— Che cosa vuoi? Qual è il tuo prezzo?
— Voglio essere riammesso — disse l’ex-esper. — Voglio essere riammesso nella Lega. Voglio sentirmi di nuovo vivo. Questo è il prezzo.
— Che cosa posso fare io? Non sono un esper. Non appartengo alla Lega.
— Hai patteggiato con me. Hai patteggiato con T8. Potresti patteggiare con la Lega. Potresti ottenere la mia riammissione.
— Impossibile.
— Tu puoi corrompere, ricattare, intimidire, lusingare, abbagliare, affascinare. Puoi farlo, Ben. Fallo per me. Aiutami, Ben. Io ti ho già aiutato una volta.
— E l’ho pagata assai cara.
— E io? Che cosa ho pagato io? — urlò Church. — Io ho pagato con la mia stessa vita.
— Tu hai pagato per la tua stupidità.
— Per l’amor di Dio, Ben, aiutami! Aiutami oppure uccidimi. Non ho fegato abbastanza per farlo io stesso.
— Non ho la possibilità di pagarti un tale prezzo, Jerry. Nessuno l’avrebbe.
— Benissimo. Ascolta. — Church strinse ancor più forte i polsi di Reich e si curvò in avanti. — Ecco quello che puoi fare. Vai alla polizia. Vai da Powell. Digli cos’è successo realmente nell’affare Swingle. Sarà una confessione compromettente, ma te la caverai Ben. Un uomo potente come te se la cava sempre. E io sarò a posto. Potrò tornare a far parte della Lega. Cosa ne dici?
Dopo una pausa Reich disse bruscamente: — Penso che la cosa migliore per te, Jerry, sarebbe il suicidio.
La telespia si ritrasse come se fosse stata improvvisamente scottata.
— Ora dimmi il prezzo — disse Reich.
Con aria decisa Church sputò sul denaro. — Da te non voglio niente — disse. Si volse e scomparve nell’ombra dello scantinato.
Finché non venne distrutta per ragioni ormai dimenticate nel tenebroso caos della fine del XX secolo, la Pennsylvania Station rappresentò, a New York City, e all’insaputa di milioni di viaggiatori, un legame tra passato e futuro. Gli abbonati che s’affrettavano giù per le scale mobili del lato orientale verso i piani inferiori raramente alzavano lo sguardo a osservare le imponenti colonne e gli archi a tutto sesto dell’interno. E i turisti che passavano attoniti e trafelati di rado sapevano che tutto quello era già esistito nel passato. E non potevano sapere che sarebbe esistito anche nel futuro. La gigantesca stazione riproduceva al suo interno le imponenti Terme di Caracalla dell’antica Roma. Tale era pure il grande palazzo di Marie Beaumont, soprannominata dai suoi numerosi nemici intimi la Mummia Dorata.
Ben Reich scendeva lentamente la scalinata orientale con il dottor T8 al fianco e l’ordigno di morte in tasca.
I suoni delle voci, della musica… lo spasimo che gli serrava il petto in un alternarsi di odio e di terrore… Paura, Tensione, Ansietà. Il miscuglio di cibi, di vini, di dorata ostentazione… Paura, Tensione…
La dorata trappola della morte, qualcosa che non succedeva più da settant’anni. Un’arte perduta, come perdute erano la flebotomia e l’alchimia. Lui avrebbe ripristinato la morte violenta. Non gli affrettati delitti degli psicopatici e dei violenti, ma il delitto perfettamente congegnato…
— In nome di Dio! — mormorò T8. — State attento. State rivelando le vostre intenzioni assassine.
Otto, amico; sette, amico…
— Così va meglio. Ecco una delle telespie che fanno da segretario alla signora Beaumont.
Un giovanotto alto e dinoccolato, molto affettato, tutto folti capelli biondi giubbetto lilla e pantaloni argentei, esclamò: — Dottor T8! Signor Reich, sono senza parola, veramente.
Sei, amico; cinque, amico…
T8 scambiò una stretta di mano con il segretario. Salve, Glas, piacere di vedervi. Abbiamo sentito la vostra mancanza alle riunioni della Lega.
Mi fa piacere che me lo diciate, ma non che non lo pensiate. Ma cosa passa per la mente del signor Reich?
Una canzoncina idiota che lo perseguita come gli slogan pubblicitari.
Come quella vecchia storia di Mark Twain su quella poesia ossessionante?
Esattamente, Reich è afflitto dallo stesso male.
Volete dire che questo grand’uomo ha veramente qualcosa di umano?
Di superumano. T8 lanciò uno sguardo misto di rispetto e di malizia al suo potente padrone.
Farsi strada tra i gruppi degli ospiti era come immergersi in un acquario tropicale. Guizzi di balenanti, iridescenti pesci umani. Tavole imbandite, simili a bianche, fredde isole di corallo. Voci simili a bolle di spuma, improvvise e gorgoglianti. L’incessante ribollire della festa ondeggiante in rapidi cerchi intorno alle celebrità della serata.
Marie Beaumont fendeva le acque, le braccia stese, gli occhi spalancati, il busto eretto, il corpo rimodellato dalla pneumochirurgia.
— Ben, carissimo! — Lo abbracciò con pneumatica intensità. — È troppo, troppo meraviglioso! Non hai ancora trovato quel milione che avevi perduto?
— L’ho proprio ora tre le braccia.
— Attenzione, Don Giovanni. Ogni istante di questo divino ricevimento verrà accuratamente registrato.
Al di sopra della spalla di lei Reich gettò un’occhiata a T8, rigido e attento come una guardia del corpo. T8 gli fece un cenno rassicurante col capo.
— Vieni che ti presento tutti quelli che vale la pena di conoscere — disse Marie prendendolo per un braccio. Con la sua voce di pavone strillò: — Avremo secoli per noi due più tardi.
La luce emanata dalle ampie volte cambiò ancora tingendosi di un altro dei colori dello spettro. E cambiarono colore anche i costumi. Le carnagioni che prima splendevano di un chiarore rosato ora s’avvolsero di una fosforescenza misteriosa.
Symon Zigerra… Jeanny von Chalk… Tom Moyse, che ancora lo odiava per quel brutto tiro che gli aveva giocato alla conferenza in onore di Tycho… Gloria Blomefield Jr., provocante come in quella domenica di settembre in cui le aveva strappato la formula Blomefield resistendole… Bill Winter… Bart Van Tuerk… Edmund Barr, che bisognava trovare il modo di ricattare… Tony Asj, che portava ancora al dito quel diamante che lui le aveva regalato quando gli si era data per riavere certe azioni della Società Stellare. Non era mai riuscita a ottenerle, ma aveva avuto il diamante. Aveva sentito dire che lo incolpava di essere sleale.
Alla sua sinistra T8 diede il segnale preordinato.
Pericolo.
Paura, Tensione, Ansietà, cominciano già. RITORNELLO: Paura, Tensione, Ansietà cominciano già.
Marie gli stava presentando l’altro suo segretario, tutto affettazione, tutto folti capelli color rame, giubbetto rosso e pantaloni blu di Prussia.
— Larry Ferrar, Ben. Larry moriva dal desiderio di conoscerti.
Quattro, amico; tre, amico…
— Signor Reich! Sono troppo emozionato. Non riesco a spiccicare parola.
Due, amico. Uno!
Il giovanotto ricambiò il sorriso di Reich e si allontanò. Mentre riprendevano il loro giro per la sala, T8 riassicurò Reich con un cenno. Di nuovo le luci mutarono colore. Sembrò che parte dei costumi degli ospiti si dissolvesse e Reich, che non aveva mai ceduto alla moda di indossare abiti con schermi ultravioletti, se ne stette tranquillo nel suo completo impenetrabile, seguendo con disprezzo i rapidi scambi di avidi sguardi intorno a lui.
T8 segnalò: Pericolo!
Tira, disse Molla…
Glas apparve a fianco di Marie. — Madame — bisbigliò — un lieve contrattempo.
— Che cosa c’è?
— Il giovane Chervil. Galen Chervil.
Il viso di T8 si contrasse.
— Ebbene? — Marie cercò di individuarlo tra la folla.
— A sinistra della fontana. È un impostore, Madame. L’ho telespiato. Non ha vinto. È uno studente che ha scommesso che sarebbe riuscito a entrare. Vuol rubare un vostro ritratto come prova.
— Un mio ritratto? — disse Marie. — Cosa pensa di me?
— È estremamente difficile sondarlo. Penso che gli piacerebbe rubarvi qualcos’altro oltre il ritratto.