— È armato? — La voce di Gladstone era molto bassa.
— Sì.
— Continui.
— Sol Weintraub, lo studioso del Mondo di Barnard, spera di entrare nella tomba detta Sfinge non appena…
— Mi scusi — disse Gladstone. — Sua figlia è ancora con lui?
— Sì.
— E quanto ha, ora, Rachel?
— Cinque giorni, credo. — Chiusi gli occhi per ricordare nei particolari il sogno della notte precedente. — Sì — confermai. — Cinque giorni.
— E diventa ancora più giovane?
— Sì.
— Continui, signor Severn. Mi parli, per favore, di Brawne Lamia e del Console.
— La signora Lamia porta avanti i desideri del suo ex cliente… e amante — dissi. — La persona Keats riteneva necessario confrontarsi con lo Shrike. Al posto suo, lo fa Brawne Lamia.
— Signor Severn — intervenne Hunt — lei parla della "persona Keats" come se non avesse importanza né legame con la sua stessa…
— Ne parliamo dopo, Leigh, per favore — disse Meina Gladstone. Si girò a guardarmi. — Il Console m'incuriosisce. Ha raccontato anche lui i motivi che l'hanno spinto a partecipare al pellegrinaggio?
— Sì.
Gladstone e Hunt attesero.
— Il Console ha parlato di sua nonna — ripresi. — La donna di nome Siri, che più di mezzo secolo fa iniziò la rivolta di Patto-Maui. Ha raccontato come morì la sua famiglia, durante la battaglia di Bressia, e ha rivelato i suoi incontri segreti con gli Ouster.
— Nient'altro? — domandò Gladstone. Lo sguardo degli occhi castani era assai intenso.
— No — risposi. — Il Console ha rivelato che fu lui a mettere in funzione il congegno Ouster per accelerare l'apertura delle Tombe del Tempo.
Hunt si drizzò a sedere. Anche Gladstone non nascose la sorpresa. — È tutto?
— Sì.
— Come hanno reagito, gli altri, a questa rivelazione di… di tradimento?
Esitai, cercando di ricostruire le immagini del sogno in maniera più lineare di quella che la memoria mi forniva. — Alcuni si sono risentiti — dissi. — Ma a questo punto nessuno prova soverchia lealtà per l'Egemonia. Hanno deciso di andare avanti. Secondo me, ciascun pellegrino è convinto che la punizione sarà comminata dallo Shrike, non da un'autorità umana.
Hunt batté il pugno sul bracciolo della poltrona. — Se il Console fosse qui — sbottò — scoprirebbe presto quanto si sbaglia.
— Calma, Leigh. — Gladstone tornò alla scrivania, sfogliò alcune carte. Tutte le spie luminose dell'intercom lampeggiavano con impazienza. Fui stupito che in un momento simile il PFE sprecasse tanto tempo a parlare con me. — Grazie, signor Severn — disse Meina. — Voglio che resti con noi per alcuni giorni. Le mostreranno il suo alloggio nell'ala residenziale della Casa del Governo.
Mi alzai. — Farò un salto su Esperance per prendere le mie cose.
— Non occorre. Sono state portate qui prima ancora che lei scendesse dalla piattaforma del terminex. Leigh le mostrerà la strada.
Con un cenno d'assenso seguii Hunt alla porta.
— Ah, signor Severn… — mi bloccò Gladstone.
— Sì?
Il Primo Funzionario sorrise. — Poco fa ho apprezzato il suo candore — disse. — Ma, d'ora in avanti, facciamo finta che lei sia solo un pittore di corte e nient'altro, senza opinioni, invisibile, muto. Chiaro?
— Chiaro, signora.
Gladstone annuì; già rivolgeva l'attenzione alle spie luminose dell'interfono. — Ottimo. La prego di portare il blocco per gli schizzi, alla riunione nella Sala di Guerra, domattina alle otto.
Un agente della sicurezza ci accolse nell'anticamera e mi precedette nel labirinto di corridoi e di posti di controllo. Hunt lo bloccò e mi raggiunse nell'ampio corridoio, con passo deciso che echeggiò sulle piastrelle. Mi toccò il braccio. — Non faccia errori — disse. — Sappiamo… la signora sa… chi è lei e chi rappresenta.
Sostenni il suo sguardo e con calma liberai il braccio. — Mi fa piacere — dissi. — A questo punto, io stesso non sono sicuro di saperlo.
3
Sei adulti e una bimba, in un ambiente ostile. Il loro fuoco pare ben piccola cosa, contro l'oscurità incombente. Più avanti le montagne che circondano la valle si alzano come pareti; avvolte nel buio della valle stessa, le sagome enormi delle Tombe sembrano avvicinarsi strisciando, simili ad apparizioni di rettili scaturiti da epoche antidiluviane.
Brawne Lamia è stanca, sofferente, irritabile. Il pianto della piccina di Sol Weintraub le da ai nervi. Ma Brawne sa che anche gli altri sono stanchi: nelle ultime tre notti, nessuno ha dormito più di qualche ora; il giorno appena terminato è stato pieno di tensione e di terrori inspiegati. Lamia getta nel fuoco l'ultimo pezzo di legno.
— Non ce n'è più, dove l'abbiamo preso — sbotta Martin Sileno. Il fuoco gli illumina i lineamenti da satiro.
— Lo so — replica Brawne Lamia, troppo stanca per mettere nel tono di voce anche solo una punta di collera. La legna da ardere proviene da un deposito alimentato dai gruppi di pellegrini degli anni precedenti. Le tre piccole tende sono poste nell'area tradizionalmente usata la notte prima di affrontare lo Shrike. L'accampamento si trova nelle vicinanze della Tomba chiamata Sfinge; la sagoma nera di quella che potrebbe essere un'ala si estende a nascondere una parte di cielo.
— Useremo la lanterna, quando il fuoco si sarà spento — dice il Console. Ha un aspetto ancora più sfinito degli altri. La luce guizzante gli colorisce i lineamenti tristi. Ha indossato per l'occasione l'abito di gala dei diplomatici, ma ora la cappa e il tricorno sembrano sporchi e vizzi quanto lui.
Il colonnello Kassad torna accanto al fuoco e si cala sul casco il visore notturno. Indossa l'equipaggiamento militare completo: la tuta di polimero camaleonte, attivala, lascia vedere solo il viso, che pare librarsi a due metri da terra. — Niente — dice Kassad. — Nessun movimento, né tracce di calore. Solo il fruscio del vento. — Appoggia contro una roccia il fucile d'assalto multiuso della FORCE e si siede accanto agli altri: le fibre della tuta blindala si disattivano e formano un grumo nero non molto più visibile di prima.
— Credete che lo Shrike verrà stanotte? — domanda padre Hoyt. Il prete si è avvolto nel mantello nero e sembra parte della notte non meno del colonnello Kassad. Smagrito, parla con voce sofferente.
Kassad si sporge, col bastone di comando attizza il fuoco. — Non abbiamo modo di saperlo. Monterò di guardia, non si sa mai.
A un tratto tutt'e sei alzano lo sguardo: il cielo stellato si riempie di colori pulsanti, fiori rossi e arancione che sbocciano in silenzio e cancellano le stelle.
— Nelle ultime ore erano molto meno numerosi — dice Sol Weintraub, cullando la piccina. Rachel ha smesso di piangere, cerca d'afferrare la barbetta del padre. Weintraub le bacia la manina.
— Saggiano di nuovo le difese dell'Egemonia — dice Kassad. Scintille si alzano dal fuoco attizzato, faville che si librano nel cielo come per unirsi alle fiamme più vivide, su in alto.
— Chi ha vinto? — domanda Brawne Lamia, riferendosi alla silenziosa battaglia spaziale che per tutta la notte precedente e buona parte del giorno ha riempito di violenza il cielo.
— Chi cazzo se ne fotte? — replica Martin Sileno. Si fruga nelle tasche del cappotto di pelliccia, casomai ci fosse una bottiglia piena. Non ne trova. — Chi cazzo se ne fotte — borbotta di nuovo.
— Io — ribatte stancamente il Console. — Se gli Ouster sfondano, possono distruggere Hyperion prima che troviamo lo Shrike.
Sileno ride, beffardo. — Oh, sarebbe terribile, vero? Morire prima di scoprire la morte. Essere uccisi prima del momento stabilito. Scomparire rapidamente e senza dolore, anziché contorcersi per sempre sulle spine dello Shrike. Oh, che pensiero orribile!
— Chiudi il becco — dice Brawne Lamia; il tono è sempre privo di emozione, ma questa volta vi affiora la minaccia. Lamia guarda il Console. — Allora, dov'è, lo Shrike? Perché non riusciamo a trovarlo?