«Ecco», disse Gray, chinandosi. Si spalmò il sangue in viso e prese in braccio Fiona. Sollevandola, si mise a gridare in danese: «Bomba!»

Gli scoppi si alternavano alle sue urla tonanti.

«Grida», bisbigliò all’orecchio di Fiona, poi risollevò il volto cosparso di sangue. Tra le sue braccia, Fiona si mise a guaire e strillare in agonia.

«Bomba!» urlò di nuovo Gray.

La gente cominciò a voltarsi verso di lui, mentre i fuochi d’artificio continuavano a esplodere. Il sangue fresco luccicava sulle guance di Gray. Dapprima nessuno si mosse. Poi, come quando cambia la marea, una persona arretrò, scontrandosi con un’altra. Si levarono grida e richiami confusi. Sempre più gente cominciò a scappare.

Gray si mescolò a quelli che scappavano in preda al panico.

Fiona piangeva, si dimenava e agitava un braccio, gocciolando sangue dalle dita.

La confusione si alimentò come un incendio. I fuochi d’artificio scemarono e sul percorso della parata si moltiplicarono le grida di terrore. Per ogni persona che scappava, altre due si mettevano in fuga sulla sua scia.

La crescita era esponenziale: quello che inizialmente era un esiguo deflusso divenne una fiumana di piedi che calpestavano il selciato, in fuga verso l’uscita.

Gray si lasciò trasportare, con Fiona tra le braccia. Pregò che nessuno fosse calpestato, ma fino a quel momento il panico non era eccessivo. Cessato il fragore dei fuochi d’artificio, regnava la confusione, più che il terrore. Tuttavia, il deflusso della folla verso il cancello principale stava accelerando.

Gray mise giù Fiona, liberando le braccia. Si asciugò il viso con la manica della giacca Armani. Fiona rimase al suo fianco, tenendo stretta la sua cintura con una mano, per restare agganciata a lui in mezzo alla ressa. Gray indicò il cancello con un cenno del capo. «Se succedesse qualcosa, corri e non ti fermare.»

«Non so se ci riesco. Il fianco mi fa un male cane.»

Gray notò che Fiona zoppicava.

Più avanti, vide gli agenti di sicurezza che cercavano di controllare il deflusso della folla attraverso il cancello, evitando che qualcuno restasse schiacciato nella calca. Guardando meglio, vide un paio di guardie ferme a lato; era lampante che non stavano aiutando le altre a controllare la ressa. Un uomo e una donna, biondi come la neve. Erano i due compratori dell’asta. Travestiti da guardie, sorvegliavano il cancello, entrambi con una mano sul fodero della pistola.

Per un istante, gli occhi della donna si posarono sui suoi, in mezzo alla folla, ma passarono oltre. Poi tornarono a fissarlo.

L’aveva riconosciuto.

Gray cominciò a far marcia indietro nella calca, lottando contro la corrente.

«Cosa fai?» chiese Fiona, schiacciata tra lui e la massa di gente.

«Dobbiamo trovare un’altra uscita.»

«Come?»

Gray si spostò di lato, perché era troppo difficile andare dritto controcorrente. Alla fine riuscì a liberarsi. A quel punto aveva attorno soltanto una manciata di persone.

Gli serviva una copertura migliore.

Erano arrivati ai margini del viale della parata, ormai deserto. I carri si erano fermati, con le luci ancora accese, ma senza musica. Evidentemente il panico aveva contagiato anche gli operatori dei carri, che erano fuggiti, abbandonando le loro vetture. Anche gli agenti di sicurezza se n’erano andati, diretti al cancello.

Gray vide che la cabina di uno dei carri aveva la portiera aperta. «Da questa parte.»

Sopra la cabina giganteggiava un fantoccio illuminato: Gray riconobbe il personaggio del brutto anatroccolo, della favola di Hans Christian Andersen.

Corsero sotto una delle ali sollevate e illuminate da luci gialle intermittenti. Evidentemente quelle ali erano fatte per muoversi. Gray aiutò Fiona a entrare nella cabina, aspettandosi uno sparo nella schiena da un momento all’altro. Salì dopo di lei e chiuse la portiera, cercando di non fare rumore.

Guardando fuori dal parabrezza, notò che dalla folla era emerso un uomo vestito di nero: l’assassino di Grette. Non si curava nemmeno di nascondere il fucile a canne mozze, tanto l’attenzione delle persone era concentrata esclusivamente sull’uscita. L’uomo girava attorno alla folla in fuga, guardando verso il lago e il viale della parata.

Gray e Fiona si abbassarono.

L’uomo passò a pochi metri di distanza e proseguì lungo la fila di carri abbandonati.

«Per un pelo», sussurrò Fiona. «Dovremmo…»

«Zitta.» Gray le posò un dito sulle labbra, urtando una leva col gomito. Si sentì uno scatto.

Gli altoparlanti nascosti dentro il fantoccio cominciarono a blaterare: Quack! Quack! Quack! Quack!

Il brutto anatroccolo si era risvegliato. E tutti se ne accorsero.

Trenta metri più in là, l’assassino si voltò.

Non potevano più nascondersi.

Improvvisamente il motore brontolò. Con la coda dell’occhio, Gray vide Fiona che si assestava sul sedile, premendo la frizione.

«Ho trovato la chiave nel quadro», spiegò la ragazza, innestando la marcia.

Il carro si mise in moto, uscendo dalla fila.

«Fiona, è meglio che gui…»

«Tu hai guidato l’ultima volta e guarda dove siamo finiti.» Puntò dritto verso l’uomo col fucile a canne mozze. «In più, ho un conto in sospeso con questo bastardo.»

L’aveva riconosciuto anche lei, quindi. L’uomo che aveva assassinato sua nonna non fece in tempo a sollevare il fucile, che lei aveva già messo la seconda. Andò a tutta birra verso di lui, incurante della minaccia.

Gray cercò di aiutare in qualche modo, guardandosi attorno. C’erano così tante leve…

L’assassino sparò.

Gray trasalì, ma Fiona aveva già sterzato, giocando d’anticipo. Il colpo finì su un angolo del parabrezza, creando una raggiera di crepe. Fiona raddrizzò il volante, cercando di investire l’uomo.

La sterzata improvvisa sbilanciò il carro di lato, facendo staccare due ruote da terra.

«Tieniti forte!» lo avvertì Fiona.

Il carro ricadde pesantemente sulle quattro ruote, ma nel frattempo l’uomo era riuscito a scattare a sinistra e stava già preparando il fucile, per sparare a distanza ravvicinata al passaggio del carro.

Non avevano abbastanza tempo per evitarlo. Concentrandosi nuovamente sulla schiera di leve, Gray afferrò quella più a sinistra. Era logico. La tirò con forza, mettendo in moto una serie di ingranaggi. L’ala sinistra dell’anatroccolo, sollevata fino a un istante prima, scese di colpo. Finì sul collo dell’assassino, stritolandolo e spezzandogli le vertebre. L’uomo fu sollevato di peso e poi gettato a terra.

«Vai al cancello!» suggerì Gray.

Il brutto anatroccolo aveva avuto la sua prima razione di sangue.

Quack! Quack! Quack! Quack!

Il richiamo aprì un varco tra la folla, che si disperse ai lati della traiettoria del carro. Le guardie, comprese quelle travestite, furono allontanate dalla calca. Il cancello di servizio accanto all’entrata principale era spalancato per facilitare il deflusso della gente in fuga.

Fiona puntò in quella direzione.

L’anatroccolo lo attraversò con un gran fragore, perdendo la mortale ala sinistra. La cabina sussultò e un istante dopo erano sulla strada. Fiona accelerò.

«Gira alla prossima», disse Gray, indicando una strada.

Lei obbedì, scalando in curva come una professionista, e l’anatroccolo girò in volata.

Dopo altre due svolte, Gray la invitò a rallentare. «Non possiamo andare avanti con questo coso. Dà troppo nell’occhio.»

«Dici?» Fiona lo guardò di traverso e scosse la testa, esasperata.

Gray trovò una grossa chiave inglese in una cassetta degli attrezzi. Fece fermare Fiona in cima a una salita e le fece cenno di scendere. Passando al posto di guida, premette la frizione, incastrò la chiave contro l’acceleratore e saltò giù sul marciapiede.

Il brutto anatroccolo partì, lampeggiando e sbattendo contro le auto parcheggiate mentre volava giù per la discesa. Dovunque andasse ad appollaiarsi, l’incidente avrebbe distratto i loro eventuali inseguitori.


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