L’arte di nascondere cose nel corpo umano ha una lunga storia. I contenitori più classici sono la bocca, le narici, lo stomaco, l’intestino, il retto, la vagina, la vescica, l’orbita oculare degli orbi, i canali auricolari: altri metodi più esotici e non molto utili si servono di tatuaggi, a volte coperti di pelo.
Ogni sistema classico è noto a tutti i funzionari doganali e agli agenti speciali, pubblici o privati del mondo intero, della Luna, delle città spaziali, degli altri pianeti, e di dovunque sia giunto l’uomo. Per cui lasciateli perdere. L’unico metodo classico che possa ancora fregare un professionista è la Lettera Rubata. Ma la Lettera Rubata è altissima arte, e, anche quando venga usata alla perfezione, deve servirsi di un innocente che non possa svelare la verità sotto droga.
Date un’occhiata ai prossimi mille ombelichi che incontrerete in società. Adesso che la mia sacca è stata compromessa, è possibile che uno o due di quegli ombelichi nascondano orifizi artificiali come il mio. È lecito aspettarsi un vero boom, per cui tra un po’ nessun chirurgo creerà più sacche ombelicali, dato che ogni tecnica di contrabbando diventa inutile una volta scoperta. Nel frattempo, gli agenti doganali vi infileranno rudi dita nell’ombelico. Spero che un sacco di quegli agenti si prendano un pugno nell’occhio da vittime imbestialite: gli ombelichi tendono a essere sensibili e soggetti al solletico.
— Friday, il punto debole della tua sacca è sempre stato che un interrogatorio ben fatto…
— Erano degli inetti.
— …O un interrogatorio duro con uso di droghe poteva costringerti a svelarne l’esistenza.
— Deve essere successo dopo l’iniezione che mi ha sciolto la lingua. Non ricordo di averne parlato.
— È probabile. Oppure potrebbero averlo saputo tramite altri canali, visto che diverse persone ne sono al corrente. Tu, io, tre infermiere, due chirurghi, un anestesista, forse altra gente. Troppi. In ogni caso, a prescindere da quanto sapevano, i nostri antagonisti hanno rimosso quello che trasportavi nell’ombelico. Ma non incupirti. Hanno avuto solo un lunghissimo elenco, ridotto a microfilm, di tutti i ristoranti riportati nell’elenco telefonico del 1928 di quella che era la città di New York. Senza dubbio in questo momento, da qualche parte, c’è un computer che ci lavora sopra per decifrare il codice segreto… Il che richiederà parecchio tempo, dato che non c’è alcun codice segreto. È solo una lista priva di senso.
— E per questo ho dovuto farmi tutta la strada fino a Elle-Cinque, mangiare cibo schifoso, stare male sulla Piantadifagiolo, e finire nelle mani di bastardi brutali?
— Mi spiace per l’ultimo particolare, Friday. Ma credi che avrei rischiato la vita del mio agente più in gamba in una missione inutile?
(Capito perché lavoro per quel bastardo arrogante? Con l’adulazione si ottiene tutto.) — Chiedo scusa, signore.
— Controlla la cicatrice dell’appendicectomia.
— Eh? — Infilai una mano sotto il lenzuolo e tastai, poi gettai indietro il lenzuolo e guardai. — Che diavolo ha?
— L’incisione era lunga meno di due centimetri e ha seguito esattamente la cicatrice. Non è stato toccato nessun tessuto muscolare. La merce è stata recuperata circa ventiquattro ore fa, riaprendo l’incisione. Con i metodi di ricicatrizzazione accelerata usati su di te, mi dicono che tra un paio di giorni non troverai più la nuova cicatrice nella vecchia. Però sono molto lieto che i Mortenson si siano presi cura di te. Sono certo che i sintomi artificiali provocati per coprire quello che bisognava farti non sono stati piacevoli. Fra parentesi, da quelle parti c’era davvero un’epidemia di infezioni catarrali… Una coincidenza fortuita.
Boss fece una pausa. Io mi rifiutai testardamente di chiedergli che cosa avessi trasportato; tanto non me lo avrebbe detto. Dopo un po’ aggiunse: — Mi stavi parlando del viaggio di ritorno.
— Il tragitto si è svolto senza incidenti. Boss, la prossima volta che mi spedisci nello spazio voglio viaggiare in prima classe, su una nave antiG. Basta con quello stupido trucchetto delle corde da fachiro.
— L’analisi strutturale indica che il Ganciaereo è più sicuro di qualunque nave. Il cavo di Quito è andato perso per un sabotaggio, non per un incidente.
— Taccagno.
— Non ho intenzioni di farti sentire al giogo. D’ora in poi potrai usare l’antiG, se le circostanze e i tempi lo permetteranno. Questa volta avevamo i nostri motivi per servirci della Piantadifagiolo Kenia.
— Sarà, però qualcuno mi ha seguita quando sono scesa dalla capsula. Appena siamo rimasti soli, l’ho ucciso.
Feci una pausa. Un giorno o l’altro, un giorno o l’altro riuscirò a far apparire la sorpresa sulla sua faccia. Riaffrontai l’argomento di sbieco.
— Boss, ho bisogno di un corso d’aggiornamento, con un riorientamento molto minuzioso.
— Davvero? A che scopo?
— Il mio riflesso a uccidere è troppo veloce. Non discrimino. Quello non aveva fatto niente per essere ucciso. Sicuro, mi seguiva. Però avrei dovuto sfuggirgli a Nairobi, oppure al massimo, metterlo fuori combattimento e chiuderlo sotto chiave, poi scappare.
— Discuteremo in seguito le tue possibili esigenze. Continua.
Gli dissi dell’Occhio Pubblico e della quadrupla identità di «Belsen» e di come l’avevo dispersa ai quattro venti, poi attaccai col viaggio verso casa. Lui mi interruppe. — Non hai parlato della distruzione di quell’hotel a Nairobi.
— Eh? Boss, io non c’entravo niente. Ero già a metà strada per Mombasa.
— Mia cara Friday, sei troppo modesta. Un vasto numero di persone e gigantesche quantità di denaro hanno cercato di impedirti di completare la missione. C’è stato persino un tentativo dell’ultimo minuto alla nostra ex fattoria. Devi presumere, se non altro come ipotesi, che l’esplosione dell’Hilton avesse come unico obiettivo la tua morte.
— Hmm. Boss, mi pare che tu sapessi già che sarebbe stata parecchio dura. Non potevi avvertirmi?
— Saresti stata più all’erta, più decisa, se ti avessi riempito il cervello con vaghi avvertimenti su pericoli ignoti? Donna, tu non commetti errori.
— Col cavolo! Zio Jim si è presentato giusto giusto all’arrivo della mia capsula, e non avrebbe dovuto saperne niente. Tutti i miei campanelli d’allarme avrebbero dovuto mettersi a squillare. Appena l’ho visto avrei dovuto infilarmi nel buco più vicino e prendere la prima capsula, per qualunque destinazione.
— Il che ci avrebbe reso estremamente difficile un rendez-vous, e la tua missione sarebbe fallita esattamente come se tu avessi perso quello che trasportavi. Figliola, se le cose fossero andate lisce, Jim ti avrebbe accolta dietro mio ordine. Tu sottovaluti la mia rete di spionaggio, nonché gli sforzi che facciamo per cercare di tenerti d’occhio. Ma non ho mandato Jim a prenderti perché al momento stavo correndo. Zoppicando, per l’esattezza. In tutta fretta. Cercavo di scappare. Immagino che Jim abbia saputo dell’ora prevista per il tuo arrivo dal nostro uomo, e da quello dei nostri antagonisti, o forse da tutti e due.
— Boss, se lo avessi saputo avrei dato Jim in pasto ai suoi cavalli. Gli volevo bene. Quando arriverà il momento, voglio terminarlo io stessa. È mio.
— Friday, nel nostro mestiere non è augurabile abbandonarsi ai risentimenti.
— Io non ne nutro molti, ma zio Jim è un caso speciale. E c’è un altro tizio di cui voglio occuparmi personalmente. Ma ne discuterò con te più avanti. Senti, è vero che zio Jim era un sacerdote papista?
Boss parve quasi sorpreso. — Dove hai sentito quest’idiozia?
— In giro. Chiacchiere.
— Umano, troppo umano. Le chiacchiere sono un vizio. Chiariamo la questione. Prufit era un imbroglione. L’ho conosciuto in prigione, dove ha fatto qualcosa per me, qualcosa di tanto importante da spingermi a trovargli un posto nella nostra organizzazione. Un mio errore. Un mio imperdonabile errore, perché un imbroglione non smette mai di essere un imbroglione; non può. Ma all’epoca soffrivo del desiderio di credere, un difetto del mio carattere che pensavo di aver eliminato. Mi sbagliavo. Continua, per favore.