I due si guardarono, perplessi, poi Miles si decise a dire: — Credo che ormai sia inutile nasconderlo. Ti presento la signora Gentry.
— Allora avevo indovinato! — dissi. — Congratulazioni. Dunque, dal momento che la signora Gentry non mi può sposare, come dicevo…
— Non continuare su questo tono, Dan. Ti ho già detto prima quanto siano ridicole le tue idee. Ho ceduto un pacchetto di azioni a Belle per lo stesso motivo per cui gliele hai cedute anche tu: in segno di gratitudine per i servigi speciali resi da lei all’azienda. Sì — si affrettò ad aggiungere prevenendo la mia interruzione — anche questa donazione è stata registrata. Belle e io ci siamo sposati esattamente una settimana fa, ma se ti vuoi prendere la briga di andare a controllare, vedrai che la data della donazione è parecchio anteriore. Non potrai connettere i due fatti fra loro. Belle ha ricevuto le azioni da me e da te perché è stata un’impiegata modello, e questo era il modo migliore per dimostrarglielo.
Miles era troppo furbo per fare una simile dichiarazione a vuoto.
— Quando vi siete sposati, esattamente? — chiesi.
— Giovedì scorso, al tribunale di Santa Barbara.
Non volevo darmi per vinto. — E se assumessi un investigatore privato che riuscisse a scoprire che vi siete sposati prima, molto prima, magari a Yuma o a Reno o a Las Vegas? Chissà che la data del vostro matrimonio, la data vera, intendo dire, non sia anteriore alla mia donazione.
Miles non perse la calma, si limitò a dire: — Dan, ho cercato di essere conciliante con te. Ma ora basta, se non vuoi che cacci fuori a calci te e quel pulcioso del tuo gatto.
— Ehi! — dissi. — Questa è la prima cosa da vero uomo che ti sento dire stasera. Ma bada bene a moderare i termini. Pete capisce, e non gli va di sentirsi chiamare pulcioso. Me ne vado subito, non temere, prima però voglio dirti ancora una cosa. Sarò breve.
— E va bene! — concesse lui. — Ma sii breve sul serio.
— Miles, debbo parlarti un momento — intervenne Belle.
Senza voltarsi, lui le fece segno di stare zitta. — Avanti, ti ascolto — mi disse.
Rivolgendomi a Belle, l’avvertii: — Forse non ti farà piacere sentire quello che dirò. Ti consiglierei di andartene.
Neanche dire che non si mosse. Io l’avevo detto apposta, per essere sicuro che rimanesse. — Miles — cominciai — non ce l’ho con te. Quello che una donna astuta e senza scrupoli può fare a un uomo è impensabile. Se Sansone e Marcantonio sono stati vulnerabili, perché non dovresti esserlo tu? In fondo, mi sento quasi di ringraziarti per avermi liberato da lei, e debbo confessarti che, nonostante tutto, mi fai pena. È tua moglie, adesso, e questa gatta dovrai pelartela tu. A me è costata un po’ di denaro e, per qualche giorno, la pace del cuore. Ma ti sei mai chiesto che cosa costerà a te? Mi ha ingannato ed è riuscita a convincere te, il mio miglior amico, a ingannarmi. Quando verrà il tuo turno? Domani? La settimana prossima? Il mese venturo? Fra un anno? Come un cane torna ai suoi escrementi, così…
— Miles! — strillò Belle.
— Esci! — m’intimò minacciosamente Miles, e capii che diceva sul serio. Perciò mi alzai.
— Ce ne andiamo subito — dissi. — Mi spiace per te, vecchio mio. Noi due abbiamo commesso uno sbaglio, una volta, e la colpa è stata tanto mia quanto tua. Però a pagare sarai tu solo. Ed è troppo, per una leggerezza così da poco.
La curiosità ebbe il sopravvento, e Miles chiese:
— A cosa alludi?
— Al fatto che ci saremmo dovuti meravigliare che una donna tanto abile e intelligente fosse disposta a lavorare per noi, e per uno stipendio nemmeno molto alto. Con la sua competenza avrebbe trovato chissà quale impiego, ma le grandi aziende assumono informazioni, esigono il controllo delle impronte digitali… Chissà cosa si sarebbe scoperto, se anche noi avessimo seguito questo sistema. Certo non l’avremmo assunta, e saremmo ancora soci.
Avevo di nuovo colpito nel segno! Miles s’era voltato a guardare sua moglie, e lei pareva… ecco, potrei dire un topo in trappola, se un topo si potesse paragonare a una bella ragazza.
Non contento della mia vittoria, insistetti. — Dunque, Belle? Se prendessi il bicchiere col quale hai bevuto adesso, e ne facessi rilevare le impronte alla polizia, non credi che si scoprirebbe qualcosa di interessante? — Così dicendo, mi chinai a prendere il bicchiere, ma Belle fu lesta a strapparmelo di mano, mentre Miles gridava non so che cosa.
Avevo spinto le cose troppo in là. Ero stato uno stupido a entrare disarmato nella gabbia di quelle bestie pericolose, per di più in quel momento dimenticai la prima regola dei domatori: non voltare mai la schiena. Mi volsi verso Miles che gridava, e Belle afferrò la sua borsetta… Ricordo che ebbi il tempo di pensare che non mi pareva l’occasione migliore per prendere una sigaretta.
Poi, sentii la trafittura dell’ago.
Le ginocchia mi cedettero, e caddi lentamente in avanti, sorpreso che Belle avesse potuto farmi una cosa simile. A pensarci bene, evidentemente mi fidavo ancora di lei.
4
Non persi completamente coscienza nemmeno per un momento. Non appena la droga mi penetrò nel sangue, provai un senso di vertigine e di capogiro, e fu tutto. Miles gridò qualcosa a Belle mentre mi afferrava per le spalle impedendomi di cadere. Il tempo di venire adagiato su una sedia, e anche il capogiro passò. Sapevo cosa mi aveva iniettato Belle: era la droga zombie, cioè il corrispondente americano del lavaggio cerebrale. Per quello che ne sapevo, la droga non era mai stata usata sui prigionieri di guerra, ma gli agenti addetti ai Servizi Segreti ne avevano fatto un uso che, se non era legale, era però stato molto efficace. La stessa droga viene usata oggi, in casi speciali e dietro permesso del tribunale competente, per psicanalizzare certi soggetti.
Dio solo sa dove Belle fosse riuscita a procurarsene una dose, e solo Dio anche sapeva quali altre corde quell’angelo avesse al suo arco. Ma momentaneamente non pensavo a questo, per il semplice fatto che non pensavo a niente. Me ne stavo seduto là sulla sedia, passivo come un vegetale, e anche se sentivo e vedevo quanto succedeva intorno a me, sarebbe potuta passare Lady Godiva che non avrei girato la testa… a meno che me l’avessero ordinato.
Pete saltò fuori dalla borsa, venne a sedersi davanti a me e mi chiese che cosa fosse successo. Siccome non gli rispondevo, cominciò a strofinarsi avanti e indietro contro le mie caviglie, ripetendo di continuo la domanda.
Dato che continuavo a non rispondere, mi balzò sulle ginocchia, mi posò le zampe anteriori sul petto e guardandomi in faccia espresse la domanda in modo perentorio. Visto che persistevo nel mio atteggiamento passivo, cominciò a gemere.
Furono i suoi gemiti ad attirare su di lui l’attenzione di Miles e di Belle.
Miles, dopo avermi deposto sulla sedia, si era rivolto a Belle e le aveva detto con asprezza: — Sei riuscita a farlo, eh? Sei impazzita?
— Non perdere la testa, Ciccino. Così potremo disfarci di lui una volta per tutte.
— Cosa? Se credi che sia disposto ad aiutarti a commettere un omicidio…
— Piantala! Per quanto non ci sia niente di meglio di un omicidio, ci rinuncio perché tu manchi del fegato necessario. Per fortuna è pieno di droga.
— Cosa vuoi dire?
— Che è completamente nelle nostre mani. Farà quello che gli diremo e non ci potrà dare fastidi di alcun genere.
— Ma, Belle… Santo cielo, non puoi mantenerlo per sempre in quelle condizioni. Appena tornerà normale…
— Smettila di parlare come un avvocato. So benissimo come agisce la droga, mentre tu non te ne intendi. Quando si riavrà, farà tutto quello che io gli avrò detto di fare. Se gli dico adesso di non perseguitarci più, non ci perseguiterà più per tutta la sua vita, in nessun modo. Se gli dico di non mettere più il naso nei nostri affari, ci lascerà in pace per sempre. Se gli dirò di andare a Timbuctu, ebbene, ci andrà.