L’impiegato prese il libro e lo sfogliò, senza riconoscerlo. «Una Bibbia? Non consentiamo di fare proselitismo, qui all’ostello.» Chiuse il libro e lo fece scivolare verso Fiona. «Inoltre mio padre è ebreo.»

Visto che ormai avevano vuotato il sacco, Gray procedette in modo più diretto. «Questa Bibbia apparteneva a Charles Darwin. Crediamo che un tempo facesse parte della biblioteca della sua famiglia. Vorremmo fare a suo padre qualche domanda in proposito.»

Il giovane guardò la Bibbia con un atteggiamento più serio. «La collezione è stata venduta prima che mio padre rilevasse la tenuta. Io non l’ho mai vista. Ho sentito dire dai vicini che era appartenuta alla mia famiglia per secoli.»

Girò attorno al bancone della reception e fece strada, passando davanti al camino e attraversando un arco per entrare in una sala adiacente. Una parete aveva una serie di finestre alte e sottili, che conferivano alla stanza un’atmosfera da chiostro. La parete opposta ospitava un camino abbastanza grande da poterci entrare in piedi. C’erano file di tavoli e panche nella sala, che era vuota, a parte la signora anziana col grembiule che stava spazzando il pavimento.

«Questa sala era l’antica biblioteca di famiglia, ora è il refettorio dell’ostello. Mio padre si è rifiutato di vendere la proprietà, ma c’erano tasse arretrate da pagare. Immagino che la biblioteca sia stata venduta per lo stesso motivo, mezzo secolo fa. Mio padre ha dovuto mettere all’asta gran parte dell’arredamento originario. Con ogni generazione scompare un frammento di storia.»

«Un peccato», commentò Gray.

L’impiegato annuì e cominciò ad allontanarsi. «Vado a chiamare mio padre. Vediamo se è disposto a parlare con voi.»

Qualche minuto dopo, il giovanotto fece loro cenno di raggiungerlo presso una porta a due battenti, da cui si accedeva alla zona privata della tenuta.

Mentre li accompagnava nella parte posteriore della casa, si presentò come Ryan Hirszfeld. Li condusse a una serra di vetro e bronzo, con felci in vaso e bromeliacee lungo le pareti. Su un lato della serra c’erano scaffali sfalsati carichi di campioni vegetali assortiti, alcuni dei quali sembravano erbacce. Contro il lato posteriore si ergeva una palma, con la chioma rasente il soffitto di vetro e qualche fronda ingiallita per mancanza di cure. L’intera serra dava l’idea di essere trascurata e lasciata a se stessa, sensazione acuita dall’acqua che gocciolava in un secchio, da una crepa in una delle finestre.

Al centro, un uomo malaticcio era seduto su una sedia a rotelle, con una coperta sulle gambe, e guardava fuori, verso il cortile sul retro. La pioggia scivolava lungo le superfici esterne, facendo apparire incorporeo e irreale il mondo al di là dei vetri.

Ryan si avvicinò all’uomo con un atteggiamento quasi timido. «Vater. Hier sind die Leute mit der Bibel.»

«Auf Englisch, Ryan, auf Englisch.» L’uomo spinse la carrozzina, facendo perno su una ruota, per voltarsi verso di loro. Aveva una pelle sottilissima e un sibilo nella voce. Probabilmente soffriva di enfisema, pensò Gray.

Ryan, il figlio, aveva un’espressione addolorata. Gray si chiese se ne fosse consapevole.

«Sono Johann Hirszfeld», disse il vecchio. «E così siete venuti a indagare sull’antica biblioteca. Certo che se ne stanno interessando in molti, ultimamente. Non una parola per decenni e adesso due volte in un anno.»

Gray ricordò ciò che gli aveva raccontato Fiona sul signore anziano che era andato alla libreria di Grette a consultare gli archivi. Doveva aver visto la ricevuta e seguito quella traccia sino a lì, come loro.

«Ryan dice che avete uno dei libri.»

«La Bibbia di Darwin», disse Gray.

Il vecchio protese le mani. Fiona fece un passo avanti e gli consegnò il libro. Lui se lo mise in grembo. «Non la vedo da quando ero ragazzo.» Diede uno sguardo al figlio. «Danke, Ryan. È meglio che torni a occuparti della reception.»

Ryan annuì e, riluttante, fece un passo indietro; poi si girò e se ne andò.

Johann attese che suo figlio chiudesse la porta della serra, quindi sospirò, guardando nuovamente la Bibbia. Aprì la copertina ed esaminò l’albero genealogico della famiglia Darwin. «Questo era uno dei beni cui mio padre teneva di più. La Bibbia è stata donata al mio bisnonno nel 1901 dalla British Royal Society. All’epoca mio bisnonno era un insigne botanico.»

Gray sentì una certa malinconia nella voce dell’uomo.

«La nostra famiglia ha una lunga tradizione di studi e scoperte in campo scientifico. Nulla di paragonabile a Herr Darwin, ma ci siamo guadagnati qualche nota a piè di pagina.» Il suo sguardo vagò nuovamente verso l’esterno, sulla tenuta battuta dalla pioggia. «Ormai è tutto finito da un pezzo. Ora credo che dovremo accontentarci di essere noti come albergatori.»

«A proposito della Bibbia, ci può raccontare qualcos’altro? La collezione è sempre stata qui?»

«Natürlich. Quando qualcuno dei miei parenti andava all’estero per motivi di ricerca, a volte portava con sé alcuni dei libri. Ma questo libro ha lasciato la casa solo una volta. Lo so soltanto perché ero presente quando è stato rispedito per posta da mio nonno. La cosa ha creato un gran clamore.»

«Perché?»

«Immaginavo che me lo avrebbe chiesto. È per questo che ho fatto uscire Ryan: è meglio che non sappia.»

«Chiesto che cosa?»

«Mio nonno Hugo lavorava per i nazisti, così come mia zia Tola. Quei due erano inseparabili. In seguito ho scoperto, tramite voci sussurrate con indignazione tra i miei parenti, che erano coinvolti in un qualche progetto segreto di ricerca. Entrambi erano biologi illustri e rinomati.»

«Che tipo di ricerca?» chiese Monk.

«Nessuno lo ha mai saputo. Sia mio nonno sia zia Tola sono morti alla fine della guerra. Ma un mese prima è arrivata una cassa inviata da mio nonno. Conteneva la parte della biblioteca che aveva portato con sé. Forse sapeva che il suo destino era segnato e voleva preservare quei libri. Cinque libri, per la precisione.» L’uomo picchiettò la Bibbia. «Questo era uno di quei libri, anche se nessuno è stato in grado di spiegarmi che cosa se ne facesse della Bibbia come strumento di ricerca.»

«Forse era per sentirsi a casa», disse Fiona, a bassa voce.

Johann sembrò accorgersi finalmente della ragazza. Annuì lentamente. «Forse. Magari rappresentava un legame con suo padre, una specie di approvazione simbolica per quello che stava facendo.» Il vecchio scosse la testa. «Lavorare per i nazisti, che mestiere orribile…»

Gray ricordò ciò che aveva detto Ryan. «Un momento: ma lei è ebreo, vero?»

«Sì, ma deve sapere che la famiglia della mia bisnonna, la madre di Hugo, era pura e aveva legami col partito nazista. Perciò, quando sono cominciate le persecuzioni di Hitler, la nostra famiglia è stata risparmiata. Eravamo Mischlinge, mezzosangue. Abbastanza tedeschi per evitare una sentenza di morte. Ma, per provare la propria fedeltà, mio nonno e mia zia finirono per essere reclutati dai nazisti, che stavano raccogliendo scienziati come scoiattoli in cerca di nocciole.»

«Perciò sono stati costretti a collaborare», osservò Gray.

Johann concentrò lo sguardo sul temporale. «Erano tempi complicati. Mio nonno aveva qualche credenza strana.»

«Per esempio?»

Johann parve non aver sentito la domanda, aprì la Bibbia e ne sfogliò le pagine. Gray notò gli appunti scritti a mano. Fece un passo avanti e indicò alcuni di quei segni confusi.

L'ordine del sole nero pic_12.jpg

«Ci chiedevamo cosa fossero questi», disse.

«Conoscete la società di Thule?» chiese il vecchio, come se non avesse sentito la domanda.

Gray scosse la testa.

«Era un gruppo estremista di nazionalisti tedeschi. Mio nonno ne era membro dall’età di ventidue anni perché la famiglia di sua madre aveva legami coi fondatori. Credevano profondamente nella filosofia dell’Übermensch.»


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