A passi claudicanti uscì e andò nel reparto veicoli. Il mattino prima Ahn lo aveva portato con sé in un normale giro di manutenzione delle cinque stazioni climatiche per il rilevamento dati più vicine alla Base. La sesta e altre tre, più lontane, erano in programma per quel giorno. Nei viaggi di routine sull'isola Kyril si usava un fuoristrada da superficie chiamato motopulce, inizialmente progettato per i deserti dov'erano frequenti le tempeste di sabbia ma che la gente trovava molto più divertente da guidare delle slitte-antigrav. Le motopulci della Base erano piuttosto basse sul terreno, con una carrozzeria iridescente a forma di goccia, e benché inadatte alla tundra avevano il vantaggio di non lasciarsi spazzare via dalle raffiche del wha-wha. Il personale della Base, come Miles aveva capito da alcuni accenni, detestava abbreviare i percorsi o aggirare l'isola via mare con le slitte-antigrav, che non erano impermeabili al salmastro gelido e avevano lo spiacevole difetto di ballare all'unisono col moto ondoso.

Il reparto veicoli era uno dei tanti bunker semisepolti della Base Lazkowski, ma più grande degli altri. Miles andò a mettere una firma sul registro del caporale Olney, che Ahn gli aveva presentato il giorno prima, e si fece assegnare una motopulce. Anche il tecnico che tirò fuori il veicolo dal suo loculo sotterraneo e lo guidò fino alla rampa d'uscita non gli parve del tutto sconosciuto. Era alto, con una tuta da fatica nera e capelli neri — caratteristiche comuni all'80% degli uomini della base — ma solo quando aprì bocca lui riuscì a identificarlo: era uno dei due addetti ai carrelli i cui commenti lo avevano accolto dopo l'atterraggio. Miles stabilì che si sarebbe sforzato di ignorare altre provocazioni.

Su tutte le motopulci, per regolamento, doveva esserci un completo equipaggiamento di sopravvivenza per i climi freddi. Miles non trascurò di controllare con attenzione che i rifornimenti del veicolo fossero quelli elencati sulla lista prima di firmarla, come Ahn gli aveva insegnato. Il caporale Olney restò a guardarlo con aria sprezzante mentre lui frugava goffamente in ogni scomparto per accertarsi che ci fosse tutto. E va bene, sono lento, pensò Miles, irritato. Un novellino inesperto. E questo è il solo modo in cui so diventare meno novellino e meno inesperto. Un passo alla volta. Ma tenne la sua rabbia sotto controllo. Diverse tristi esperienze gli avevano già insegnato che quello era un pericoloso stato mentale. Concentrati su quello che stai facendo, non su chi ti guarda. Un pubblico di curiosi l'hai sempre avuto. E sempre lo avrai, puoi scommetterci.

Miles applicò la mappa trasparente sul display del quadro di comando, vi proiettò il suo itinerario e lo mostrò al caporale. Anche quella misura precauzionale era richiesta dal regolamento, come gli aveva detto Ahn. Olney ne prese visione con un grugnito e uno sguardo di noia duramente sopportata, comunicandogli così che se fosse rimasto in panne da qualche parte non doveva aspettarsi di vedere l'intera Base precipitarsi a soccorrerlo all'istante.

Il tecnico in tuta da fatica, Pattas, sporgendosi a guardare la mappa da sopra una delle diseguali spalle di Miles disse: — Oh, signor alfiere — con un tono così rispettoso che si poteva dubitare della sua ironia. — Vedo che si fermerà anche alla Stazione Nove.

— Sì?

— Per precauzione le converrebbe parcheggiare allora la motopulce, uh, per via del vento, sa, in una depressione che c'è giusto sotto la stazione. — Un dito sporco di grasso toccò la mappa, su una zona segnata in azzurro. — Qui. Vedrà il posto. Così sarà sicuro che il veicolo potrà ripartire.

— La batteria di questo motore può fargli attraversare un intero continente — disse Miles. — Perché non dovrebbe ripartire?

Olney ebbe un lampo negli occhi, ma subito tornò impassibile. — Certo, ma nel caso che arrivi improvvisamente il wha-wha lei non vorrà farsi spazzare via, no?

— Credevo che una motopulce potesse resistere anche a una tempesta di sabbia. È abbastanza pesante.

— Be', non dico che sarebbe spazzata via, però potrebbe rovesciarsi — borbottò Pattas.

— Capisco. Be', grazie.

Il caporale Olney tossicchiò. Pattas agitò allegramente una mano mentre Miles guidava su per la rampa.

Quando fu all'aperto un vecchio tic nervoso gli fece storcere il mento di lato. Trasse un lungo respiro, impose ai suoi nervi di rilassarsi e uscì dalla Base, sul territorio ondulato e fangoso. Qua e là crescevano dei grossi cespugli marroncini, ma erano così radi che poté dare potenza al motore e manovrare in modo divertente per evitarli. La velocità gli piaceva. Quant'era trascorso dall'ultima volta, un anno e mezzo? Due anni? All'Accademia Imperiale, per mettersi alla prova e dimostrare la sua competenza a ogni dannato istruttore aveva fatto molto motocross e guidato veicoli su ogni genere di terreno. Il terzo anno era stato l'opposto, mesi e mesi in aula davanti a un computer, e aveva quasi perso la mano alla guida. Un novellino! sbuffò fra sé. Sarebbe stato così ogni volta che lo avessero trasferito a un'altra destinazione? Probabile, ammise seccamente fra sé, e accelerò ancora su una lunga spianata.

Quel giorno faceva quasi caldo, il pallido sole sembrava più vivace lì fuori, e quando Miles giunse in vista della Stazione Sei, sulla riva orientale dell'isola, era di ottimo umore. Era un piacere esser solo, tanto per cambiare. Soltanto lui e il suo lavoro, e nessun pubblico. Poteva prendersi il tempo per ogni cosa e farla come andava fatta. Eseguì scrupolosamente la manutenzione di routine, sostituì le batterie, prelevò i contenitori di campioni, e collegò il minicomputer al registratore per assorbirne i dati; poi controllò che non ci fossero danni o Iracce di corrosione sui collegamenti elettrici. E se gli cadeva un utensile, lì non c'era nessuno a fare commenti sui mutanti spastici. In quella pace, il tic nervoso alla muscolatura della mandibola era de! tutto scomparso. Richiuse i pannelli, inspirò benevolmente una lunga boccata d'aria umida e apprezzò il lusso inconsueto della solitudine. Si prese perfino qualche minuto per passeggiare sulla scogliera, e osservò i resti delle piccole forme di vita marina che le onde avevano gettato a riva.

Uno dei raccoglitori di pulviscolo atmosferico della Stazione Sette era danneggiato, e il barometro aveva il vetro rotto. Per riparare i guasti gli occorse un'ora, e appena ebbe finito si accorse che il suo programma di marcia era stato ottimistico. Allorché si lasciò alle spalle la Stazione Otto il soie stava scendendo in una foschia crepuscolare, verdastra. E quando arrivò alla Stazione Nove, in una zona di tundra da cui emergevano alti spunzoni di roccia, presso la costa settentrionale, era quasi buio.

Scese lungo un declivio e parcheggiò la motopulce a circa duecento metri dagli impianti meteorologici, nella depressione che gli era stata raccomandata; accese la torcia elettrica e controllò di nuovo la carta dell'isola. La Stazione Dieci si trovava a una quota non indifferente fra le montagne vulcaniche e i ghiacciai. Meglio non provarci neppure, con l'oscurità. Comunicò il suo cambiamento di programma facendo rapporto via radio alla Base, 160 chilometri più a sud. L'operatore che ne prese nota non gli sembrò particolarmente interessato. Buon segno.

Dato che nessuno lo guardava, Miles ne approfittò per tirare fuori tutte le affascinanti attrezzature di sopravvivenza stivate nel retro della motopulce. Era più prudente impratichirsi del loro uso li, in condizioni climatiche favorevoli, che aspettare l'arrivo di una tempesta di neve. La piccola tenda-bolla a due posti — due posti per individui di corporatura normale, tutti per lui — quando fu aperta gli sembrò un palazzo. La posizionò sottovento rispetto alla motopulce, dopo aver calcolato che la depressione era a suo avviso un po' troppo ampia per offrire un vero riparo dal wha-wha.


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