Apro la bocca per dire che io ho davvero fatto tardi al lavoro ed è per questo che sono arrivato tardi qui, ma Danny ha fatto un passo avanti. L'uomo dietro il bancone di colpo si raddrizza e pare allarmato; comunque Danny sta guardando l'uomo accanto alla porta.
— Ciao, Fred — dice con voce lieta, come se avesse incontrato un amico. Ma in sottofondo c'è uno strano filo di acciaio nella sua voce. — Come te la passi di questi tempi?
— Ah… bene, signor Bryce. Mi mantengo pulito.
A me non pare. Ha macchie nere sulle mani e le unghie sporche; anche i suoi calzoni e la camicia sono macchiati.
— Bravo Fred, bravo. Guarda, a questo mio amico hanno vandalizzato la macchina ieri notte. E ha dovuto far tardi al lavoro perché era arrivato tardi stamattina. Io speravo proprio che tu potessi dargli una mano.
L'uomo alla porta guarda quello dietro il bancone e le loro sopracciglia vanno su e giù. Poi l'uomo dietro il bancone si stringe nelle spalle. — Dovrai chiudere tu — dice; poi si rivolge a me. — Suppongo lei sappia che genere di gomme vuole.
Certo che lo so. Ho comprato gomme qui solo pochi mesi fa, perciò so cosa dire.
Sono le 21.17 quando io e Danny ce ne andiamo con due ruote rimesse a nuovo. Fred le fa rotolare fuori e le mette nel portabagagli della sua macchina. Io mi sento stanchissimo. Non so perché Danny mi stia aiutando. Non mi piace l'idea della sua ruota di scorta sulla mia macchina; è una cosa sbagliata, come un pezzo di pesce in uno spezzatino di carne. Quando arriviamo a casa lui mi aiuta a montare le gomme nuove al posto delle ruote anteriori della mia auto e a mettere le due ruote ancora sgonfie nel portabagagli. Solo allora mi rendo conto che domani mattina potrò andare in macchina al lavoro e a mezzogiorno potrò sostituire tutt'e due le gomme tagliate.
— Grazie tante — dico. — Adesso posso usare l'auto.
— Certo che puoi — dice Danny e sorride, un sorriso autentico stavolta. — Ascolta un suggerimento: cambia posto alla tua macchina. Mettila verso il retro del parcheggio.
— Buona idea — dico. Sono talmente stanco che mi costa molto dirlo.
— Por nada - risponde Danny, mi fa un cenno di saluto ed entra in casa.
Salgo in macchina. L'aria è un poco stantia, ma il sedile è a posto. Sto tremando un poco. Accendo il motore e poi la musica… la mia musica… e lentamente faccio marcia indietro, giro di fianco alle altre macchine e vado a fermarmi al posto che Danny mi ha indicato. È vicino alla sua auto.
Stento ad addormentarmi, anche se sono così stanco, o forse proprio a causa di questo. Mi fanno male le gambe e la schiena. Continuo a pensare di udire rumori e a svegliarmi di soprassalto. Infine metto di nuovo la mia musica, Bach stavolta, e finalmente mi addormento cullato dalla sua armonia.
Al mattino faccio colazione, mi preparo il pranzo ed esco. Per le scale incontro Danny.
— A mezzogiorno farò sostituire le gomme tagliate — gli dico. — Ti restituirò la ruota di scorta stasera.
— Non c'è fretta — risponde. — Oggi non userò la macchina.
Io però gli restituirò la ruota ugualmente, perché non la voglio sulla mia auto. È una stonatura perché non è la mia.
Arrivo al lavoro con cinque minuti di anticipo e trovo nell'atrio il signor Crenshaw e il signor Aldrin che parlano. Il signor Crenshaw mi guarda. Ha gli occhi lucidi e duri. Non mi piace guardarli, ma non abbasso i miei.
— Niente gomme a terra oggi, Arrendale?
— No, signor Crenshaw — dico.
— La polizia ha poi trovato quel vandalo?
— Non lo so. — Vorrei andare nel mio ufficio, ma c'è lui di mezzo e io dovrei spingerlo da parte. Questo non è educato.
— Chi è l'agente che si occupa del caso? — chiede il signor Crenshaw.
— Non ricordo il suo nome, ma ho scritte qui le sue specificazioni — dico tirando fuori di tasca il portafogli.
Il signor Crenshaw alza le spalle e scuote la testa. La sua fronte si è aggrottata. — Lascia stare — dice, poi si volge al signor Aldrin. — Vieni, andiamo nel mio ufficio a parlarne con comodo. — Si volta e il signor Aldrin lo segue. Adesso posso andare in ufficio.
Non so perché il signor Crenshaw abbia chiesto il nome del poliziotto e poi non abbia voluto guardare la carta che quello mi ha data. Vorrei chiedere al signor Aldrin di spiegarmelo, ma se n'è andato anche lui. Non so perché il signor Aldrin, che è una persona normale, segua dappertutto il signor Crenshaw in quel modo. Forse ne ha paura? Le persone normali possono avere paura l'una dell'altra? E se è così, che vantaggio c'è a essere normali?
Espello queste idee dalla mia mente per mettermi al lavoro.
A mezzogiorno porto le ruote in un'altra officina vicino al campus e le lascio per far sostituire le gomme danneggiate. Ho scritto di che tipo e di che dimensioni le voglio e porgo il biglietto all'impiegata dietro il banco. È una donna della mia età con capelli corti e neri; porta una camicetta avana con una targhetta ricamata in rosso che dice: SERVIZIO CLIENTI.
— Grazie — dice lei, e mi sorride. — Non sa quanta gente viene qui senza la minima idea di che tipo di gomme vuole e quanta confusione fa.
— Ma è facile scriverlo — dico.
— Già, ma loro non ci pensano. Vuole aspettare o ritornare dopo?
— Ritornerò dopo — rispondo. — Fino a che ora siete aperti?
— Fino alle nove, ma può tornare anche domani.
— Tornerò prima delle nove — dico. La donna fa passare la mia carta di credito nella macchinetta apposita e scrive sul buono d'ordine: "Pagamento anticipato".
— Ecco la sua copia — dice. — Non la dimentichi… per quanto, uno che è tanto furbo da scriversi il tipo di gomme che gli servono è certo anche abbastanza furbo da non perdere le ricevute.
Ritorno alla macchina sentendomi più sollevato. È facile ingannare la gente e far pensare loro che sono uguale agli altri in incontri di questo genere. Se poi all'altra persona piace parlare, come a quella donna, è ancora più agevole. Io non devo fare altro che dire poche frasi convenzionali, sorridere ed è fatta.
Il signor Crenshaw si trova di nuovo nel nostro atrio quando ritorno al campus, tre minuti prima della fine della pausa di un'ora per il pranzo. Gli si contrae il viso quando mi vede, non capisco perché. Si volta quasi subito e se ne va, senza parlarmi. Talvolta quando le persone non parlano è perché sono in collera, ma io non so cosa possa aver fatto per farlo irritare. Va bene che sono arrivato tardi due volte negli ultimi tempi, ma nessuna delle due volte per colpa mia. La prima volta non ho causato io l'incidente automobilistico, e la seconda volta non ho rovinato io le mie gomme.
È difficile concentrarmi nel lavoro.
Arrivo a casa alle 19.00 con le gomme nuove su tutt'e quattro le ruote e le ruote di scorta mia e di Danny nel portabagagli. Decido di fermarmi di nuovo accanto alla macchina di Danny, anche se non so se lui sia a casa. Se le due macchine sono vicine, sarà più facile trasferire la ruota di scorta dalla mia alla sua.
Busso alla sua porta. — Sì? — risponde la sua voce.
— Sono Lou Arrendale — dico. — Ho la tua ruota in auto.
Sento i suoi passi che si avvicinano alla porta. — Lou, te l'avevo detto, non c'era bisogno di tanta fretta. Tuttavia grazie. — Apre la porta. Sul pavimento del suo appartamento c'è la stessa moquette screziata di marrone, beige e ruggine che ho anche nel mio; io però l'ho coperta con qualcosa che non mi faccia male agli occhi. Danny ha un grande schermo TV grigio scuro; gli altoparlanti sono blu e sono scompagnati. Ha un divano marrone a quadratini più scuri: lo schema è regolare, ma non va d'accordo con la moquette. Una giovane donna è seduta sul divano. Porta un vestito a disegni gialli e verdi su fondo bianco, che stona sia con la moquette che con il divano. Danny la guarda. — Lyn, devo andare a prendere la mia ruota di scorta dalla macchina di Lou.