— Sapete perché sono qui. Che cosa cercate di farmi… una dichiarazione d’amore? — Vibrò un gran colpo con la mano. Il vecchio barcollò e cadde in una poltrona color orchidea che pareva una ferita.
— Ascoltami, vecchio figlio di un cane. — Reich aveva seguito D’Courtney e gli stava dinanzi. — Da anni aspettavo di fare i conti con te. Aspettavo? Ardevo, addirittura, dal desiderio. Come un fuoco, come un vulcano. E ora vorresti arrestare la lava con un bacio?
— Ben — sussurrò D’Courtney atterrito. — Ben, ascolta…
— Per dieci anni mi hai stretto alla gola. Dieci anni! C’era posto abbastanza per tutti e due. La Sacramento e la D’Courtney. Tutto il posto necessario nello spazio e nel tempo. Ma tu volevi il mio sangue, il mio cuore. L’Uomo senza Volto!
D’Courtney scosse il capo sbalordito. — No, Ben, no…
— Non chiamarmi Ben. Non sono tuo amico. La settimana scorsa ti ho dato l’ultima possibilità di riabilitarti. Io, Ben Reich, ho chiesto l’armistizio. La fusione delle nostre Compagnie. Mio padre avrebbe sputato disprezzo se fosse stato vivo. Ma io ho chiesto pace, non è vero? — Reich scosse D’Courtney selvaggiamente. — Non è vero?
Il volto di D’Courteny era terreo e fisso. Finalmente sussurrò: — Sì… Io ho accettato.
— Accettato! — Reich interruppe aspro. — È questa la tua tattica? Mi hai preso per un imbecille?
Reich si curvò, a forza sollevò D’Courtney obbligandolo a stare in piedi. Il vecchio era fragile e leggero, ma il suo peso fu come fuoco per le braccia di Reich, e il contatto con la vecchia pelle gli bruciò le dita.
— Niente fusione. Niente pace. Morte. Questo il dilemma, capito?
D’Courtney scosse la testa e tentò di far cenni significativi.
— Ti vuoi arrendere?
— Sì — bisbigliò D’Courtney. — Sì, Ben. Sì.
— Non crederai di salvarti con questa buffonata! Questi sono dunque i tuoi trucchi! Fai l’idiota e noi ci caschiamo a tuo piacimento. Ma io no. Mai!
— Io non sono… tuo nemico, Ben.
— No — sibilò Reich. — Non lo sei perché sei già morto. Sei morto da quando io ho messo piede in questa bara d’orchidea. Uomo senza Volto! Mi senti gridare per l’ultima volta. Sei finito!
Reich trasse di tasca la pistola. Premette il pulsante e l’arma si schiuse come un rosso fiore d’acciaio. D’Courtney arretrò, terrorizzato. Reich lo afferrò per l’esile nuca tirando a sé la testa. Doveva far fuoco entro la bocca aperta perché il trucco funzionasse.
In quel momento uno dei petali d’orchidea si scostò e una ragazza irruppe nella stanza. In un lampo di spasmodica sorpresa Reich vide alle sue spalle un corridoio che terminava in una camera da letto spalancata, e la ragazza, capelli biondi ondeggianti, occhi scuri atterriti… un improvviso bagliore di selvaggia bellezza.
— Papà! — gridò.
E corse verso D’Courtney. Reich s’interpose rapidamente tra i due, non allentando la stretta sul vecchio. La ragazza si fermò di colpo, arretrò, poi come un fulmine aggirò Reich piombandogli addosso da sinistra, con un urlo.
Reich ruotò su se stesso, e vibrò un colpo di stiletto. Lei lo evitò, ma cadde indietro sul divano. Reich ficcò la punta dello stiletto tra i denti del vecchio aprendogli a forza le mascelle.
— No! — gridò la ragazza. — No! Papà!
Reich premette il grilletto. Si udì un colpo attutito e una goccia di sangue sprizzò dalla testa di D’Courtney. Reich abbandonò la presa e il corpo si afflosciò.
La ragazza cadde in ginocchio e si trascinò in avanti, verso il corpo. Con un gemito di dolore gli strappò la pistola di bocca, dov’era ancora. Poi si accasciò accanto a quel corpo contorto dall’agonia muta, con gli occhi fissi sul viso di cera.
Quando il rombo di tuono nelle sue orecchie si fu affievolito, Reich si lanciò verso la ragazza, tentando di riordinare il suo cervello sconvolto e di apportare fulminei mutamenti al suo piano. Mai aveva considerato la possibilità di un testimone al delitto. Nessuno aveva parlato di una figlia. Dannato T8! Ora avrebbe dovuto uccidere la ragazza…
Lei balzò in piedi, si liberò di scatto dalla sua stretta, corse alla porta intarsiata di gioielli, la spalancò e fuggì per l’anticamera.
Mentre la porta si richiudeva lentamente, Reich intravide i due guardiani accasciati ancora sulla panca e la ragazza che scompariva per le scale con la pistola in mano… Con la rovina in mano.
Il sangue intorpidito cominciò a scorrergli di nuovo per le vene. Raggiunse la porta, si precipitò giù per i gradini e si trovò nella Galleria. Era vuota, ma la porta che dava sul corridoio si stava richiudendo proprio allora. E ancora quel silenzio. Ancora nessun grido d’allarme. Quanto tempo sarebbe passato prima che quella ragazza si mettesse a urlare fcendo fremere la casa intera?
Attraversò la Galleria con la velocità d’una freccia ed entrò nel corridoio. Era ancora buio pesto. Inciampando e barcollando riuscì a raggiungere la sommità della sala di musica, e si fermò di nuovo. Poi discese gli scalini. Il buio e il silenzio erano spaventosi. Perché la ragazza non urlava? Dov’era?
Reich passò sotto l’arco e comprese dal quieto mormorio delle fontane di essere sulle soglie del salone principale. Dov’era la ragazza? In tutto quel nero silenzio dove mai si era ficcata? E l’arma! Maledizione! L’arma camuffata!
Una mano gli prese il braccio. Reich trasalì, allarmato. T8 disse in un bisbiglio: — Sono stato all’erta. Ci avete messo esattamente…
— Zitto, telespia maledetta! — sbottò Reich. — C’era una figlia. Perché non…
T8 mormorò: — Lasciate che capti tutto da me. — Dopo quindici secondi di ardente silenzio cominciò a tremare. Con voce atterrita gemette: — Mio Dio!
Il suo terrore agì da dissolvente. Reich ritrovò il dominio di sé. Cominciò a coordinare i suoi pensieri di nuovo. — Zitto — grugnì. — Non è ancora la Disintegrazione…
— Dovrete uccidere anche lei, Reich. Dovrete…
— Trovatela. Battete la casa. Avete captato in me i suoi connotati mentali. Identificate il luogo dove si trova. Vi aspetterò alla fontana. Presto!
Diede una spinta a T8 e barcollando si accostò alla fontana. Si curvò sul bordo di diaspro e immerse il viso ardente nell’acqua. Bisognava trovare la ragazza e ucciderla subito. Se avesse avuto ancora la pistola quando T8 l’avesse trovata, si poteva usare la pistola. E in caso contrario? Strangolarla? No, la fontana. Sarebbe stata trovata annegata nella vasca… Ma bisognava agire subito, prima che quel dannato gioco della Sardina finisse. Dov’era T8? Dov’era la ragazza?
T8 giunse, a tentoni nell’oscurità, ansante.
— Ebbene?
— Scomparsa.
— Non l’avete cercata bene.
— Vi assicuro che non avverto in nessun posto la sua presenza psichica.
— Nessuno l’ha vista uscire?
— No.
— Maledizione!
— Faremmo meglio ad andarcene anche noi!
— Non possiamo farlo subito. Una volta usciti di qui avremmo tutto il resto della notte per rintracciarla, ma non possiamo andarcene ora. Darebbe troppo nell’occhio. Dov’è Marie?
— Nella sala di proiezione.
— Assiste a un Panty?
— No. Stanno ancora giocando a Sardina. Sono accatastati là come pesci in un barile. Siamo ormai gli ultimi a starcene qui in giro.
— A vagare soli nel buio, eh? Venite.
Afferrò il braccio tremante di T8 e lo guidò verso la sala di proiezione. Avanzando chiamò con voce lamentosa: — Ehi! Dovete siete tutti? Marie!
T8 emise un singhiozzo isterico. Reich lo scosse rudemente. — Fate la vostra parte, su! In cinque minuti saremo fuori di qui. Allora potrete lamentarvi a piacer vostro.
— Se trovano il corpo prima che usciamo, siamo perduti.
— Chi lo può trovare?
— Ancora no, per cinque minuti. Sono fuori del mondo. Completamente fuori, ve l’assicuro.
— Ci sono i servi.
— Ma non usciranno dalle loro stanze finché il gioco non sarà finito. Vi assicuro che in cinque minuti saremo al sicuro.