Mentre il gruppo di turisti si allontanava, la voce della guida si confuse alle chiacchiere dei pochi altri visitatori, tutti in cerca di un riparo dal temporale.
Monk era accanto a Fiona. Ryan era andato a chiamare il direttore. Monk si chinò per esaminare uno degli abominevoli Totenkopf Ring in mostra, gli anelli d’argento conferiti agli ufficiali delle SS. Vi erano incisi un teschio con le ossa incrociate e rune.
Nella piccola sala erano esposti anche altri oggetti: modellini, fotografie con scene di vita quotidiana, accessori delle SS, oltre a una piccola e strana teiera appartenuta a Himmler, decorata con una runa a forma di sole.
«Ecco il direttore.» Monk indicò con un cenno del capo un signore tarchiato, accompagnato da Ryan.
L’uomo dimostrava quasi sessant’anni, aveva i capelli brizzolati e portava un abito nero stropicciato. Mentre si avvicinava, si tolse un paio di occhiali da vista e allungò l’altra mano verso Gray. «Dottor Dieter Ulmstrom, direttore dello Historisches Museum des Hochstifts Paderborn. Willkommen.» L’espressione tormentata dell’uomo contraddiceva quel benvenuto. «Il nostro giovane Ryan mi ha spiegato che siete venuti a fare ricerche su alcune rune trovate in un libro antico. Davvero affascinante.»
Ancora una volta, sembrava più seccato che affascinato.
«Non la tratterremo a lungo», disse Gray. «Ci chiedevamo se ci potesse aiutare a identificare una particolare runa e il suo significato.»
«Certamente. Se c’è una cosa che il direttore del museo di Wewelsburg deve conoscere a menadito è la scienza delle rune.»
Gray fece cenno a Fiona di passargli la Bibbia di Darwin. Aprendo la copertina posteriore, Gray porse il libro all’uomo. Il dottor Ulmstrom si rimise gli occhiali e studiò la runa apposta a mano da Hugo Hirszfeld sulla terza di copertina.
«Posso esaminare il libro?»
Dopo una breve esitazione, Gray acconsentì.
Il direttore sfogliò rapidamente le pagine, soffermandosi su alcuni degli scarabocchi. «Una Bibbia… che strano…»
«Il simbolo in fondo», lo incalzò Gray.
«Naturalmente. È la Menschrune.»
«Mensch», disse Gray. «Come ‘umanità’ in tedesco.»
«Ja. Noti la forma: una figura stilizzata senza testa.» Il direttore sfogliò le pagine all’indietro. «Il bisnonno di Ryan sembrava davvero fissato sui simboli associati al Padre di tutte le cose.»
«Che cosa intende?»
Ulmstrom indicò uno degli scarabocchi sulle pagine interne della Bibbia.
«Questa è la runa corrispondente alla K, detta anche cen in lingua anglosassone. È una runa antica che rappresentava l’uomo in modo rudimentale, con due sole braccia alzate. E qua c’è l’immagine speculare della stessa runa.» Sfogliò alcune pagine e indicò un altro simbolo.
«I due simboli sono come due facce della stessa medaglia. Yin e yang, maschio e femmina, luce e oscurità.»
Gray ricordava le sue conversazioni con Ang Gelu, il monaco buddista, il quale sottolineava che tutte le società sembravano ossessionate da quel dualismo. Quei pensieri stuzzicarono la sua preoccupazione per Painter Crowe. Non c’erano ancora notizie dal Nepal.
Monk rimise in carreggiata la conversazione. «Cosa c’entrano queste rune con quel tìzio, il Padre delle cose?»
«Sono tutti e tre collegati, simbolicamente. Molti ritengono che la grande runa, la Menschrune, rappresenti il dio Thor, portatore di vita e di uno stato più elevato dell’essere, ciò che tutti noi aspiriamo a divenire.»
«E queste due rune precedenti, le rune K, formano le due metà della Menschrune», osservò Gray.
«Eh?» grugnì Monk.
«Così», disse Fiona, che aveva capito. Con un dito tracciò un disegno nella polvere, sul ripiano di una vetrina. «Metti assieme le rune con due braccia per formare la Menschrune, come in un puzzle.»
«Sehr gut», disse il direttore, indicando con un dito le prime due rune. «Queste rappresentano l’uomo comune, incompleto, che si unisce per formare il Padre di tutte le cose, un essere supremo.» Ulmstrom restituì la Bibbia a Gray e scosse la testa. «Sembra proprio che queste rune fossero diventate un’ossessione per il bisnonno di Ryan.»
Gray fissava il simbolo sulla terza di copertina. «Ryan, il tuo bisnonno era un biologo, giusto?»
Il ragazzo sembrava nervoso e spaventato da tutto ciò. «Sì, come zia Tola.»
Gray sapeva che i nazisti erano sempre stati affascinati dal mito del superuomo, il Padre di tutte le cose dal quale presumevano che discendesse la razza ariana. Tutti quegli scarabocchi erano forse soltanto la dichiarazione della fede di Hugo in quel dogma nazista? Gray credeva di no. Ricordava come Ryan aveva descritto gli appunti del bisnonno, la crescente disillusione dello scienziato e poi il biglietto scritto alla figlia, l’accenno a un segreto, una verità troppo bella per lasciarla morire e troppo mostruosa per essere rivelata.
Da un biologo a un’altra biologa.
Gray intuiva che tutto era collegato: le rune, il Padre di tutte le cose, una ricerca abbandonata da tempo… Qualunque fosse il segreto, sembrava che qualcuno fosse disposto a uccidere per proteggerlo.
Ulmstrom continuò: «La Menschrune rivestiva particolare interesse anche per i nazisti, che la ribattezzarono Lebensrune».
«La runa della vita?» chiese Gray, tornando a concentrarsi sul presente.
«Esatto. La usarono persino per rappresentare il programma Lebensborn.»
«E che cos’è?» chiese Monk.
Fu Gray a rispondergli. «Un programma nazista per la riproduzione: vivai per generare bambini biondi e con gli occhi azzurri.»
Il direttore annuì. «Ma, come per il dualismo della runa K, anche la Lebensrune ha la sua immagine speculare.» Fece cenno a Gray di rovesciare la Bibbia, capovolgendo il simbolo. «Alla rovescia, la Lebensrune diventa il suo contrario: la Totenrune.»
Monk guardò perplesso Gray, che tradusse: «La runa della morte».
Himalaya,
ore 13.31
La morte si avvicinava, secondo dopo secondo.
0:55
Painter si alzò con in mano il timer da polso dell’assassina. «Non c’è tempo per andarsene a piedi. Non usciremmo mai dall’area dell’esplosione.»
«E quindi?» chiese Anna.
«L’elicottero», disse Painter, indicando la finestra. L’A-Star che avevano usato per arrivare lì era ancora fermo fuori dal castello, col motore acceso.
«Devo avvertire gli altri», affermò Anna, dirigendosi al telefono.
«Keine Zeit», abbaiò Gunther, fermandola. L’uomo prese il suo fucile d’assalto, un Bullpup A-91 russo. Con l’altra mano tirò fuori una cartuccia a granata dalla cintura e la caricò nel lanciarazzi da 40mm del fucile. «Hier!» Si diresse a grandi passi alla massiccia scrivania di Anna. «Schnell!»
Col braccio disteso, puntò il fucile verso la finestra sprangata della stanza.
Painter prese Lisa per mano e corse a ripararsi. Anna li seguì. Gunther fece fuoco e dall’arma esplose un getto di gas.
Si gettarono tutti dietro la scrivania.
Gunther prese sua sorella per la vita e la fece rotolare sotto di sé. La granata scoppiò con una detonazione assordante. L’onda d’urto spostò la scrivania di almeno trenta centimetri, mentre la parte anteriore fu tempestata di frammenti di pietra e vetro. I quattro furono sommersi dalla polvere e dal fumo.