Lavorava e rifletteva. Dopo un po’ le venne un’idea. Le sembrò folle. C’era solo una cosa da fare con un’idea folle. Raccontarla. Soltanto gli uomini stavano zitti quando qualcosa li preoccupava. O le donne che facevano o pensavano qualcosa di vergognoso.

Ne parlò con Tanajin.

— Le nuvole sono a sud, dove si trovano le persone senza pelo. Loro sono nuovi, e le nuvole sono nuove. Perciò sono loro i responsabili.

Forse.

— Ti ho parlato delle loro barche. Le barche lasciano una scia nell’acqua. La scia è bianca. Si forma rapidamente e poi sparisce. Forse anche le nuvole sono scie.

— Nel cielo? — disse Tanajin. — Non essere ridicola. Prima hai detto che queste persone sono capaci di lanciare per aria pietre come i demoni. Adesso sostieni che possono librarsi nel cielo come spiriti. Quanto è probabile una cosa del genere?

Nia fece il gesto della concessione. — Non molto.

— Hai passato troppo tempo da sola, Nia. Ti stai facendo idee strampalate.

Nia fece il gesto che significava "sì".

Arrivarono viaggiatrici da ovest e accesero un falò di segnalazione. Tanajin andò a prenderle: cinque donne grandi e grosse e immusonite. Le loro tuniche avevano strisce verticali dai vivaci colori. Le loro bisacce da sella non assomigliavano a niente che Nia avesse visto prima di allora: grossi canestri fatti con qualche specie di fibra vegetale e a righe orizzontali.

Le cinque donne parlavano con accento molto marcato. Appartenevano al Popolo dei Canestri Ben Intrecciati, dissero. Una barca era giunta nel loro villaggio dal cielo.

— Uh! — esclamò Tanajin.

— Dico che era una barca perché trasportava delle persone. — A parlare era stata la donna che guidava la comitiva. Era la donna più grossa, con un ventre che la faceva sembrare gravida. Ma le donne gravide di solito non viaggiavano. Forse era grassa. Nia non conosceva un modo cortese per domandarlo.

— Non assomigliava a nessuna imbarcazione che io abbia mai visto. Era simile agli uccelli che le nostre vicine fanno per appendere alle insegne. Gli uccelli sono d’oro. I loro corpi grassi. Le ali sono lunghe e sottili. Hanno occhi fatti di differenti specie di cristallo.

Un’altra donna disse: — Questa cosa… questa barca… aveva due grossi occhi sul davanti che brillavano come cristalli. C’erano altri occhi, piccoli, lungo i fianchi. Uh! Era curioso.

La donna capo della comitiva si accigliò.

L’altra donna fece il gesto che significava una scusa per aver interrotto.

La guida disse: — Le persone sulla barca erano quasi prive di pelliccia. Una di loro parlava il linguaggio dei doni, sebbene molto male. Questa persona ha detto che volevano venire a far visita e a scambiare storie.

Tanajin si rivolse a Nia. — Non eri pazza.

— Che cosa significa? — domandò la guida.

— Ci sono state nuvole nel cielo. Questa donna sosteneva che erano causate da imbarcazioni che appartenevano alla gente senza pelo.

— Come facevi a saperlo? — chiese una donna.

— Finisci la tua storia — rispose Nia. — Ve lo racconterò dopo.

— Non sapevamo che cosa fare — disse la guida. — La nostra sciamana ha deciso di chiedere consiglio. Ci ha mandate presso il Popolo dell’Ambra a chiedere la loro opinione. Un altro gruppo si è recato presso il Popolo del Ferro e un altro ancora presso il Popolo della Pelliccia e dello Stagno.

— Siamo in lite con il Popolo dell’Oro. Sono le nostre vicine più prossime. Hanno lingue simili a coltelli e amano comporre poesia satirica. Non intendiamo chiedere niente a loro.

— Inoltre — fece un’altra donna — vivono fra le alte montagne. Non ci piace andare lassù. Uh! È tetro! La pista va su e giù!

— Noi siamo gente di pianura — disse la guida. — Ci piace poter vedere tutto il cammino fino all’orizzonte.

Nia fece il gesto dell’assenso. — Il Popolo del Ferro ha permesso alla gente senza pelo di venire in visita. Non so che cosa abbia deciso il Popolo dell’Ambra.

— È così che l’hai saputo — disse la guida. — Hai visto queste persone.

— Sì — rispose Nia. — Ma non avevo visto il genere di barca che avete descritto.

Le donne fecero domande. Nia disse il meno possibile. Non voleva descrivere il lungo viaggio da est. Non voleva spiegare perché non viveva con la propria gente.

— È evidente che sai più di quello che dici — dichiarò alla fine la guida. — È una tua decisione e non ci riguarda. Noi siamo state inviate presso il Popolo dell’Ambra.

Il giorno seguente le donne proseguirono il loro viaggio. Nia finì di lavorare alla fucina.

— Era quello che aspettavo — disse Tanajin.

Nia fece il gesto della domanda.

— Ulzai continua ad apparirmi in sogno. Parla in tono pressante. Non riesco a capirlo. Di solito è bagnato. Questo dovrebbe significare che è annegato, ma non lo so con certezza. Che cosa vuole? Perché mi importuna?

Nia fece il gesto dell’ignoranza.

— Fabbricherò una nuova zattera e discenderò il fiume. Chiederò di lui al villaggio della gente senza pelo. Può darsi che abbiano trovato il suo corpo.

"Dopo di che proseguirò il mio viaggio. C’è un villaggio sul fiume oltre il lago. Le persone laggiù non si muovono mai. Le loro case sono di legno e loro ci abitano sempre." Tanajin fece una pausa.

"Il loro dono è un certo tipo di pesce molto grosso. Lo affumicano e lo marinano. Conservano anche le uova del pesce e le cose che il pesce maschio produce. La loro sciamana è famosa per la sua saggezza. Le chiederò di spiegarmi i miei sogni. Forse mi serve una cerimonia di propiziazione.

— È possibile — disse Nia. — E il traghetto?

— Le persone possono fare com’erano abituate a fare prima del mio arrivo.

— Il traghetto è stato il tuo dono.

— Tu continuerai a viaggiare. Sei fatta così. Se resterò qui da sola, impazzirò. Troverò un nuovo dono, forse fra il Popolo delle Uova di Pesce, forse più a sud.

Nia aiutò Tanajin a fabbricare la zattera. Ci vollero cinque giorni. Quando ebbero finito, disse: — Insegnami a usare il remo.

— Perché? — s’informò Tanajin.

— Penso di restare qui per un po’ di tempo. Quando verranno delle persone, le traghetterò. Spiegherò che te ne sei andata e che anch’io partirò presto. La notizia si diffonderà. Le persone sapranno di dover portare con sé delle asce.

Tanajin fece il gesto dell’assenso.

Rimase ancora una quindicina di giorni. Passarono la maggior parte delle giornate sull’acqua. Nia imparò a ruotare il grosso e pesante remo e a conoscere ciò che si nascondeva sotto la superficie dell’acqua. C’erano isole che emergevano soltanto negli anni di maggior siccità, ma erano sempre là e la zattera poteva rimanere impigliata su una di esse. C’erano tronchi, più di quanti potesse contarne una persona. Alcuni galleggiavano sulla superficie dell’acqua, altri erano sommersi. Alcuni erano rimasti incagliati nel fango del fondo del fiume e stavano ritti come alberi vivi, i rami che salivano verso la superficie. Altri erano trattenuti meno saldamente dal fango e ondeggiavano avanti e indietro nell’acqua.

— Come canne al vento — disse Tanajin. — O un albero che sta per spezzarsi.

— Aiya! - esclamò Nia.

— Ogni tipo di tronco è pericoloso. Se la zattera resta impigliata, potresti non riuscire a liberarla. Non lasciar mai penzolare una fune. Porta sempre con te un coltello. E tieni sempre d’occhio la superficie. Se ci sono gorghi o mulinelli, evita quel punto.

— È molto più complicato di quanto pensassi — osservò Nia.

Tanajin parlò in tono iroso. — Voi persone del nord siete così ignoranti! Pensate che il fiume sia come la pianura. Pensate che tutto ciò che importa sia in superficie, dove qualunque sciocco può vederlo.

Nia tenne i denti stretti. Un’insegnante aveva sempre diritto almeno a qualche insulto. Tutti lo sapevano. Era vero fra tutti i popoli.

Finalmente Tanajin disse: — Non sei ancora esperta, e non sai abbastanza sul fiume, ma credo che tu sia in grado di farcela. Ora posso lasciarti.


Перейти на страницу:
Изменить размер шрифта: