UN UOMO DEL POPOLO

Stse

Sedeva accanto a suo padre, presso il bacino di irrigazione. Ali color del fuoco solcavano l'aria del crepuscolo, scendendo a fior d'acqua. Tremuli cerchi si allargavano, s'incrociavano, scemavano sull'immobile specchio d'acqua. «Cos'è che agita così l'acqua?» chiese sottovoce, intimidito dal mistero, e il padre sottovoce gli rispose, «Sono gli araha che la sfiorano per bere». Allora comprese che al centro di ogni cerchio c'era una brama, una sete. Poi fu l'ora di tornare a casa, e lui corse innanzi a suo padre, immaginando di essere un araha in volo nel crepuscolo verso l'alta città dalle finestre illuminate.

Si chiamava Mattinyehedarheddyuragamuruskets Havzhiva. La parola "havzhiva" significa "pietra ad anello". Si tratta di una piccola pietra con un cristallo di quarzo incastonato che attraversandola assume la forma di un cerchio che la circonda. La popolazione di Stse è speciale in fatto di nomi e di pietre. Agli appartenenti ai clan dei Ragazzi del Cielo, dell'Altro Cielo e dell'Interferenza Statica venivano tradizionalmente imposti nomi di pietre o di qualità umane auspicabili quali il coraggio, la pazienza, l'amabilità. Gli Yehedarhed erano molto conservatori, con forti legami di famiglia e di clan. «Se sai chi è la tua gente, sai anche chi sei,» asseriva il padre di Havzhiva, Granito. Era un uomo gentile e tranquillo, che aveva preso molto a cuore la propria responsabilità di genitore, e si esprimeva spesso per proverbi.

Granito era il fratello della madre di Havzhiva, naturalmente, perché questo voleva dire essere padre. L'uomo che aveva aiutato sua madre a concepire Havzhiva viveva in campagna, e si fermava qualche volta a far visita quando era in città. La madre di Havzhiva era l'Erede del Sole. A volte Havzhiva provava invidia per la sua cuginetta Aloe, il cui padre era di soli sei anni più vecchio di lei, e giocava con lei come un fratello maggiore. Talvolta invidiava gli altri bambini che non avevano madri importanti. Sua madre era sempre occupata in digiuni, danze o viaggi, non aveva marito, e raramente dormiva a casa. Stare con lei era stimolante, ma faticoso. Doveva sempre darsi un contegno, in sua presenza. Era un sollievo stare a casa da solo con suo padre, con la nonna che lasciava sempre correre, con la sorella di lei, curatrice delle Danze d'Inverno, con il di lei marito o con qualunque altro parente del clan dell'Altro Cielo che si trovasse in quel momento in visita dalla campagna o dai villaggi.

C'erano due sole dimore di Stse appartenenti ai membri dell'Altro Cielo, e gli Yehedarhed erano più ospitali dei Doyefarad, ragion per cui era da loro che approdavano e si trattenevano i parenti. Sarebbe stata una pesante incombenza ospitarli, se i visitatori non si fossero premurati di portare con sé ogni sorta di prodotti della campagna, e se Tovo non fosse stata l'Erede del Sole. Lei era riccamente compensata per insegnare, per officiare i riti e occuparsi del cerimoniale. I suoi compensi andavano alla famiglia, che spendeva tutto per i parenti, nonché per cerimonie, festività, ricorrenze e funerali.

«Il denaro non può star fermo,» diceva sempre Granito a Havzhiva. «Deve circolare. È come la circolazione del sangue. Se la trattieni, si arresta. Hai l'infarto. E si muore.»

«Morirà il vecchio Hezhe?» chiese il ragazzo. Il vecchio Hezhe non aveva mai speso un soldo per una cerimonia o per un parente, e Havzhiva era un ragazzo attento.

«Sì,» rispose suo padre. «Il suo araha è già morto.»

L'araha è la gioia, è la gloria, è il principio differenziatore del maschile e del femminile, è la generosità, è il gusto per il buon cibo e per il buon vino. È anche il nome dei piccoli pennuti color del fuoco e dalle ali veloci che Havzhiva aveva osservato scendere a bere nei bacini di irrigazione, fiammelle sfreccianti sull'acqua che si incupiva al calar della sera.

Stse è una penisola, separata dalla terraferma del grande continente meridionale da istmi paludosi battuti dalle maree, dove milioni di uccelli acquatici si ritrovano per accoppiarsi e per nidificare. Rovine di un grandioso ponte si possono scorgere sul versante di terraferma, mentre un altro spezzone semisommerso di rovina funge da attracco per le barche della città e da diga frangiflutti. Imponenti vestigia di epoche lontane incombono su Hain, senza suscitare negli Hainesi più interesse o soggezione di un normale paesaggio. Un bambino che in piedi sulla banchina guardi sua madre partire in barca per il continente potrebbe chiedersi perché mai la gente si sia affannata a costruire un ponte quando si poteva benissimo prendere una barca o un razzo. Forse, avrà pensato, gli sarà piaciuto camminare! Io personalmente preferisco andare in barca. O volare.

Ma i razzi argentei passavano sopra Stse senza atterrare, nei loro spostamenti tra i vari luoghi dove si trovavano le dimore degli storici. Numerose barche entravano e uscivano dal porto di Stse, ma la gente della sua razza non ci saliva mai a bordo. Loro vivevano nel pueblo di Stse e seguivano le usanze della loro gente e del loro clan. Apprendevano ciò che era necessario apprendere, e vivevano praticando ciò che avevano appreso.

«La gente deve imparare a essere umana,» disse suo padre. «Guarda la bambina di Shell. Continua a ripetere: insegnami, insegnami!»

"Insegnami", nella lingua di Stse, si dice "aowa".

«Qualche volta la bambina dice uhaaaa,» gli fece notare Havzhiva.

Granito annuì. «Non parla ancora bene il linguaggio umano,» affermò.

Havzhiva si occupò della bimba durante quell'inverno, insegnandole a pronunciare parole umane. Faceva parte del suo parentado di Etsahin, era una sua seconda cugina, da tempo andata a vivere altrove, che si trovava in visita insieme a sua madre, a suo padre e alla di lui moglie. La famiglia osservava con approvazione Havzhiva mentre sillabava paziente "baba" e "gogo" alla placida bimba paffuta che lo guardava stupefatta. Benché non avesse una sorella, e quindi non potesse essere padre, se si fosse applicato con altrettanto impegno nello studio dell'educazione forse avrebbe avuto l'onore di essere scelto come padre adottivo per un bambino la cui madre non aveva un fratello.

Studiava sia a scuola che al tempio, studiava la danza e il gioco del calcio nello stile locale. Era uno studente serio. Era bravo nel gioco del calcio, ma non come la sua migliore amica, una ragazza del Cavo Sepolto di nome Iyan Ivan (nome tradizionale per le ragazze del Cavo Sepolto, indicante un uccello marino). Fino all'età di dodici anni ragazzi e ragazze venivano educati insieme e alla stessa maniera. Iyan Iyan era la miglior giocatrice di calcio della squadra dei bambini. Dovevano sempre trasferirla nel campo opposto a metà partita in modo da equilibrare il punteggio e mandare tutti a casa per cena senza sconfitte o vittorie troppo eclatanti. Iyan Iyan aveva il vantaggio di essere cresciuta precocemente di statura, ma il resto era tutta abilità.

«Andrai a lavorare al tempio?» chiese a Havzhiva mentre sedevano sulla veranda della casa di lei per assistere alla prima giornata dell'Apparizione degli Dei Inconsueti, che aveva luogo ogni undici anni. Non stava accadendo ancora niente di inconsueto, e gli amplificatori non funzionavano bene, per cui la musica proveniente dalla piazza suonava debole e distorta. I due ragazzi chiacchieravano tranquillamente, dondolando i piedi. «No, credo che imparerò a tessere da mio padre,» disse lui.

«Che fortuna! Perché solo degli stupidi maschi possono usare i telai?» Era una domanda retorica, e Havzhiva la ignorò. Non stava alle donne tessere. Non stava agli uomini fabbricar mattoni. La gente dell'Altro Cielo non manovrava barche, bensì riparava apparecchi elettronici. Quelli del Cavo Sepolto non castravano animali ma provvedevano alla manutenzione dei generatori. C'era una serie di lavori permessi, e di lavori proibiti. Ciascuno lavorava per la collettività, e la collettività lavorava per ciascuno. Giunti alla pubertà, Iyan Iyan e Havzhiva dovevano compiere la prima scelta della loro prima professione. Iyan Iyan aveva già scelto di fare apprendistato nella costruzione e manutenzione di case, anche se la squadra di calcio degli adulti avrebbe rischiato di assorbire molto del suo tempo. Una rotonda creatura argentea dalle zampe di ragno scese lungo la strada a lunghi balzi, sprizzando una pioggia di scintille ogni volta che toccava terra. Sei personaggi con lunghe maschere bianche gli correvano dietro, gettandogli addosso dei fagioli. Havzhiva e Iyan Iyan si unirono alle acclamazioni e si sporsero all'infuori per seguirlo mentre girava l'angolo in direzione della piazza. Avevano riconosciuto entrambi, in quel Dio Inconsueto, Chert, un giovane del clan del Cielo, giocatore di punta della squadra di calcio degli adulti, e nello stesso tempo avevano riconosciuto la manifestazione divina. Un dio di nome Zarstsa, o Luce delle Sfere, si stava servendo di Chert per entrare in città per la cerimonia, ed era appena balzato lungo la strada seguito da urla di spavento e di entusiasmo e da lanci propiziatori di fertilità. Divertiti e attratti dallo spettacolo, i due giovani fecero i loro commenti, non privi di acume, sulla foggia del costume indossato dal dio, sui salti, sui fuochi di artificio, rimasero soggiogati dalla stranezza e dalla forza dell'evento. Non proferirono parola per un po' dopo il passaggio del dio, ma rimasero a sedere sulla terrazza, trasognati, nell'incerta luce del tramonto. Erano ragazzi abituati a vivere fra gli dèi quotidiani. Adesso avevano visto uno degli dèi inconsueti. Erano soddisfatti. Un altro dio avrebbe fatto la sua apparizione, prima o poi. Il tempo non ha nessun valore per gli dèi.


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