«Ora lo so,» disse Solly, bisbigliandogli all'orecchio. «So che non ti conosco. Che ho bisogno di conoscerti.» Si piegò verso di lui per sfiorargli il viso con le labbra e con le guance.

«Cosa vuoi sapere?»

«Tutto, dimmi chi è Teyeo.»

«Non saprei,» disse lui. «Un uomo che ti vuole bene.»

«Dio mio,» disse Solly, affondando il viso per un momento nella coperta ruvida e puzzolente.

«Chi è Dio?» chiese lui mezzo addormentato. Parlavano in voedeano, ma lei di solito imprecava in terrestre o alterrano, in questa evenienza in alterrano, nel nome di Seyt. «Chi è Seyt?» chiese lui.

«Oh… Tual… Kamye… quello che vuoi. Lo dico e basta, è solo un'imprecazione. Tu credi in qualcuno di loro? Mi dispiace. Mi sento stupida con te, Teyeo. Mi muovo a casaccio nella tua anima, ti invado… Gli invasori siamo noi, non importa quanto possiamo essere pacifisti o presuntuosi…»

«Devo amare l'intero Ekumene?» chiese lui, cominciando ad accarezzarle i seni, sentendo il suo tremore di desiderio e anche il proprio.

«Sì,» disse lei. «Sì, sì.»

È curioso, pensava Teyeo, come un po' di sesso cambi tutto. Tutto è lo stesso, ma un po' più facile, meno imbarazzante e inibito. E c'era in più una certa amabile fonte di piacere a loro disposizione, per quando avessero avuto abbastanza acqua e cibo per poter essere più in forma per fare l'amore. L'unica cosa che era veramente diversa era qualcosa per cui non avevano parole. Sesso, conforto, tenerezza, amore, fiducia, nessuna parola era quella giusta. Era una sensazione di assoluta intimità, nascosta nella comunione dei loro corpi, e non cambiava nulla date le circostanze, nulla nel mondo, neanche nel piccolo mondo della loro prigionia. Erano ancora in trappola. Erano ormai ridotti allo sfinimento, e avevano fame la maggior parte del tempo. Erano sempre più impauriti dai loro rapitori sempre più disperati.

«Sarò una signora,» disse Solly. «Una brava ragazza. Dimmi come, Teyeo.»

«Non voglio che ti arrenda,» disse lui fiero e con le lacrime agli occhi, tanto che lei lo abbracciò.

«Resisti,» disse lui.

«Lo farò,» disse lei. Ma quando Kergat e gli altri entrarono, Solly era mogia e abbacchiata. Lasciò parlare gli uomini, tenendo gli occhi bassi. Lui non sopportava di vederla così, eppure sapeva che faceva bene a comportarsi in quel modo.

La serratura fece un rumore secco, la porta si spalancò svegliandolo da un sogno orribile, assetato. Era notte, o mattino presto. Lui e Solly avevano dormito abbracciati per darsi calore e conforto. Vedendo la faccia di Kergat, Teyeo ebbe paura. Era successo ciò che aveva temuto: mostrare, provare la vulnerabilità sessuale di Solly. Lei era ancora mezza addormentata, appiccicata a lui.

Era entrato anche un altro uomo. Kergat non disse nulla. Ci volle un po' di tempo prima che Teyeo si accorgesse che si trattava di Batikam.

Quando lo riconobbe, la sua mente rimase vuota. Riuscì solo a pronunciare il nome del makil. Nient'altro.

«Batikam,» gracchiò Solly «Oh, Dio mio.»

«Questo è proprio un momento interessante,» disse Batikam con la sua voce calda da attore. Non era travestito, ma indossava abiti maschili del Gatay. «Volevo salvarti, non metterti in imbarazzo, Nunzio. Possiamo procedere?»

Teyeo si tirò su e indossò i suoi pantaloni sporchi. Solly aveva dormito nei pantaloni stracciati che le avevano dato i rapitori. Entrambi avevano tenuto addosso le maglie per scaldarsi.

«Hai contattato l'ambasciata, Batikam?» gli chiese lei con voce tremante mentre si metteva i sandali.

«Oh, sì, sono stato là e sono ritornato. Mi spiace se ci ho messo tanto tempo, non sapevo quale fosse la vostra situazione qui.»

«Kergat ha fatto del suo meglio,» disse Teyeo alla fine, risolutamente.

«Lo vedo. Un rischio considerevole. Penso che il rischio d'ora in poi sia più basso, sempre che…» e guardò dritto verso Teyeo. «Rega, cosa ne diresti di metterti totalmente nelle mani dell'Hame?» disse lui. «Ti crea qualche problema?»

«No, Batikam,» disse Solly. «Abbi fiducia in lui.»

Teyeo si allacciò la scarpa, si alzò e disse, «Siamo tutti nelle mani del Signore Iddio Kamye».

Batikam rise, quella bella risata piena di cui si ricordavano.

«Nelle mani del Signore, allora,» disse, e li fece uscire dalla stanza.

È scritto nell'Arkamye: "Vivere in modo semplice è molto complicato".

Solly fece richiesta di restare su Werel e, dopo un periodo di convalescenza sulla costa, fu mandata come osservatore nella zona meridionale del Voe Deo. Teyeo andò dritto a casa, dopo aver appreso che suo padre era molto malato. Dopo la morte del padre, chiese il congedo illimitato dalla guardia dell'ambasciata e rimase con la madre alla fattoria fino alla morte di lei, due anni più tardi. Durante quegli anni lui e Solly, separati da un intero continente, si incontrarono solo saltuariamente.

Quando la madre morì, Teyeo liberò le proprietà della famiglia con un atto di emancipazione irrevocabile, cedendo loro la fattoria con tanto di atto legale. Vendette la sua proprietà ormai senza valore a un'asta e si trasferì nella capitale. Sapeva che Solly soggiornava temporaneamente all'ambasciata. Vecchia Musica gli aveva detto dove la poteva trovare. La trovò in un piccolo ufficio nel palazzo. Lei dimostrava qualche anno di più, era molto elegante. Solly lo accolse con una faccia stupita, e tuttavia circospetta. Non gli si avvicinò per salutarlo o toccarlo, ma disse, «Teyeo, mi hanno chiesto di diventare primo ambasciatore dell'Ekumene su Yeowe.»

Lui non disse nulla.

«Proprio adesso vengo dalle trattative…» Mise il viso fra le mani. «Oddio!» disse.

«Le mie congratulazioni, davvero, Solly.»

Lei di colpo gli corse incontro, gli buttò le braccia al collo e con le lacrime agli occhi esclamò, «Oh, Teyeo, e tua madre è morta. Non lo sapevo, mi dispiace. Mai, mai… pensavo che avremmo potuto… Cosa farai? Ti fermi là?»

«L'ho venduta,» disse lui. Resisteva, invece di ricambiare il suo abbraccio. «Ho pensato che potevo tornare in servizio.»

«Hai venduto la tua fattoria? Ma se non l'avevo mai vista.»

«Io non ho mai visto dove sei nata tu,» replicò lui.

Ci fu una pausa. Lei si staccò da Teyeo, e si guardarono in faccia.

«Ci verresti?» chiese lei.

«Sì,» disse lui.

Parecchi anni dopo che Yeowe era entrato a far parte dell'Ekumene, l'ambasciatrice Solly Agat Terwa fu mandata su Terra come inviato dell'Ekumen. Poi fu mandata su Hain, dove servì con grande distinzione come ambasciatore permanente. In tutti i suoi viaggi e servizi era accompagnata dal marito, un ufficiale dell'esercito di Werel di alcuni anni più vecchio di lei, un uomo bellissimo, tanto riservato quanto lei era socievole. La gente che li conosceva sapeva del loro orgoglio appassionato e della fiducia che avevano l'uno nell'altra. Solly era forse, tra i due, la più felice, ripagata e soddisfatta del suo lavoro. Ma Teyeo non aveva rimpianti. Aveva perso il suo mondo, però aveva tenuto ben stretta la sola cosa nobile che gli restava.


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