraniani, gli esseri umani? Pensi che siano stati loro a distruggermi la mente?

— E chi altri? — chiese Orry terrorizzato, ansimante.

— Gli alieni… il Nemico… gli Shing!

— Ma — disse il ragazzo con una timida gentilezza, quasi si rendesse conto solo allora di quanto profondamente ignorante e fuori strada fosse il suo ex-signore e maestro — ma non c'è mai stato un Nemico. Non c'è mai stata una Guerra.

La stanza tremò leggermente, come un gong percosso da una vibrazione quasi sub-auricolare; un attimo dopo una voce, impersonale, diceva «Si riunisce il Consiglio». La porta scorrevole si aprì ed entrò un'alta figura, cha avanzava maestosa in bianchi vestimenti e portava una parrucca nera riccamente adorna. Le sopracciglia erano completamente rasate e ridisegnate più in alto; il viso, che il trucco levigava fin quasi ad appiattirlo, era quello di un uomo robusto di mezza età. Orry si levò prestamente dal tavolo e si inchinò con un sussurro. — Il Signore Abundibot.

— Har Orry — replicò l'uomo, con una voce altrettanto smorzata, fino a diventare un sussurro stridulo, poi, rivolto a Falk: — Agad Ramarren, sii il benvenuto. Il Consiglio della Terra si incontra per rispondere ai tuoi quesiti e prendere in considerazione le tue richieste. Ora guarda… — Aveva indugiato con lo sguardo su Falk per non più di un secondo, e non si avvicinava molto a nessuno dei due Wereliani. In lui c'era una strana aria di potenza e insieme di riserbo e di raccoglimento. Era lontano, irraggiungibile. Rimasero tutti e tre immobili per un momento, poi Falk, seguendo lo sguardo degli altri vide che la parete interna della stanza si era oscurata e aveva mutato aspetto: ora sembrava una spessa gelatina grigio pallido, dove si agitavano tremolanti linee, e forme. Poi l'immagine divenne più chiara, e Falk trattenne il respiro. Era il viso di Estrel, dieci volte più grande che al naturale. Gli occhi guardavano verso di lui con la remota compostezza di un dipinto.

— Io sono Strella Siobelbel. — Le labbra dell'immagine si mossero, ma la voce non aveva nessuna localizzazione, un freddo, astratto bisbiglio che tremolava nell'aria della stanza. — Fui inviata per riportare sano e salvo in Città quel membro della Spedizione Wereliana che si diceva vivesse nella parte Orientale del Continente Uno. Credo che costui sia quell'uomo.

E il suo volto scomparve, lasciando il posto a quello di Falk.

Una voce impersonale e sibilante domandò: — Har Orry, riconosci costui?

Quando Orry rispose, sullo schermo comparve il suo viso.

— Quest'uomo è Agad Ramarren, Signori, l'Ufficiale di rotta di Alterra.

Il volto del ragazzo si dileguò e lo schermo rimase vuoto, tremolante, mentre innumerevoli voci mormoravano con sussurri di aria, come una breve discussione affollata di spiriti, che parlavano una lingua sconosciuta. Ecco come tenevano il Consiglio gli Shing: ciascuno nella propria stanza separato dagli altri, con la sola presenza di voci bisbiglianti. Mentre l'incomprensibile botta e risposta continuava, Falk mormorò a Orry: — Conosci questa lingua?

— No, prech Ramarren. Mi parlano sempre in Galaktika.

— Perché si parlano in questo modo, anziché viso a viso?

— Sono un'infinità… migliaia e migliaia che s'incontrano nel Consiglio della Terra; a me l'ha detto il Signore Abundibot. E sono sparsi su tutto il pianeta, in molti luoghi, benché l'unica citta sia Es Toch. Quello di adesso è Ken Kenyek.

Era cessato il ronzio delle voci impersonali e sullo schermo era comparso un nuovo viso, un viso d'uomo, con una pelle mortalmente bianca, capelli neri, occhi slavati. — Agad Ramarren, siamo riuniti in Consiglio, e anche tu vi partecipi, perché ti sia possibile portare a termine la tua missione sulla Terra e, se lo desideri, tornare alla tua casa. Il Signore Pelleu Abundibot parlerà con te.

La parete si liberò improvvisamente, tornò del suo normale verde traslucido. L'uomo alto che stava dall'altra parte della stanza lo guardava fisso. Le labbra non si mossero, ma Falk lo udì parlare, e non con un sussurro, ma chiaramente, anzi con singolare chiarezza. Non poteva credere che fosse telepatia, eppure non poteva essere altro. Completamente priva di carattere e timbro, che sono la personificazione di una voce, questa era comprensibilità pura e semplice, ragione che si rivolge alla ragione.

— Parliamo con la mente perché tu senta solo verità. Non é vero, infatti, che noi che ci chiamiamo Shing, o alcun altro uomo, possa cambiare o dissimulare la verità nel discorso paraverbale. La Menzogna che gli uomini attribuiscono a noi è essa stessa una menzogna. Ma se preferisci comunicare verbalmente, allora fallo e noi ci adegueremo.

— Non ho alcuna particolare capacità nella comunicazione telepatica — disse forte Falk dopo una pausa. La sua viva voce suonò rumorosa e rozza dopo il brillante contatto mentale, così silenzioso. — Ma vi sento abbastanza bene. Non chiedo la verità. Chi sono mai io per chiedere la verità? Ma vorrei sentire quel che vuoi dirmi tu.

Il giovane Orry pareva attonito. Il viso di Abundibot non espressse proprio nulla. Evidentemente era sintonizzato sia con Falk sia con Orry (un fatto assai raro, per l'esperienza di Falk) perché Orry era in ascolto quando riprese la comunicazione telepatica.

— Gli uomini ti cancellarono la mente, quindi ti insegnarono quello che volevano farti sapere, quello che volevano tu credessi. E così ti insegnarono a non fidarti di noi. Temevamo che fosse andata così. Ma chiedi ciò che vuoi, Agad Ramarren di Werel; risponderemo tutta la verità.

— Quanto sono rimasto qui?

— Sei giorni.

— Perché dapprincipio vi siete presi gioco di me e mi avete drogato?

— Cercavamo di risvegliare la tua memoria. Non ci siamo riusciti.

"Non credergli, non credergli" si ripeté Falk con tanta foga che indubbiamente lo Shing, se aveva appena qualche capacità empatica, ricevette il messaggio chiaramente. Ma non gli interessava. Si doveva stare al gioco e a modo loro, perché tutte le regole erano loro a farle, e conoscevano le mosse. Ma la sua inettitudine non interessava. Interessava invece la sua onestà. Ora credeva ciecamente un'unica cosa: che non si può imbrogliare un uomo onesto, che la verità, se il gioco è condotto equamente fino alla fine condurrà alla verità.


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