— Andrò da uno psicanalista perché mi scavi in fondo all’anima per vedere quello che c’è sepolto.

— Immaginavo che avresti risposto così — commentò lui con un sospiro. — Ma senti un po’, Dan, supponi che l’esame non scopra niente, cosa farai allora?

— È impossibile!

— Dissero così anche a Colombo. Finora non hai preso in considerazione la spiegazione più semplice.

— Quale sarebbe?

Senza rispondermi, fece segno al cameriere di portargli l’elenco dei telefoni. — Che intenzioni hai? — chiesi, mentre lui sfogliava il grosso volume. — Vuoi chiamare un’ambulanza?

— Non ancora. Guarda un po’ qui.

Guardai: l’elenco era aperto sulle pagine dei «Davis», e Chuck mi sottolineò almeno una dozzina di D. B. Davis. — Questo è l’elenco dei tuoi omonimi in una città di circa sette milioni di abitanti — disse. — Prova a estendere le ricerche a tutta la nazione, e mi saprai dire!

— Questo non prova niente — dissi io, un po’ scosso.

— No — ammise lui — dico anch’io che sarebbe una coincidenza davvero più unica che rara se due ingegneri col pallino delle invenzioni con lo stesso nome, e probabilmente della stessa età, avessero lavorato nello stesso periodo intorno a due idee identiche. Ma la legge minima potrebbe provarti, cifre alla mano, che le probabilità esistono. La gente si dimentica sempre che le cose più strane e impensate succedono davvero.

— Allora, secondo te, che cosa dovrei fare?

— In primo luogo non sprecare tempo e denaro con i medici, finché tu non abbia scoperto il nome di battesimo di questo D. B. Davis che ha firmato la richiesta dei brevetti. Poi cerca anche il secondo nome, perché se Daniel è un nome comune, il secondo sarà difficilmente Boone. E la terza cosa, ma sarebbe la prima in ordine di tempo, è dimenticare tutto questo pasticcio per un po’, e ordinare un’altra birra.

Così fu fatto, almeno per la birra, e parlammo di altre cose, finché, dopo un poco, io dissi: — Se i viaggi nel tempo fossero davvero possibili, saprei bene che cosa fare.

— Di cosa stai parlando?

— Del mio problema. Senti, Chuck. tutte le cose che mi preoccupano e che non riesco a spiegare sono successe trent’anni fa. Se potessi tornare indietro a scoprire la verità, se fosse possibile tornare indietro nel tempo…

— Ma è possibile! — disse Chuck fissandomi.

— Cosa?

Lui parve riprendersi. — Niente. Non avrei dovuto dirlo — rispose.

— È probabile — dissi — ma ormai l’hai detto, e adesso sarà meglio che mi spieghi tutto se non vuoi che ti vuoti questo boccale in testa.

— No, Dan, dimenticatene.

— Parla!

— Non posso, credimi. — Si guardò intorno per accertarsi che nessuno potesse sentire, e quando ne fu sicuro, aggiunse: — I viaggi nel tempo sono segreti di Stato.

— Buon Dio, perché?

— Ehi, non hai mai lavorato per il governo, tu? Metterebbero il cartellino «segreto» su tutto, se potessero. È il loro modo di ragionare, e io non posso farci niente. Quindi, come non detto.

— Piàntala, Chuck! È una cosa terribilmente importante per me… — E poiché lui non accennava a rispondere, aggiunsi: — Con me puoi parlare. Ai miei tempi, avevo un permesso «Q». Non me l’hanno mai ritirato, anzi. Solo che dopo l’ultima guerra non ho più lavorato per il governo.

— Cos’è un permesso «Q»?

Glielo spiegai, e lui annuì: — Sì, adesso si chiamano lasciapassare Alfa. Si vede che maneggiavi roba importante, Dan. Io ho solo un Beta.

— È allora perché non parli?

— Cosa? Ma sì, lo sai perché. Anche se sei una persona fidata, non hai però la qualifica di Necessitato a Conoscere.

— Al diavolo! Se non ho necessità io di conoscere una cosa simile…

Lui rimase a lungo silenzioso, poi alzò gli occhi e disse: — Va bene. Parlerò, Dan, perché credo di potermi fidare di te, e perché tu ti metta il cuore in pace. Non credo che si tratti di una cosa che ti possa essere utile. I viaggi nel tempo sono possibili, ma non sono una cosa pratica. Non ne potrai fare niente.

— Perché?

— Lasciami spiegare, no? Non hanno mai sviluppato praticamente la teoria, e può anche darsi che non lo facciano mai. Non è di alcun valore pratico, nemmeno nel campo delle ricerche, e se lo Stato ci ha messo le mani sopra, è solo perché si tratta di un sottoprodotto della Null-Grav.

— Ma la Null-Grav è a disposizione del pubblico, adesso — protestai.

— D’accordo, e sarebbe così anche dei viaggi nel tempo, se si dimostrassero di utilità commerciale.

Chuck continuò spiegandomi che, quando era laureando, all’università Boulder, nel Colorado, s’era impiegato come assistente di laboratorio, per guadagnare qualcosa, ed era stato assegnato al professor Hubert Twitchell, l’uomo che, battuto per un soffio dall’Università di Edimburgo per la pubblicazione sulle teorie della Null-Grav, aveva perso il Premio Nobel e se n’era fatto un cruccio tale da guastarsi il carattere.

— Twitchell riteneva che se fosse riuscito a ottenere la polarizzazione intorno a un altro asse avrebbe potuto invertire il campo gravitazionale, invece di annullarlo. Ma non accadde niente. Così ripassò al calcolatore quello che aveva elaborato, e i risultati lo fecero restare a bocca aperta. Non me li fece mai vedere, naturalmente. Dopo avermeli fatti contrassegnare, introdusse due dollari d’argento in una gabbia di prova, allora si usavano le monete metalliche, poi premette il pulsante solenoide, e le monete sparirono. Avrebbe potuto trattarsi di un trucco da prestigiatore, e io pensai che dopo un po’ le avrebbe tirate fuori dal naso di qualcuno… ma per il momento dovetti accontentarmi di quello. Una settimana più tardi, una di quelle patacche ricomparve. Una sola. Ma prima ancora, un pomeriggio, mentre stavo facendo pulizia in laboratorio, d’improvviso comparve in una delle gabbie un porcellino d’India che non faceva parte della dotazione di laboratorio e che non avevo mai visto prima. Io me lo portai a casa e lo addomesticai. Dopo la ricomparsa del dollaro d’argento, il professore intensificò tanto il lavoro da dimenticare persino di radersi. Ripeté l’esperimento con due porcellini d’India e quando uno di essi ricomparve, dieci giorni più tardi, Twitchell fu sicuro di avercela fatta. Poco dopo arrivò un funzionario del Dipartimento della Difesa, un colonnello dal piglio militaresco che non capiva un’acca di fisica, ma che si diede un gran da fare a mettere sigilli di segretezza dappertutto.

— Evidentemente — dissi — pensava che la scoperta del professore potesse servire anche in guerra. Per esempio, tornando indietro nel tempo, si poteva disporre un’armata in un determinato punto, in una determinata battaglia, e così la storia sarebbe cambiata… Ma no, adesso capisco, bisogna avere le cose due alla volta: due dollari, due cavie, due armate, una da mandare indietro e l’altra da mandare avanti, per pareggiare il conto, altrimenti una sola andrebbe perduta. Quindi, in primo luogo è meglio avere l’armata al posto giusto nel momento giusto.

— Hai ragione, ma i tuoi argomenti sono sbagliati. Non è necessario servirsi di due cose, basta pareggiare le masse. Puoi prendere un’armata da una parte e dall’altra un macigno che pesi altrettanto. È un caso di azione-reazione, corollario della Terza Legge di Newton. — Scarabocchiò qualche formula nelle sbavature di birra sul tavolino. — MV uguale a mv, è la formula fondamentale dei razzi. La formula analoga per i viaggi nel tempo è MT uguale a mt.

— Ancora non capisco. I sassi costano poco.

— Adopera il cervello, Dan. Con un razzo si può puntare sull’obiettivo, ma in che direzione si trovava la settimana scorsa? Prova a cercarla. Non hai la minima idea di quale massa vada indietro e quale vada invece in avanti. Non c’è modo di orientare l’apparecchio.

Tacqui. Certo, pensavo, sarebbe imbarazzante per un generale aspettare una divisione di soldati freschi e vedersi arrivare un monte di ghiaia. Ma Chuck continuava a parlare.


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