Papà Vivo disse all’improvviso: — Scommetto che potremmo camminare, noi, fino al paese più vicino.
— Be’… — commentò qualcuno. Altre voci si unirono al coro.
— Se seguiamo i binari e restiamo insieme, noi…
— Guardiamo se alcune delle luci sul tetto sono portatili…
— Alcuni di noi dovrebbero rimanere indietro con i vecchi.
L’uomo dalla testa grossa osservava tutto attentamente. Quello fu il momento in cui fui certa. L’intero guasto alla ferrovia a gravità in quel posto abbandonato dalla tecnologia era stato una messa in scena, per controllare l’effetto del concerto di Arlen.
Come? Da parte di chi?
No. Non erano quelle le domande giuste. La domanda giusta era: quale era l’effetto del concerto di Arlen?
— Tu, allora, Eddie te ne resti qui con i vecchi. Tu, Cassie va’ a parlare con la gente delle altre carrozze. Vedi un po’ chi è che vuole venire con noi. Tasha…
Occorsero dieci minuti di discussione per organizzarsi. Strapparono le luci dal tetto di sei carrozze: erano portatili. La gente che sarebbe rimasta diede giacche extra alle persone che sarebbero andate. Il primo gruppo stava appena incamminandosi lungo il binario quando una luce balenò nel cielo. Un secondo dopo fui in grado di sentire il rumore dell’aereo.
I Vivi si fecero silenziosi.
Nell’aereo si trovava un tecnico della ferrovia a gravità, fiancheggiato da due robot della sicurezza che proiettavano uno scudo di sicurezza personale ed erano anche dotati di armi, stile "niente stronzate qui attorno". La folla li guardò in silenzio. Il bel volto modificato geneticamente del tecnico sembrava tirato. I tecnici sono un gruppo sempre teso: modificati geneticamente in quanto ad aspetto fisico non hanno il QI e le abilità potenziate che costano ai futuri genitori un sacco di soldi in più. Li si trova a riparare macchinari, a gestire distribuzioni nei depositi, a supervisionare i robot infermieri o bambinaie. I tecnici non sono certamente Vivi, ma anche se abitano nelle enclavi, non sono nemmeno esattamente Muli. E lo sanno.
— Signore e signori — disse il tecnico con espressione infelice — la Ferrovia a gravità Morrison Spa e il Senatore Cecilia Elizabeth Dawes si scusano per il ritardo con cui il vostro treno viene riparato. Circostanze al di là della nostra volontà…
— E io sono un politico, io! — strillò amaramente qualcuno.
— Per che cosa vi votiamo, brutti scemi?
— Meglio dire al Senatore che su questo treno qui si è persa un bel po’ di voti!
— Il servizio che meritiamo…
Il tecnico si diresse risoluto verso la motrice, a occhi bassi, scortato dai robot. Colsi il debole scintillio di un campo a energia-Y mentre passava. Alcuni dei Vivi, tuttavia, sei o sette, lanciarono un’occhiata lungo il binario, che si stendeva nell’oscurità ventosa, con gli occhi lucidi per quello che avrei potuto giurare essere rammarico.
Al tecnico occorsero in tutto tredici minuti per riparare il motore. Nessuno lo importunò. Egli se ne andò via con il suo aereo e il treno riprese la marcia. I Vivi si rimisero a giocare a dadi, si lagnarono, dormirono, si occuparono dei figli petulanti. Io attraversai tutte le carrozze alla ricerca dell’uomo dalla testa grossa. Era sparito mentre io stavo osservando la reazione dei Vivi nei confronti del tecnico Mulo. Dovevamo averlo lasciato indietro, sulla ventosa prateria, celato dall’oscurità.
5
Una volta ogni tanto io ci ho bisogno di uscirmene nei boschi. Non lo dicevo mai a nessuno. Adesso, però quando ci vado, due o tre volte all’anno, lo dico ad Annie e lei mi prepara un po’ di roba da mangiare cruda presa dalla cucina: mele, patate e soia sintetica che ancora non sono state trasformate in pietanze. Io me ne resto là fuori da solo, per cinque o sei giorni, lontano da tutto quanto: il caffè, gli olo-balli, la musica spacca timpani, le distribuzioni al deposito, i delinquenti forniti di mazze e perfino l’energia-Y. Mi faccio dei falò, io. Qualche persona non ha mai lasciato East Oleanta da vent’anni se non per andare con la ferrovia a gravità in un altro paese esattamente uguale. Il centro dei boschi per loro potrebbe anche essere in Cina, penso che quelli sono spaventati dall’idea di trovarsi là fuori.
Me ne dovevo partire per i boschi la mattina dopo che la cucina del caffè si è rotta. Di certo però non avevo intenzione di lasciare Annie e Lizzie senza cibo e neanche di andare in posti dove c’erano procioni con la rabbia e un robot di guardia rotto.
Lizzie stava vicino al mio lettino in camicia da notte, una scintillante macchia rosa nel sonno del mattino. — Billy, pensi che la cucina è già stata messa a posto?
Annie è venuta fuori dalla sua stanza da letto, sbadigliando, ancora con la camicia da notte in plastica. — Lascia in pace Billy, Lizzie. Hai fame?
Lizzie ha annuito. Mi sono seduto sul divano con una mano che mi schermava gli occhi dal sole del mattino che veniva dalla finestra. — Ascolta, Annie. Ho pensato. Se riparano quella cucina dovremmo cominciare a portarci via tutto il cibo che riusciamo e a immagazzinarlo qui. In caso che si rompe di nuovo. Possiamo prenderci fino al limite del gettone-pasto ogni giorno — tu e Lizzie non lo fate praticamente mai e nemmeno io — e poi la roba cruda della cucina. Patate, mele e altro.
Annie ha serrato le labbra. Non è una persona mattiniera, lei. Era però così bello svegliarsi a casa di Annie che me lo sono dimenticato. Lei ha detto: — Il cibo se ne marcisce in due o tre giorni. Non voglio avere della roba mezza marcia qui attorno. Non è pulito.
Lizzie ha detto: — Billy, pensi che la cucina è già stata messa a posto?
Io le ho risposto: — Non so, tesoro. Andiamo a vedere. Meglio vestirsi.
Annie ha detto: — Lei prima deve andare ai bagni. Puzza. E anche io. Ci accompagni, Billy?
— Certo. — Che difesa pensava che poteva avere da un relitto come me contro dei procioni con la rabbia? Ma io avrei fatto passare Annie anche contro quei demoni se lei ci credeva.
Lizzie ha detto: — Billy, pensi che la cucina è già stata messa a posto?
Non c’erano procioni vicino ai bagni. Il bagno degli uomini era vuoto se si eccettuava il Signor Keller che è così vecchio che non penso nemmeno che si ricorda di avere un nome proprio e due ragazzini che non avrebbero dovuto stare lì da soli. Si stavano divertendo moltissimo con l’acqua, però. Mi piaceva guardarli. Mi hanno rallegrato la mattina.
Il Signor Keller ha detto che la cucina del caffè era stata riparata. Ho accompagnato Annie e Lizzie che profumavano di pulito come frutti di bosco nella rugiada per andare a prendere la colazione. Il caffè però era pieno, non solo di Vivi che stavano mangiando, ma di Muli che preparavano un olo-video della Congressista Janet Carol Land.
Era decisamente lei. Niente registrazioni. Stava in piedi davanti al nastro trasportatore di cibo che offriva le solite uova, bacon cereali e pane di soia sintetica oltre qualche fragola fresca modificata geneticamente. A me non mi piacciono le fragole modificate geneticamente. Si possono mantenere per settimane ma non hanno mai il gusto delle dolci fragoline che crescono in giugno sulle colline.
— …servendo il suo popolo con il meglio che ha, indipendentemente dal bisogno, indipendentemente dall’ora, indipendentemente dall’emergenza — diceva davanti alla telecamera robot un Mulo di bell’aspetto. — Janet Carol Land, sul posto per servire East Oleanta, per servire "voi". Un politico che merita le memorabili parole della Bibbia: "Ben fatto, buono e fedele servitore!".
La Land sorrideva. Era una bella donna, nel modo come lo sono le donne Mulo quando non sono più giovani: pelle morbida e liscia, labbra rosate e capelli in onde argentate. Troppo magra, però. Non come Annie che quando premeva le labbra color di bacche scure sembrava quasi che ne spremeva fuori il sidro.