Derek sorrise.

— Non è divertente!

— Abbiamo cercato di trasformare quei messaggi in qualcosa che avesse senso. Di dar loro una struttura teorica, di inserirli in un sistema. Non è stato facile. Abbiamo scongelato alcuni scienziati, persone di cui pensavamo di poterci fidare. Perfino loro hanno avuto problemi, in particolare i fisici. Hanno detto che la teoria fisica è assolutamente assurda. — Sorrise. — Ma interessante, hanno detto, sebbene non si sentissero a proprio agio con l’occasionalità o l’esigenza dell’intervento di svariate divinità, di solito all’inizio e alla fine dell’universo, anche se, credo, gli dei siano necessari anche per spiegare il comportamento di determinati tipi di particelle.

— Perché ci stai raccontando tutto questo? — domandò Derek.

Agopian bevve ancora un po’ di birra. — Stavo pensando agli uomini che lavoravano per Stalin, cancellando dalle fotografie i vecchi bolscevichi, uno dopo l’altro, man mano che venivano epurati.

"Gli individui che facevano queste cose avevano dei buoni motivi. Forse non buoni per voi o per me, ma convincenti per loro. La rivoluzione era isolata e in pericolo. Andava difesa dai nemici che approfittavano di ogni insuccesso, di ogni lite e incrinatura per farne qualcosa di mostruoso.

"Stavano cercando di difendere la rivoluzione quando eliminarono Trotsky dai Dieci giorni che sconvolsero il mondo.

"Il problema è che avevano torto e hanno contribuito a distruggere la spedizione."

— Che cosa? — dissi.

— Volevo dire la rivoluzione.

Derek fece il gesto che significava "siete assolutamente matti".

— Che cosa significa? — chiese Agopian.

— Voialtri siete dei pazzi.

Agopian annuì. — È vero. Ed è quello che intendo dire alla Ivanova. Tutto questo deve finire. Non sono del tutto certo di quello che farà lei. Voglio che altre persone siano a conoscenza di quanto sta succedendo.

— Credi che ti farà del male?

— Capitano incidenti. Ci sono membri dell’equipaggio che si sono rifiutati di andare avanti con il progetto. Li abbiamo ibernati.

— Con la forza?

Fece cenno di sì col capo.

— C’è un due per cento di probabilità di gravi danni irreversibili — dissi. — E questo la prima volta che una persona viene ibernata. Ogni volta in più aumenta la percentuale dei possibili danni.

Lui annuì di nuovo. — C’è la possibilità che io sia un assassino. Ci penso spesso. Non sono contrario all’assassinio in sé. Ci sono situazioni in cui è giustificato. Ma non credo che questa sia una di quelle occasioni.

Bevve un altra sorsata di birra, poi mise giù la bottiglia e si protese in avanti. — Voglio offrire alla Ivanova una possibilità di… che cosa? Denunciarsi, immagino. Non mi va l’idea di fare la spia. Ma non voglio darle la possibilità di eliminarmi.

— Stai dicendo sul serio? Pensi davvero di essere in pericolo?

— Credo che ci sia una possibilità. Non grossa. Non avrebbe modo di ibernarmi quaggiù e non ritengo probabile che cerchi di uccidermi. Ma abbiamo fatto un sacco di stupidi progetti. — Fece una pausa e inclinò la testa. — Hanno finito di parlare. È meglio che torni. — Si alzò in piedi.

— Si tratta di una questione morale? — domandò Derek. — Sei giunto alla conclusione che mentire è sbagliato?

Agopian sorrise. — È una domanda strana fatta da te.

Derek attese.

Agopian continuò: — Non mi piace pensare che mi adatterei bene all’epoca di Stalin. E non credo che potremo passarla liscia. Ci sono state troppe menzogne che hanno coinvolto troppe persone. È solo questione di tempo prima che qualcuno parli, o qualcuno capisca quello che è successo. — Si diresse verso il parapetto, poi si voltò a guardare indietro. — Ho conservato i messaggi. Quando la gente li vedrà, non avrà più voglia di tornare a casa. — Scavalcò il parapetto e saltò sulla riva. Dopo circa un minuto sentii la sua voce, che salutava qualcuno sull’altra barca.

Derek disse: — Questa non è una situazione che si possa discutere con la birra. Richiede del vino. O forse dell’acquavite. — Si alzò, raccolse le bottiglie ed entrò nella cabina.

Restai seduta in silenzio, ascoltando Agopian che parlava in russo. La sua voce era leggera, rapida e fluida. Gli rispose la voce piena da contralto della Ivanova. Non stavano parlando di niente di serio. Lo intuivo dal tono.

Derek tornò con due bicchieri di vino. Me ne porse uno.

— Agopian non è un burlone, vero? — chiesi.

— No, e non riesco a immaginare che un bugiardo per costrizione si sarebbe imbarcato sulla nave. Credo di poter presumere che stia dicendo la verità.

— Sorprendente!

— Senza dubbio lo è. Si sedette e appoggiò le spalle allo schienale della poltroncina. — Questo spiega alcune cose strane nelle informazioni provenienti da casa.

— Che cosa faremo? — chiesi.

— Berremo il vino, poi andremo a dormire.

Aggrottai la fronte.

— Non affronterà la Ivanova questa notte. Ci sono Eddie e il signor Fang. Vorrà prenderla da sola. — Bevve un po’ di vino. Un insetto dalle ali scarlatte scese svolazzando alla luce e andò a posarsi sull’orlo del suo bicchiere di vino. Derek sorrise. L’insetto rimase lì per circa un minuto, agitando le ali, poi si alzò di nuovo in volo, librandosi oltre il parapetto e scomparendo nell’oscurità sopra il fiume.

— Penso che domani faremmo meglio a raccontare tutto a Eddie. Glielo dobbiamo. Se Mesrop ha ragione, i messaggi cambieranno l’opinione delle persone su questo pianeta. È possibile che si decida di cercare una nuova patria.

— Qui? — chiesi.

— Forse. Il viaggio di ritorno a casa dura più di cento anni. Forse a quel punto le cose saranno tornate come prima. Ne dubito, però. La storia può essere una spirale, non un cerchio. Non si torna mai al punto da cui si è partiti.

— Parli come un marxista.

Lui si alzò, sorridendo. — Quei tristi individui superati? — Mise giù il bicchiere. Era ancora pieno a metà. — Povero, stupido Agopian! Buonanotte.

Entrò nella cabina. Io finii di bere, poi lo seguii e spensi le luci.

Mi svestii al buio, aprii il letto e mi coricai. Come potevo dormire? Ascoltavo il respiro dei miei compagni e pensavo a casa. Il Libero Stato delle Hawaii. La Confederazione dei Grandi Laghi. L’Alta California. Il Nuevo Mexico. Spariti. Tutti spariti. Le nazioni e le tribù del Nord America.

Mi svegliai e trovai la cabina deserta, mi vestii e uscii all’aperto. Eddie e Derek erano seduti e bevevano caffè. C’era una caffettiera sul tavolo e una tazza vuota. Riempii la tazza, poi mi sedetti.

Una splendida mattina! Le nuvole vagavano sulla valle, illuminate dal sole mattutino. Il fiume era in ombra. Luccicava bruno come bronzo.

— Dov’è l’oracolo? — domandai.

— Su al villaggio — rispose Derek. — Si sta procurando del cibo. Tatiana è andata con lui. Voleva dare un’altra occhiata ai nativi sul luogo.

Lanciai un’occhiata a Eddie. La sua espressione era insolitamente cupa. — Glielo hai detto?

Derek fece il gesto dell’affermazione.

— Che cosa faremo?

Eddie disse: — Mi piacerebbe passare sotto silenzio l’intera faccenda, ma non credo che sia possibile.

— Lo faresti? — Bevvi un po’ di caffè, poi mi appoggiai allo schienale della poltroncina. Esisteva un piacere simile al caffè in una fresca mattina d’estate?

Be’, sì. Ma non era questo il momento di fare un elenco.

— Se ho capito correttamente, Mesrop sostiene che non ci adatteremo più sulla Terra. Credo che sentiremo argomenti favorevoli a rimanere qui e a fondare una colonia. — Fece una pausa. — Dovevano essere pazzi. Per me non ha alcun senso logico. Non avevano alcuna possibilità di mantenere un segreto così grosso. Né di riuscire a riscrivere tanta storia. — Fece un’altra pausa. — Credo di riuscire a capire ciò che Agopian sta facendo ora. Ci sta spingendo verso l’intervento.

Feci il gesto del dissenso. — Non credo che stia complottando, ma piuttosto che stia cercando di tirarsi fuori da un complotto.


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