— Sono molto pochi gli umani che muoiono di fame, tranne quando c’è un qualche disastro, un’inondazione, un terremoto — gli ho detto. — Ma tenuto conto della popolazione della Terra, è difficile nutrire tutti adeguatamente. Penso che sarebbe più giusto dire che almeno una parte della popolazione è sottonutrita, e che gente sottonutrita è più facilmente soggetta alle malattie.

E c’è l’inquinamento, la sovrappopolazione, un sistema sanitario che funziona poco, perfino nei paesi più prosperosi. Il genere di cure mediche di cui Wally stava parlando esiste, e le reti televisive lo dimostrano, ma la maggior parte degli umani non vi accede. Ma tutto questo non l’ho detto.

Wally ha proseguito. — Se la vita è sacra, perché la Divinità ci ha dato la morte? Gli umani vogliono porsi contro di lei e dire che si è sbagliata?

— Sono entrambi sacri — ha detto Gwarha. — Sono entrambi dei grandi doni.

— Allora perché gli umani non li trattano entrambi con rispetto? E con giudizio, come la Divinità ha insegnato ai genitori di tutti noi? Uccidono quando non dovrebbero. Non uccidono quando dovrebbero. Non c’è modo di condurre una guerra decente con creature come queste.

Gwarha si è sporto per prendere la coppa dal tavolo davanti a lui: la sua preferita, rotonda e liscia, bianchissima. — Dimmi di nuovo che cos’è Nicky.

— Non è un segreto per te — ha risposto Wally. — Tutti sanno del braccialetto che gli hai dato.

Non ero sicuro di dove l’avevo messo dopo che me l’ero tolto. Da qualche parte nel mio alloggio. Dovevo ricordarmi di cercarlo.

Ciascun anello è a forma di viticcio a spirale. Al centro di ogni anello, incastonato tra le foglie dorate, c’è un pezzo di giada scolpito a forma di tli. Gwarha me lo ha dato anni fa, dopo un viaggio a casa al quale non avevo partecipato. A quei tempi non avevo mai visto una tli, ma sapevo che cos’era: lo schernitore dei giochi animali per bambini.

— Il bugiardo — ha detto Wally. — L’imbroglione, l’animale che si prende gioco dei grandi e nobili animali.

— Hah — ha detto Gwarha. Era arrabbiato. Tempo di mettere fine alla conversazione.

Mi sono allungato e ho cominciato a massaggiargli i muscoli alla base del collo.

— Che cosa? — ha domandato Gwarha.

Che cosa pensi di fare, Nicky? Questo era il resto della domanda. Ho premuto con i pollici. Lui mi ha guardato brevemente e ha richiuso la bocca.

Brav’uomo! Riusciva ancora a cogliere un segnale. Ho continuato a massaggiargli il collo. I muscoli erano come roccia.

Per un po’, c’è stato silenzio. Wally aveva finito il suo discorso su cosa non andava con gli umani e specialmente con Nick Sanders. Sedeva adesso, massa pelosa, con lo sguardo nel vuoto.

Vaihar ha sollevato la testa, incoraggiato dal silenzio oppure incuriosito da quel silenzio. I nostri sguardi si sono incontrati. Ho mosso impercettibilmente la testa verso la porta. Quell’amabile e intelligente compagno ha sbadigliato e ha detto che aveva sonno. Doveva proprio andare. Si è alzato, con la sua grazia di sempre, e ha ringraziato il primo difensore per la serata. Non ha dovuto mentire. Ha detto che era stata interessante, come in effetti è stata.

Poi si è girato verso Wally. Non lo avrebbe accompagnato? Avrebbe gradito molto.

Come se il rientro a casa fosse stato un qualche tipo di epico viaggio invece di una breve camminata… o, nel caso di Wally, di trascinamento… per corridoi bene illuminati.

Wally ha sollevato la testa. L’halin si era finalmente impadronito di lui, la cosa era ovvia, e doveva averlo colpito come un treno espresso. Non so se abbia potuto scorgere il sorriso di Vaihar o cogliere il tono della sua voce: deferente, amichevole, anche un po’ seduttivo. Vaihar faceva sempre la cosa giusta. Quel tanto di seduzione per rendere interessante la richiesta d’accompagnamento, ma niente di più.

Non so se Wally se ne sia reso conto, sembrava a malapena in sé, ma si è alzato con uno sforzo dalla sedia e ha mormorato un grazie a Gwarha. Vaihar gli ha messo un braccio attorno al suo largo corpo peloso e lo ha guidato verso la porta. Li ho seguiti. Quando la porta si è aperta, Vaihar mi ha detto, in inglese: — Me lo devi, Nicky.

— Che cosa? — ha bofonchiato Wally.

— Stavo dicendo buonanotte a Nicky.

— Non è una persona — ha replicato Wally e i due sono andati via incerti sulle gambe.

La porta si è chiusa. Alle mie spalle, qualcosa è andato in frantumi. Mi sono girato. Gwarha era in piedi. Le sue mani erano vuote e sulla parete di fronte a lui scorreva dell’halin. Sulla moquette in fondo, invece, c’erano i pezzi della sua coppa preferita.

— Perché lo hai fatto?

— Ero arrabbiato. Sono arrabbiato. Che cosa sta accadendo tra Vaihar e Wally?

— Sei arrabbiato per questo?

— No, certo che no.

— Vaihar ha portato fuori Wally prima che lui perdesse il suo lavoro e tu il miglior capo delle operazioni sul perimetro.

— L’ho perso — ha detto Gwarha. — Non voglio nessuno nel mio staff che dica le cose che ha detto lui su di te.

— Possiamo riparlarne domani.

— Non sta a te decidere.

— Sì, Primo Difensore.

Mi ha guardato. Le sue pupille erano più strette di prima anche se, dal momento in cui ho messo piede nella stanza, non l’ho visto bere. — Come puoi sopportarlo? Perché non ti sei infuriato?

— Non voglio parlarne.

— Allora va’.

— Sarà meglio che tu vada a letto, a meno che non preferisca passare la notte accanto al dispositivo di eliminazione prodotti organici.

— Non credo che vomiterò. Non sono sbronzo abbastanza.

— Buon per te.

Per un momento ho pensato che si sarebbe intestardito o che avrebbe fatto valere il suo grado su di me. Poi ha fatto la tossettina gutturale che indicava divertimento. — Non ho più voglia di discutere. Non con te. Non di questo. Buona notte. — Si è ritirato con passo quasi fermo nella sua camera da letto.

Che si arrangiasse da solo, ho pensato, guardandomi attorno. Avrei dovuto lasciare ogni cosa com’era: pozze di halin sui tavoli, la lunga macchia sulla parete e le macchie appiccicose sulla moquette. Lasciare che Gwarha si svegliasse l’indomani e vedesse che razza di porco fosse.

Ma l’ordine è la maledizione della mia famiglia, e non me la sentivo di lasciare una stanza in quelle condizioni. Perciò ho ripulito, lasciando coppe e boccali ammonticchiati in cucina, tutti lavati, perfino i pezzi della coppa che aveva rotto. Poi sono andato a dargli un’occhiata. Dormiva, producendo quel suono che sempre produce quando va a letto ubriaco.

Che serata. Mi sono riempito un bicchiere di vino e mi sono seduto in soggiorno, davanti alla parete lavata. Il sistema di circolazione dell’aria era in funzione. Gli odori stavano svanendo. Sono rimasto in ascolto del rumore del ventilatore e ho pensato a tli.

Ho visto almeno un animale ogni volta che sono stato sul pianeta natio, di solito nella campagna, al tramonto o di mattina presto, che scavava nei rifiuti, che annusava in un giardino, che cercava qualcosa da mangiare: piccola cosa rotonda e pelosa, a metà tra un topo e un opossum come dimensione. Il muso è appuntito, le orecchie sono larghe, la coda è lunga, stretta e prensile.

Una volta ne ho visto un esemplare molto grosso che sgattaiolava via in un vicolo della città capitale hwarhath.

Vive dappertutto. Mangia tutto. Non c’è modo di liberarsene. Il Popolo lo guarda con esasperazione e rispetto.

Quando Gwarha mi ha regalato il braccialetto, mi ha detto che la giada era del colore dei miei occhi. Era l’unica ragione che l’aveva spinto a comprarlo, sebbene gli abbia domandato più volte perché il tli, che genere di tli.

Nei giochi animali dei bambini, che sono invariabilmente di carattere morale, il tli è un bugiardo e un ladro e un sobillatore. I suoi piani vanno sempre a monte e alla fine del gioco viene sempre punito.


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