— Perché lo fa? — domandò Anna.

Lui rise. — Anna, lei è incredibile. Le domande non finiscono mai. Ma io ho raggiunto il limite della mia capacità di rispondere. — Se ne andò.

8

Il giorno dopo, Nicholas fece la sua comparsa ai negoziati. Anna era sola nell’anticamera di quella sala. Nicholas veniva subito dopo il generale, vestito con un’uniforme da cadetto spaziale grigia, la quale sembrava stargli bene addosso. Anna non lo aveva mai visto con Ettin Gwarha. Lo sovrastava quasi di tutta la testa. Che strana coppia! Una volta tanto, non aveva l’atteggiamento abbandonato di sempre, né sorrideva. Il suo pallido viso appariva circospetto, lontano.

Quando tutti si furono seduti, Nicholas si presentò. — Penso di avere incontrato la maggior parte di voi durante gli ultimi negoziati.

Charlie disse sì e poi porse le scuse per la sfortunata piega che gli eventi avevano preso eccetera eccetera.

Nicholas ascoltò e tradusse. I hwarhath si agitarono un po’, poi Ettin Gwarha parlò.

— Le vostre scuse non sono necessarie — tradusse ancora Nicholas. — Sono state presentate e accettate prima che il Popolo acconsentisse agli attuali negoziati.

Charlie aprì la bocca, poi la richiuse. Chiaramente le scuse erano state presentate direttamente a Nicholas. E i hwarhath stavano facendo finta che Nicholas non ci fosse. O che non esistesse come entità separata? Anna non avrebbe saputo dirlo.

Un altro gioco che per lei non aveva senso.

Non accadde nient’altro. I negoziatori discutevano della possibilità di scambiare prigionieri, sebbene nessuna delle due parti ammettesse formalmente di averne. Il generale continuò a fingere di non conoscere l’inglese. Qual era lo scopo? Forse gli dava il tempo di riflettere sull’argomento in discussione. Nicholas tradusse con voce calma e quasi priva d’espressione, niente di simile alla sua solita voce, una voce cantilenante, con ritmi che cambiavano spesso, che imitava, ironizzava.

Anna pranzò con il resto del gruppo dei diplomatici. Non disse loro della sua ultima conversazione avuta con Nicholas sebbene il nome saltasse fuori spesso. Loro vollero sapere perché i hwarhath lo stessero impiegando nuovamente come traduttore. Anna si strinse nelle spalle. Non ne aveva idea. Era il generale a volerlo.

Nel pomeriggio, Hai Atala Vaihar la scortò negli alloggi delle donne. Anna provò il computer che le aveva portato Nicholas. Come aveva detto lui, si trattava di qualcosa di amichevole e con una personalità da farla sorridere. Saltò il programma d’insegnamento per andare al gioco interattivo che Nick aveva menzionato.

Era basato sul romanzo cinese Monkey. Il giocatore (scelse la versione per un giocatore soltanto) era il personaggio principale del libro: una scimmia magica che scatenava l’inferno in Cielo, rubando le pesche dell’immortalità e mettendo in imbarazzo gli dei cinesi.

Come punizione, la scimmia era stata imprigionata sotto una montagna. Per liberarsi e guadagnarsi la redenzione, doveva scortare il monaco buddista Tripitaka in India e ritorno perché Tripitaka potesse portare i Tre Canestri delle Sacre Scritture buddiste al popolo cinese e quindi salvarlo dall’avidità, dalla lussuria e dalla violenza.

Il viaggio in India era pieno di pericoli (ovviamente) e Anna dovette vedersela con numerosi mostri. Alcuni erano benevoli, dopo essere stati sconfitti. La maggior parte rimanevano fedeli alla loro natura diabolica. Anna non era mai stata particolarmente brava nei giochi e perdeva quasi tutti i combattimenti. Il gioco aveva una sovrapposizione. Dopo che la scimmia era morta, invece di tornare all’inizio, Anna poteva premere un pulsante e reimmettersi nel gioco. La scimmia vera ingannava tutte le volte che le era possibile, così Anna pensava di fare lo stesso.

Alla fine, se fosse riuscita ad arrivare in fondo al gioco e a consegnare i canestri con le Scritture, Anna poteva (glielo dissero le istruzioni) acquistare libertà e saggezza, divenendo un vero Buddha. Ma ci sarebbe voluto molto tempo, perfino con le sovrapposizioni.

I suoi giorni assunsero la conformazione di una routine. Al mattino osservava gli umani e i hwarhath ai negoziati. Il pomeriggio parlava con i colleghi. A volte rimaneva negli alloggi degli umani fino a sera. Spesso tornava alle sue stanze e leggeva o giocava a Monkey.

Le donne hwarhath erano ancora alla stazione, sebbene non le capitasse mai d’incontrarle in quel periodo; e a osservare i negoziati come faceva lei… da lontano, per olovideo… c’era anche il frontista Lugala Tsu.

Apprese tutto questo dalla sua scorta ma non riuscì a scoprire nulla su che cosa quella gente stesse facendo o avesse intenzione di fare. Eh Matsehar le disse di non sapere, e Hai Atala Vaihar disse che non spettava a lui fare ipotesi su ciò che poteva passare per la mente di donne o frontisti.

Anna pensava ai due Lugala come a due ragni che se ne stessero acquattati al centro delle loro tele, vigili e pronti ad agire quando fosse arrivato il momento giusto. A pensarci bene, Lugala Minti sembrava sempre più un rospo ma Anna non aveva niente contro i rospi o qualsiasi altro anfibio. Fragili e sensibili, gli anfibi stavano morendo per l’inquinamento più rapidamente di altre specie animali, sulla Terra. I rospi avrebbero dovuto essere apprezzati e protetti, non paragonati a Lugala Minti.

Non che avesse alcuna ragione di credere che ci fosse qualcosa di sbagliato con i Lugala, tranne per l’eccessivo senso dello stile da parte della madre e la sua tendenza a pontificare sulla spaventosità degli umani. Era abbastanza per condannare due persone, una delle quali lei non aveva mai incontrato?

I giorni in cui Vaihar la scortava, lui e Anna parlavano di letteratura umana. Lui voleva un altro libro da leggere e Anna gli raccomandò Huckleberry Finn. Vi avrebbe trovato qualcosa sulla schiavitù.

— Oh, sì — disse Vaihar. — Ho già imparato qualcosa in proposito, sebbene non possa dire di aver capito. Perché si dovrebbe voler schiavizzare… è la parola giusta, vero? …donne e bambini? Perché mai un uomo dovrebbe perfino voler sottomettere?

Come sempre quando parlava con i hwarhath, Anna aveva la sensazione che le mancasse qualche pezzo importante. Non era in grado di rispondere alle domande di Vaihar perché non sapeva che cosa lui le stesse chiedendo davvero.

I giorni in cui le fece da scorta Matsehar, parlavano di teatro. O, piuttosto, Matsehar parlava e Anna ascoltava. Lui aveva cominciato a lavorare alla sua versione di Macbeth. - Comincio a capire come agiscono gli umani quando sono deviati. Nicky ha detto che sarebbe stato utile per me venire qui e aveva ragione, come spesso succede.

Anna vide Nicholas una sola volta, in un corridoio, che parlava con un alieno dal pelo bianco come la neve. C’era qualcosa di diverso nella postura di Nick, qualcosa che Anna dapprima non seppe identificare. Nick la vide e si raddrizzò, sorridendo e sollevando una mano per salutarla. Poi proseguì nella sua conversazione.

— Mi chiedo che cosa possa mai vedere in quella palla di pelo — disse Matsehar.

— Che cosa?

— Lo sciocco di neve. Lo scemo. Il buffone.

— Chi è?

— Il campione in carica di hanatsin in questa stazione. È il suo unico obiettivo acquisito, a meno che lei non consideri obiettivo acquisito avere un buon corpo.

Anna gli chiese cosa fosse hanatsin. Era un’attività tra un’arte marziale e una forma di danza. Quando era eseguito come arte marziale, i due partecipanti erano avversari e uno di loro doveva vincere sull’altro. Quando era eseguito come danza, erano compagni e potevano soltanto vincere insieme. Lo sciocco di neve era un maestro della forma come arte marziale.

— Non so cosa Nicky stia progettando, sebbene pratichi hanatsin e sia anche bravo, tanto da aver bisogno di un buon avversario. — Matsehar fece una pausa. — Ma non è bravo abbastanza da desiderare quell’avversario. Kirin… aspetti, so che c’è una frase umana… se lo mangerebbe a colazione. La vostra lingua ha un notevole numero di discorsi figurati sul mangiare. A volte, mi fa venire la nausea, sebbene non sia peggio dell’eterosessualità.


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