— La ricostruzione della personalità… Non mi dice nulla di preciso. Cosa significa?
Falk sentì un brivido di freddo corrergli per la schiena, e disse facendo molta attenzione: — Significa, che allo scopo di ricordare ciò che ero, devo… dimenticare cosa sono?
— Purtroppo è proprio così. Ci dispiace molto. Comunque la perdita di una personalità sostitutiva di breve durata è, benché spiacevole, un prezzo non troppo elevato da pagare per rientrare in possesso di una mente qual è stata la tua e per potere portare a termine la tua missione tra le stelle, tornando nella tua patria con la conoscenza di ciò che così eroicamente sei venuto a cercare.
Nonostante il bisbiglio rauco e insolito, Abundibot parlava altrettanto speditamente che con la telepatia; le parole gli uscivano una dietro l'altra e Falk ne coglieva il significato, se pur lo coglieva tutto, solo dopo tre o quattro parole… — Poter portare a termine? — ripeté, sentendosi vuoto e guardando Orry come in cerca di aiuto. — Significa che mi manderesti, ci manderesti indietro… su quel pianeta da cui si suppone che io venga?
— Noi riteniamo un onore e solo l'inizio della riparazione che ti è dovuta darti un'astronave a velocità della luce perché tu possa tornare su Werel.
— La mia patria è su questa Terra — replicò Falk con improvvisa violenza. Abundibot tacque. Un minuto dopo parlava al ragazzo: — Werel è comunque la mia, prech Ramarren — disse con aria pensosa, — e io non posso tornarci senza di te.
— Perché no?
— Non so dove si trovi. Ero un bambino. La nostra nave è andata distrutta, i computer di rotta sono saltati assieme a tutto il resto quando ci hanno attaccati. Non posso rifare i calcoli del percorso!
— Ma a costoro non mancano certo le navi a velocità della luce, né i calcolatori di rotta! Cosa vuoi dire? Tutto quello che ti serve sapere è attorno a che stella ruoti Werel.
— E io non lo so.
— È un controsenso. — Falk, eccitato da una crescente incredulità, montò su tutte le furie. Abundibot sollevò la mano in un gesto di strana potenza.
— Lascia che il ragazzo si spieghi, Agad Ramarren — sussurrò.
— Spieghi che non sa il nome del sole del suo pianeta?
— È vero, prech Ramarren — disse Orry debolmente col volto paonazzo. — Basterebbe che tu fossi in te e lo sapresti senza dovertelo far dire. Ero nella mia nona fase lunare, era ancora al Primo Livello. I Livelli… Bé, si può dire che la nostra civiltà, in patria, sia diversa da ogni cosa esistente quaggiù. Adesso che la vedo alla luce di ciò che i Signori cercano di fare qui, gli ideali democratici, mi rendo conto che per certi aspetti é arretrata. Comunque, ci sono i Livelli che tagliano orizzontalmente tutti gli Ordini e ranghi, dando origine alla Armonia Fondamentale del prechnoye… non so come dirlo in Galaktika. Sapere, immagino. A ogni modo ero al Primo Livello dato che ero un bambino, mentre tu eri all'Ottavo Livello e Ordine. Per ogni Livello ci sono cose che non si imparano, cose che vengono dette, che non possono venir dette o capite, finché non vi puoi partecipare. Al di sotto del Settimo Livello, credo, non si impara il Nome Vero del Mondo, o il Nome Vero del Sole… sono soltanto il mondo, cioè Werel, e il sole, praham. I Nomi Veri sono quelli vecchi, si trovano nell'Ottava Analettica dei Libri di Alterra, i libri della Colonia. Sono in Galaktika, per cui avrebbero anche un significato per i Signori di quaggiù. Ma non glieli so dire, perché non li sapevo; tutto quello che so è "sole" e "mondo" ma ciò non mi può riportare a casa, né tantomeno tu, se non ricordi quello che sapevi! Quale sole? Quale mondo? Oh, devi lasciare che ti ridiano la memoria, prech Ramarren! Non vedi?
— Come attraverso un vetro — disse Falk. — Oscuramente.
E assieme alle parole del Canone di Yaweh ricordò immediatamente, sicuro e vivido in mezzo alla sua mente frastornata il sole smagliante sulla Radura, splendente contro i balconi battuti dal vento dove si appoggiavano i rami del pergolato nella Casa della Foresta. Allora non era venuto fin qui per imparare il suo nome, ma il nome del sole, il vero nome del sole.
8
Lo strano e visibile Consiglio dei Signori della Terra era terminato. Nel separarsi da lui Abundibot gli aveva detto. — La scelta sta a te: restare Falk, nostro ospite sulla Terra, oppure rientrare in possesso di quanto ti spetta e portare a termine il tuo destino come Agad Ramarren di Werel. Vogliamo solo che tu faccia la tua scelta in piena consapevolezza. Restiamo in attesa di una tua decisione, cui ci atterremo. — Poi rivolto a Orry: — Porta in giro liberamente per tutta la Città il tuo concittadino, Har Orry e fammi sapere tutto ciò che tu o lui desiderate. — La porta scorrevole che stava alle spalle di Abundibot si aprì ed egli vi passò attraverso: la sua alta e massiccia figura svanì così all'improvviso fuori della porta che sembrò fosse stata spazzata via tutto d'un tratto. Era stato lì in carne ed ossa, oppure era stata solo una proiezione? Falk non ne era sicuro. Si chiese se avesse mai visto veri Shing, o solo ombre e immagini di Shing.
— C'è qualche posto dove possiamo passeggiare… fuori di quella porta? — chiese di botto al ragazzo, stanco dei modi indiretti e delle pareti poco concrete di quel posto, e chiedendosi inoltre quali fossero i veri limiti della loro libertà.
— Da qualsiasi parte, prech Ramarren. Fuori per strada, oppure prendiamo la slitta? O meglio, c'è un giardino in questo Palazzo.
— Va bene il giardino.
Orry lo condusse per un corridoio ampio e splendente quanto vuoto, poi, superata una porta a battenti, in una stanzetta. — Il Giardino — disse ad alta voce, e i battenti si chiusero; non ci fu sensazione di movimento, ma quando si riaprirono essi poterono uscire in un giardino. Era fuori della porta. Le pareti traslucide splendevano delle luci della Città sottostante; la luna, quasi in plenilunio, brillava velata e distorta attraverso il tetto vitreo. Il luogo era pieno di morbide luci e ombre in movimento, popolato di cespugli e tralci tropicali che si intrecciavano nei graticci o pendevano dagli alberi, mentre grappoli di fiori bianchi e purpurei addolcivano l'aria di vapore, e le foglie escludevano lo sguardo a soli pochi passi e da ogni lato. Falk si girò di botto per assicurarsi che la via d'uscita gli rimanesse sgombra alle spalle. Il silenzio caldo, pesante e odoroso aveva qualcosa d'irreale: per un momento gli sembrò che le ambigue profondità del giardino avessero alcunché di alieno e smisuratamente remoto, i colori, i toni, la complessità di un pianeta perduto, un pianeta di profumi e illusioni, di acquitrini e trasformazioni…
Sul viottolo che si snodava tra fiori ombrosi Orry si fermò a cogliere un tubicino bianco contenuto in un involucro, introducendolo tra le labbra da una delle estremità per succhiarlo avidamente. Falk era troppo assorto in altre meditazioni per prestare attenzione, ma fu il ragazzo che gli spiegò con un certo imbarazzo: — È il pariitha, un tranquillante… lo adoperano i Signori; ha un effetto molto stimolante sulla mente. Se ne vuoi anche tu…
— No, grazie. Ci sono parecchie altre cose che voglio chiederti. — Esitava, però. Queste nuove domande non potevano essere del tutto dirette. Dal "Consiglio" e dalle spiegazioni di Abundibot aveva avuto la sensazione, ricorrente e spiacevole, che l'intera faccenda fosse tutta una finzione… una rappresentazione, come ne aveva viste sui vecchi libri visivi della biblioteca del Principe del Kansas, il Sognodramma di Hain, il vecchio re pazzo, Lear, che vaneggiava in una brughiera spazzata dalle bufere. Ma il lato curioso della faccenda era la netta impressione che quella bella commedia non fosse a suo beneficio, ma a beneficio di Orry. Non capiva perché, ma aveva più volte avvertito che tutto ciò che Abundibot gli andava dicendo aveva l'unico scopo di dimostrare qualcosa al ragazzo.