Miles decise che avrebbe dovuto rimandare il problema alla Sigillatrice Greenlaw, tuttavia insistette: — D’accordo, lo accuso di abbandono di rifiuti nel suolo pubblico. Lo scarico illegale di materia organica dovrà pur essere una violazione di legge, qui.

La donna lo guardò perplessa. — È un reato minore, però può andare.

— Qualunque pretesto vi permetta di fermarlo per me va bene. Lo voglio prima possibile, non appena potrete mettergli le mani addosso. Sfortunatamente, è uscito dal suo albergo verso le diciassette di ieri, e non è stato più visto.

— La nostra squadra è a corto di personale, per via dell’incidente di ieri. Questa questione può attendere fino a domattina, Lord Ispettore Vorkosigan?

— No.

Per un momento Miles temette che entrasse in gioco l’atteggiamento del burocrate ottuso, ma dopo una piccola smorfia mezza pensierosa e mezza irritata, la donna cedette. — Molto bene. Emetterò un ordine di arresto, ma il Capo Venn dovrà informare il giudice non appena lo arresteremo.

— Grazie. Le garantisco che non avrete alcun problema a riconoscerlo. Posso mandarle i suoi dati e alcuni fermi immagine, se desidera.

La donna confermò che sarebbe stato utile, e il trasferimento fu effettuato.

Miles esitò, meditando sul caso di Dubauer, ma non trovò alcun ovvio collegamento fra i due problemi, almeno per il momento. Si augurò che l’interrogatorio di Firka potesse chiarire qualcosa.

Lasciando il sottoposto di Venn a occuparsi della cosa, Miles chiuse la comunicazione. Per un momento si appoggiò contro lo schienale della poltrona, poi riattivò i video che riprendevano Firka e li fece ripassare un paio di volte.

— Ma come diavolo ha fatto a tener fuori dalle pozze di sangue quei piedoni flosci? — chiese.

Roic lo guardò: — Porrebbe aver usato un flottante? — propose. — Dovrebbe avere un’articolazione extra per ripiegare quelle gambe dentro un flottante, però.

— Ha l’aspetto di uno che ha qualche articolazione in più.

Se le dita dei piedi di Firka erano lunghe e prensili come quelle delle mani, forse avrebbe potuto manipolare i controlli di un flottante, progettati per le mani inferiori di un quad. In questo nuovo scenario, Miles non doveva più immaginare una persona dentro un flottante che si trascinava dietro un corpo, ma solo qualcuno che svuotava un contenitore da un litro di sangue ed effettuava qualche ritocco con un semplice straccio.

Miles scaricò i fermi immagine di Firka in un manipolatore di immagini e installò il tizio dentro un flottante. L’anfibio non doveva necessariamente avere articolazioni particolari o rompersi le gambe per entrarci. Sarebbe stato un po’ scomodo, magari, ma la cosa era possibile.

Miles osservò l’immagine del video.

La prima domanda che sorgeva spontanea quando si doveva descrivere una persona sulla Stazione Graf non è: ’è un uomo o una donna?’ È: ’È un quad o un terricolo?’ Era quella la prima discriminante, con la quale si eliminava una metà di sospetti.

Immaginò un quad biondo con una giacca scura, che guizzava su per un corridoio dentro un flottante. Poi immaginò gli inseguitori di quel quad che passavano di corsa accanto a un terricolo con la testa rasata che fluttuava nella direzione opposta. Al fuggiasco sarebbe bastato un attimo per uscire dal flottante, rivoltare la giacca, togliersi la parrucca bionda, lasciare la macchina in una rastrelliera e allontanarsi con tutta calma… sarebbe stato molto più difficile fare il contrario, cioè che un quad si travestisse da terricolo.

Fissò gli occhi infossati, cerchiati di Firka. Trasse dagli archivi di immagini un adeguato ciuffo di ricci biondi e lo applicò alla testa di Firka.

Era simile al quad dal grosso torace che per una frazione di secondo aveva notato sulla balaustra dell’albergo, prima che cominciasse a sparare scintille e pezzi di ottone bollente. Chissà se le sue mani avevano le membrane?

Per fortuna poteva contare su un altro parere. Chiamò il numero di casa di Bel dalla comconsolle.

Cosa poco sorprendente, data l’ora, il video non si attivò quando la voce assonnata di Nicol rispose: — Pronto?

— Nicol? Qui è Miles Vorkosigan. Mi dispiace trascinarti fuori dal tuo sacco a pelo, ma ho bisogno di parlare con Bel. Fallo venire al video, per favore.

Il video si accese e apparve la figura di Nicol che con una delle mani inferiori si stringeva attorno al corpo una vestaglia vaporosa; la sezione dell’appartamento che divideva con Bel evidentemente era sul lato senza gravità. Era troppo buio per distinguere qualcos’altro oltre alla sua forma fluttuante. Si sfregò gli occhi. — Cosa? Bel non è con te?

Lo stomaco di Miles andò in caduta libera, e non per un cattivo funzionamento della gravità della Kestrel. — No… Bel se n’è andato più di sei ore fa.

Nicol si accigliò. Il sonno svanì dal suo volto, sostituito da un’espressione allarmata. — Ma Bel non è ritornato a casa ieri notte!

CAPITOLO UNDICESIMO

Il Posto di Sicurezza Numero Uno della Stazione Graf, che ospitava la maggior parte degli uffici amministrativi della polizia, compreso quello del Capo Venn, si trovava sul lato a gravità zero. Miles e Roic, seguiti dal molto agitato poliziotto quad che era rimasto di guardia al portello della Kestrel, galleggiarono all’interno della reception a simmetria radiale, dalla quale si diramavano corridoi tubolari ad angoli irregolari. Nel posto regnava ancora la quiete del turno di notte, anche se il cambio di guardia era imminente.

Nicol aveva preceduto Miles e Roic, ma non di molto. Stava ancora aspettando l’arrivo del Capo Venn alla presenza di una preoccupata quad in uniforme, la stessa donna del turno di notte che aveva parlato poco prima con Miles. L’ufficiale quad si fece ancora più attento al loro ingresso, e una delle mani inferiori si mosse come per caso per toccare un pannello sulla sua consolle: immediatamente un altro quad armato scese da un corridoio per unirsi alla sua collega.

Nicol indossava una semplice maglietta azzurra e dei pantaloncini, messi alla svelta e senza alcuna pretesa di eleganza. Aveva il volto pallido; le sue mani inferiori erano strette nervosamente l’una all’altra. Al saluto sussurrato di Miles rispose con un cenno grato del capo.

Finalmente arrivò il Capo Venn e rivolse a Miles uno sguardo non cordiale, ma rassegnato. Sembrava non aver dormito abbastanza, e con un certo pessimismo si era vestito frettolosamente. Nel suo aspetto nulla mostrava la segreta speranza di poter tornare nel suo sacco. Congedò con un gesto la guardia armata che aveva scortato Miles e invitò bruscamente il Lord Ispettore e i suoi accompagnatori a seguirlo in ufficio. La quad del servizio notturno portò dei bulbi di caffè. Li porse gentilmente ai terricoli, invece di lanciarli in aria per essere afferrati, come aveva fatto con il suo capo e Nicol. Miles ruotò il controllo termico del bulbo fino al limite della zona rossa e bevve il liquido caldo e amaro, come fece Roic.

— Il panico potrebbe essere prematuro — cominciò Venn dopo il primo sorso. — La scomparsa del portomastro Thorne porrebbe avere una spiegazione molto semplice.

E quali erano le spiegazioni complicate che occupavano la mente di Venn in questo momento? Il quad non le rivelò, ma d’altra parte non lo stava facendo neanche Miles. Bel mancava ormai da più di sei ore, fin da quando aveva congedato la sua scorta quad a una fermata della Linea a bolle vicino a casa sua. A quel punto il panico poteva benissimo essere tardivo, ma Miles non voleva ammetterlo di fronte a Nicol. — Sono preoccupato per lui — disse.

— Thorne potrebbe essere andato a dormire da qualche altra parte. — Venn rivolse uno sguardo un po’ enigmatico a Nicol. — Ha provato a chiamare i suoi amici?

— Il portomastro ha detto che sarebbe andato a riposare da Nicol, quando ha lasciato la Kestrel verso mezzanotte — rettificò Miles. — Le sue guardie dovrebbero essere in grado di confermare il momento esatto in cui Thorne ha lasciato la mia nave.


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