«È proprio questo il problema. Il suo ultimo rapporto risale a tre giorni fa, ma una tempesta ha interrotto le comunicazioni. Perciò non c’era di che preoccuparsi. Oggi però la tempesta è finita, ma ancora nessuna comunicazione. E adesso ci sono voci di un’epidemia, morti e rivolte da quelle parti. Forse un attacco dei ribelli.»
Kat sgranò gli occhi.
«Logan sta convocando tutti al comando.»
La donna scivolò giù dal letto e prese i suoi vestiti. «Cosa potrebbe essere?»
«Niente di buono, questo è sicuro.»
Copenhagen, Danimarca,
ore 09.22
«C’è un accesso al piano superiore?» chiese Gray.
Fiona fissava la saracinesca chiusa, con gli occhi spalancati e un’espressione impassibile. Era chiaramente sotto shock.
«Fiona…» Gray le girò attorno e le si avvicinò, naso contro naso, riempiendo il suo campo visivo. «Fiona, dobbiamo scappare.»
Dietro di lei, la tempesta di fuoco si diffondeva rapidamente, alimentata dalle cataste di libri e dagli scaffali di legno di pino. Le fiamme erano arrivate a lambire il soffitto. Il fumo si avviluppava e si dipanava lungo il tetto. Gli sprinkler continuavano a gocciolare acqua tiepida, aggiungendo vapore alla cappa tossica.
Il calore aumentava a ogni respiro. Eppure, quando Gray prese le mani di Fiona tra le sue, la sentì rabbrividire e tremare da capo a piedi. Ma perlomeno il contatto la costrinse a concentrare lo sguardo su di lui.
«C’è un accesso al piano superiore?»
Fiona guardò su. Una cappa di fumo oscurava le lamiere del soffitto. «Qualche vecchia stanza. Una soffitta…»
«Sì, perfetto. Possiamo arrivarci?»
Lei scosse la testa, dapprima lentamente, poi più vigorosamente, rianimata dal pericolo. «No, le uniche scale sono» — indicò vagamente il fuoco — «sul retro.»
«All’esterno?»
Lei annuì. Un turbinio di cenere infuocata li avvolse in una spirale, mentre il muro di fuoco avanzava. Gray imprecò tra sé. Sicuramente una volta c’era una scala interna, prima che l’edificio fosse suddiviso tra bottega al piano terra e stanze al piano di sopra. Adesso avrebbe dovuto improvvisare.
«Avete un’ascia?» chiese.
Fiona scosse la testa.
«E un piede di porco? Qualcosa che usate per aprire le casse o le scatole?»
Fiona si rincuorò e annuì. «Vicino al registratore di cassa.»
«Resta qui.» Gray avanzò appiattendosi contro la parete di sinistra, il percorso più sgombro verso la cassa. Il fuoco non era ancora arrivato lì.
Fiona lo seguì.
«Ti ho detto di restare indietro.»
«Io so dov’è quel piede di porco di merda», ribatté lei, brusca.
Gray riconobbe il terrore che si nascondeva dietro la rabbia. Era comunque un miglioramento rispetto allo shock e alla paralisi di qualche istante prima. E in più si accompagnava bene alla sua, di collera, quella verso se stesso. Prima si era fatto pedinare dalla ragazza, poi, come se non bastasse, si era fatto intrappolare da alcuni sicari. Si era lasciato distrarre troppo dal pensiero di Sara, aveva sottovalutato la missione e così non era soltanto la sua vita a essere in pericolo.
Fiona gli passò davanti, con gli occhi arrossati e tossendo per il fumo. «È qui.» Si sporse sopra la scrivania, allungò la mano dietro di essa e sollevò una lunga sbarra d’acciaio verde.
«Andiamo.» Gray fece strada verso le fiamme che avanzavano. Si tolse il maglione di lana e lo scambiò col piede di porco. «Bagna il maglione. Inzuppalo per bene con quello Sprinkler. E bagnati anche tu.»
«Cosa hai intenzione di fare?»
«Costruirci una scala.»
Gray montò su una delle scalette vicino agli scaffali e si arrampicò, guardando in alto, tra le spirali di fumo. Persino l’aria bruciava. Spinse una delle lamiere del soffitto col piede di porco. Fu facile smuoverla e spostarla da un lato. Come sperava, era un controsoffitto a sbalzo, che nascondeva il pavimento di travi e tavole del piano superiore.
Arrampicatosi in cima alla scaletta, Gray si appollaiò sopra l’ultimo scaffale della libreria. Da quella posizione infilò tra due tavole il piede di porco, che penetrò a fondo. Spinse con la spalla e fece leva. La sbarra d’acciaio squarciò il legno decrepito. Tuttavia, dal varco che riuscì ad aprire sarebbe passato a malapena un topo.
Con gli occhi che gli lacrimavano e gli bruciavano, Gray chinò il capo. Gli venne un attacco di tosse devastante. Non andava bene. Sarebbe stata una gara tra il piede di porco e il fumo. Gray diede un’altra occhiata al fuoco, che divampava selvaggiamente, mentre il fumo sgorgava sempre più denso.
Di quel passo non ce l’avrebbe mai fatta.
Il suo sguardo fu attratto da un movimento sotto di lui. Fiona si era arrampicata sulla scaletta. Aveva trovato un fazzoletto, l’aveva imbevuto d’acqua e se l’era avvolto sul volto come un bandito, travestimento che le si addiceva molto.
Teneva sollevato il maglione di lana fradicio. Si era inzuppata anche lei e sembrava si fosse rimpicciolita, come un pulcino bagnato. Gray si rese conto che aveva meno dei diciassette anni che le aveva dato. Non poteva averne più di quindici. Aveva gli occhi arrossati dal panico, ma anche luccicanti di speranza: sembrava si fidasse ciecamente di lui.
Gray detestava che le persone riponessero in lui una fiducia del genere… perché funzionava sempre.
Si legò le maniche del maglione attorno al collo e si lasciò penzolare il resto sulla schiena. Sollevò un lembo di lana bagnata per coprirsi la bocca e il naso, isolandosi in qualche misura dall’aria satura di fuliggine.
Mentre l’acqua gli inzuppava la schiena, Gray s’inginocchiò di nuovo, pronto ad attaccare le cocciute tavole di legno. Percepiva la presenza di Fiona sotto di lui e quindi la propria responsabilità.
Esaminò lo spazio fra il controsoffitto e le travi, alla ricerca di qualche altra via di fuga. Tutt’attorno, tubi e fili s’incrociavano a casaccio, evidentemente aggiunti un po’ alla volta dopo che la casa su due livelli era stata sezionata in un negozio al piano terra e un appartamento al piano superiore. Gli ultimi interventi apparivano scadenti. Era chiara la differenza tra la perizia artigianale di un tempo e la trascurata edilizia moderna.
Guardando attentamente, Gray individuò un’interruzione nella sequenza uniforme di travi e tavole. Una sezione separata, di un metro per un metro, incorniciata da rinforzi più spessi. La riconobbe immediatamente. Ci aveva visto giusto, prima. Quella cornice indicava l’apertura dove un tempo passava la scala interna, poi demolita. Ma con quanta attenzione era stata sigillata?
C’era solo un modo per scoprirlo.
Gray si alzò in piedi sulla libreria e ci camminò sopra, come su un’asse d’equilibrio, dirigendosi verso l’apertura. Era solo a qualche metro di distanza, ma bisognava addentrarsi ancora di più nel retrobottega, verso le fiamme.
«Dove vai?» gli chiese Fiona, dalla sua postazione in cima alla scaletta.
Gray non aveva abbastanza fiato per fornire spiegazioni. A ogni passo, il fumo diventava più soffocante, la temperatura era a livelli da altoforno. Finalmente raggiunse il punto sottostante la tromba delle scale murata.
Guardando giù, vide che gli scaffali più bassi della libreria cominciavano a fumare. Aveva raggiunto il fronte dell’incendio.
Non c’era tempo da perdere.
Trovato un appoggio, scaraventò verso l’alto il piede di porco.
La punta penetrò facilmente tra le tavole di legno più sottili. Non c’era altro che truciolato e piastrelle di vinile. Un lavoro scadente, come sperava.
Gray si mise al lavoro col piede di porco, dandoci dentro come una macchina, nell’aria infuocata e nel calore rovente. Ben presto riuscì a creare un’apertura abbastanza ampia da poterci passare.
Ci gettò dentro il piede di porco, che atterrò al piano di sopra con fragore. Si voltò verso Fiona e le fece cenno di raggiungerlo.