«Nessun mortale, hai detto,» fece Carse. «Ma io non sono un semplice mortale, non ricordi? E, tanto per cominciare, di chi sono quelle armi?»

La luce della comprensione cominciò ad apparire negli occhi del Valkisiano. Il suo faccione da luna piena parve schiarirsi. Parve quasi sul punto di gridare, e si controllò a stento, quando già Carse gli aveva posato la mano sulla bocca.

«Le mie congratulazioni, Carse!» mormorò poi. «Neppure il Padre delle Menzogne in persona avrebbe potuto fare meglio.» Pareva addirittura estasiato. «È sublime. È degno di… di Boghaz!»

Poi si calmò, il suo viso si oscurò, ed egli scosse lentamente il capo.

«È meraviglioso, certo. Ma è anche una pazzia!»

Carse lo afferrò per le spalle.

«Non più di quanto lo fosse prima, sulla galera… nulla da perdere, tutto da guadagnare. Sei con me?»

Il Valkisiano chiuse gli occhi.

«Sono tentato,» mormorò. «Come artista, mi piacerebbe veder fiorire questo meraviglioso inganno.» Rabbrividì. «Scuoiato vivo, hai detto. E poi i Dhuviani. Suppongo che tu abbia ragione. E in ogni caso, la nostra vita non vale nulla!… Siamo morti comunque!» Si interruppe, bruscamente. «Oh, no, un momento! Per Rhiannon, tutto può andare bene, a Sark… ma io sono soltanto Boghaz, uno degli schiavi che si ribellarono a Ywain. Oh, no! Preferisco restare a Khondor.»

«Rimani, allora, se proprio lo desideri,» disse Carse, scuotendolo con forza. «Grasso idiota che non sei altro! Ci penserò io a proteggerti. Come Rhiannon, posso farlo. E quando diventeremo i salvatori di Khondor, e avremo nelle nostre mani le potentissime armi di Rhiannon, credi che ci possano essere dei limiti a ciò che potremo fare? Per esempio, non ti piacerebbe diventare Re di Valkis?»

«Be’…» Boghaz sospirò profondamente. «Saresti capace di indurre in tentazione perfino il diavolo. E, a proposito di diavoli…» Socchiuse gli occhi, guardando Carse con una certa apprensione, «Sei in grado di tenere a bada il tuo? Non mi sorride l’idea di avere come un compagno un demone.»

«Posso tenerlo a bada,» disse Carse, con sicurezza. «Hai udito tu stesso, quando Rhiannon lo ha ammesso.»

«E allora,» disse Boghaz, «Faremo bene a muoverci presto, prima che i Re del Mare abbiano terminato il loro concilio di guerra.» Ridacchiò, «Il vecchio Barbadiferro ci ha aiutati, senza volerlo… ed è piuttosto comico pensarci. Tutti gli uomini hanno ricevuto l’ordine di occupare i loro posti di combattimento, e così la nostra vecchia ciurma si trova tutta a bordo della galera, in attesa di salpare… e, a dire il vero, nessuno tra loro è particolarmente soddisfatto.»

Un momento più tardi le guardie che si trovavano nelle stanze interne dell’appartamento udirono un grido acutissimo di Boghaz.

«Aiuto! Accorrete, presto… Carse si è gettato in mare!»

Le guardie si precipitarono sul balcone, dove Boghaz si stava sporgendo dalla balaustra, e puntava il braccio tremante in direzione della spuma ribollente e luminosa del mare che si agitava, molto in basso, tra gli scogli.

«Ho cercato di fermarlo,» gemette. «Ma non ci sono riuscito!»

Una delle guardie grugnì:

«Non è una gran perdita!» disse, e in quello stesso istante Carse uscì fulmineo dall’ombra, dove si era tenuto nascosto, contro la parete, e colpì il malcapitato con un pugno tremendo, che lo fece cadere come un sacco vuoto, mentre Boghaz si voltava di scatto, e mandava nel regno dei sogni la seconda guardia.

I due compagni si lanciarono allora sulla terza guardia, che cadde sotto i loro pugni, prima ancora di essere riuscita a sfoderare completamente la spada. Gli altri due uomini, in quel momento, stavano riprendendo i sensi, e tentarono di rialzarsi, probabilmente con l’idea di proseguire la lotta; ma Carse e il Valkisiano non avevano certo del tempo da perdere, e lo sapevano bene. Con brutale precisione, colpirono i due malcapitati con una nuova scarica di pugni precisi, e nel giro di pochi minuti i tre guardiani, privi di sensi, furono saldamente legati e imbavagliati.

Carse si curvò, per sfilare la spada dal fodero di uno dei guardiani, e nello stesso istante, vedendo quel gesto, il grasso Valkisiano si mise a tossire, con aria imbarazzata.

«Forse preferiresti riavere la tua spada,» disse.

«Dov’è?»

«Fortunatamente, è proprio qua fuori, dove le guardie mi avevano ordinato di lasciarla, prima di entrare a farti visita.»

Carse annuì. Era una prospettiva lieta, quella di poter avere tra le mani di nuovo la spada di Rhiannon.

Carse, nell’attraversare la stanza, si fermò per m momento, raccogliendo un mantello che apparteneva a una delle tre guardie abbattute. Nel farlo, lanciò un’occhiata di sbieco a Boghaz.

«Per quale fortunatissima combinazione la mia spada era nelle tue mani?» domandò.

«Be’, essendo un tuo vecchio amico, e dovendo succederti al comando, l’ho chiesta, come mio diritto.» Il Valkisiano fece un sorriso sentimentale. «Sapevo che tu ormai eri condannato a morire… e sapevo anche che tu avresti voluto lasciarla a me.»

«Boghaz,» disse Carse, «Il tuo affetto per me è veramente una cosa meravigliosa. Quasi mi commuove.»

«Eh, sono sempre stato sentimentale di natura.» Ormai erano giunti sulla porta, e il grasso Valkisiano fece cenno a Carse di lasciarlo passare. «È meglio che esca io per primo.»

Varcò la soglia dell’appartamento, e fece qualche passo nel corridoio; poi fece un cenno a Carse, che si affrettò a seguirlo. La lunga spada era appoggiata a una parete. Carse la raccolse, e sorrise.

«D’ora in poi, ricorda che io sono Rhiannon!» esclamò.

Quell’ala del palazzo era poco frequentata. I corridoi erano immersi in una fosca penombra, appena rischiarata, a lunghissimi intervalli, dalla luce fumosa di qualche torcia rossigna. Boghaz ridacchiò.

«Conosco ormai tutti gli angoli del palazzo, come se ci fossi nato,» si vantò. «Anzi, ti dirò che ho scoperto un’infinità di passaggi… vie d’accesso e vie d’uscita, passaggi segreti, e cose del genere… dei quali perfino i Khond si sono dimenticati.»

«Bene,» disse Carse. «Allora mi guiderai tu, perché io sono rimasto confinato in quelle stanze, e non ho potuto guardarmi attorno. Per prima cosa, dobbiamo trovare Ywain.»

«Ywain!» Boghaz lo fissò sgomento, spalancando gli occhi. «Sei impazzito, Carse? Non abbiamo certo il tempo di andare a trastullarci con quella vipera!»

Carse sbuffò, impaziente.

«Deve venire con noi, a Sark, per testimoniare davanti al suo popolo la verità delle mie parole… e cioè il fatto che io sono Rhiannon. Altrimenti, tutto il nostro piano fallirà. Andiamo, adesso?»

Si era già reso conto del fatto che Ywain rappresentava il punto d’appoggio di quel suo tentativo disperato. Ywain aveva assistito, per due volte, al rivelarsi della personalità di Rhiannon nel corpo di Carse… una volta nella sua cabina, a bordo della nave, e una volta nella caverna dei Sapienti. Sarebbe stata Ywain a testimoniare in suo favore. Era una carta sicura in suo possesso, soprattuto perché la donna aveva visto ogni cosa con i suoi occhi.

«C’è del vero, in quello che dici,» dovette ammettere Boghaz, per affrettarsi poi ad aggiungere, in tono amaro. «Ma non mi piace ugualmente. Prima un diavolo, poi una strega con gli artigli avvelenati… non c’è dubbio che questo sia un viaggio per i pazzi!»

Ywain era tenuta prigioniera su quello stesso piano. Boghaz s’incamminò lungo il corridoio, con passo veloce, e durante il tragitto essi non incontrarono nessuno. Il grasso Valkisiano manifestava una sicurezza, nel muoversi, che faceva capire come egli non si fosse affatto vantato, prima, quando aveva dichiarato di conoscere bene il palazzo. Dopo qualche tempo, dietro la curva che si trovava nel punto in cui due corridoi s’incrociavano, Carse vide una torcia solitaria ardere accanto a una porta sbarrata, che aveva uno spioncino sistemato in alto. Una guardia dall’aria sonnolenta stava oziando là, in un angolo, tenendosi appoggiata alla propria lancia.


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