Erano una mezza dozzina a lampeggiare, adesso. Quella sera, i messaggi erano completamente diversi. Non un coro; forse un sestetto, o forse un’emissione di rumore casuale.
— Cosa posso dirle? È facile decidere che una specie è intelligente quando è simile a noi. Come il suo amico, per esempio. Nessuno si è mai fatto domande sui hwar. Abbiamo saputo tutto fin dalla prima volta che abbiamo visto una delle loro navi… Fin dalla prima volta che sono venuti a darci un’occhiata.
Lui la guardò ma non disse nulla.
— Questi qui… — Anna fece segno verso la baia. — …sono davvero alieni; e noi non siamo sicuri di che cosa possa costituire una prova di intelligenza in un animale che va per mare e che non usa attrezzature. Perché me lo chiede, comunque?
— Sono curioso. Negli ultimi giorni, siamo sempre ripartiti dopo il buio e quando ho guardato di sotto li ho visti che lampeggiavano; e sono anche visibili dall’isola… macchie di luce che ballonzolano nell’oceano. E quelli sono i piccoli, ha detto lei. E ho tempo da perdere. Questa sera, stanno cercando di organizzare un evento sociale. Un’idea pazzesca, ma il generale è curioso. Non ha mai visto un gruppo di umani che si divertono. Non penso che funzionerà. I hwarhath non mangiano per divertirsi: per loro è tanto una necessità quanto una legge sacra. Per divertirsi bevono, questo sì, ma i loro festini sono disgustosi. Li evito quanto più mi è possibile. — Nicholas tacque per un momento, guardando la baia. — Mi sono concesso l’orribile fantasia di osservare il generale che cercava di fare conversazione da cocktail party o alle prese… per la prima volta… con una tartina.
— Come vanno i negoziati? — domandò lei.
Lui si strinse nelle spalle. — Sono i primi giorni, e la mia area di competenza non è la diplomazia.
Anna avrebbe voluto domandargli come avesse fatto a mettersi in quella situazione, ma le parve difficile trovare il modo di porgli la domanda. Come si poteva tradire la propria specie? Continuò a parlare degli animali nella baia, formalmente conosciuti come Pseudosiphonophora gigantans. Poi tacque e tutti e due rimasero a guardare in silenzio la baia.
Lui sembrava rilassato, riverso sul parapetto, le mani strette davanti a sé. Ma lei avvertiva un senso di tensione e di solitudine. Il senso di tensione proveniva forse da qualcosa nel corpo di Nicholas, tanto esile che Anna quasi non ne avvertiva consciamente la presenza. Non sapeva bene perché quell’uomo le desse un’impressione di solitudine. Forse per introspezione. Nicholas si raddrizzò. — È tempo di andare. Se conosco bene il generale, si starà annoiando a morte e forse si sarà anche ubriacato. L’alcol non fa assolutamente nulla ai hwarhath. Ma lui si è portato la sua robaccia. — Fece una pausa. — Grazie dell’informazione. Ho letto qualcosa su un vecchio libro… di cui non ricordo il titolo… sull’imparare. È l’unica fonte sicura di piacere e l’unica consolazione che non fallisce mai. — Sorrise. — E tutto quello che ho imparato di recente riguarda certi equipaggiamenti. Mi creda, non è soddisfacente.
Se ne andò con i due soldati alle calcagna. Anna rimase a guardare fino a quando non scomparvero nell’oscurità. Che strana conversazione.
5
Il mattino dopo, Raymond la chiamò proprio mentre lei stava per andare al lavoro.
— Vieni nel mio ufficio, per favore, Anna. — Vide l’espressione del suo viso e aggiunse: — È importante.
Anna prese caffè e un muffin in sala da pranzo e poi andò, arrabbiata. Il più delle volte, Ray non le piaceva e lei non aveva sicuramente votato per lui all’ultima elezione. Ma, a voler essere onesti, era un direttore della stazione perfettamente adeguato e sapeva come trattare con diplomatici e militari. Al momento, quella era una capacità utile.
C’era qualcuno con lui, seduto di fronte alla grande scrivania, una donna in uniforme. La sua pelle aveva lo stesso colore scuro del caffè di Anna. Il taglio dei capelli era quello imposto dal regolamento e il cranio luccicava come se fosse stato lucidato. I capelli, la stretta striscia regolamentare, erano bianchi perché scoloriti. Gli orecchini che le pendevano dalle orecchie erano piccoli grani di vetro.
Ray disse: — Questo è il maggiore Ndo.
— Si sieda, prego — fece il maggiore.
Anna obbedì, a disagio. Aveva delle briciole sulla camicia e i pantaloni. Se le spazzò via, poi cercò un posto dove posare la tazza. Non trovò altro che il pavimento.
Il maggiore disse: — Lei ha avuto una conversazione con Nicholas Sanders, ieri sera. Vuole riferirmela? La prego di essere più precisa possibile e di spiegare la biologia.
— Perché?
— Anna, ti prego — intervenne Ray.
Lei obbedì.
Quand’ebbe finito, il maggiore annuì. — Molto bene. Si avvicina molto alla registrazione, salvo che lei ha dato maggiori dettagli. Ha qualcos’altro da aggiungere? Qualche osservazione?
Ad Anna piaceva l’uomo, ma non aveva intenzione di dirlo alla donna militare. — No. Chi è?
La donna esitò. — Non c’è niente che possa dirle, signora Perez. Tutte le informazioni sono delicate. Non protette ma assolutamente delicate.
— Non voglio apparire una bambina, ma la cosa non mi sembra affatto giusta. Le ho appena detto tutto quello che mi ha chiesto.
Il maggiore annuì. — Ha ragione. Non è giusto. Non ho intenzione di dirle una fandonia sul fatto che la vita non è giusta, perché ho sempre pensato che fosse stupido e inutile. Il suo problema non è che la vita è ingiusta. Il suo problema è che io sono ingiusta. — Sorrise. — È sempre una buona idea fare una netta distinzione tra le forze armate e l’universo. Io posso soltanto dirle cose ovvie. I negoziati sono importanti; la situazione è delicata; lui sta nel mezzo; ed è protetto dall’immunità diplomatica.
— Grazie per il tuo aiuto, Anna — disse Ray.
Anna se ne andò, dimenticando la tazza. Era ancora piena per metà. Con un po’ di fortuna, forse Ray l’avrebbe rovesciata.
La volta successiva in cui vide Nicholas, lui era davanti alla porta della sua camera, il sole che gli splendeva attorno. Indossava lo stesso genere di vestiario dell’altra volta, fatto di stoffa marrone e con un taglio strano. Alla luce del sole, i suoi capelli sembravano molto più grigi che castani.
— Come ha fatto a trovarmi?
— Ho fermato un uomo e gliel’ho chiesto. — Lui sorrise. — Non sapevo il suo nome ma ho detto: «la donna che parla sempre di quelle cose nella baia». È stato sufficiente. Le andrebbe di fare una passeggiata?
— E i negoziati?
— Ho chiesto al generale un giorno di libertà. Non sono l’unico traduttore e sono veramente stanco di stare seduto. Lui sa come sono quando non faccio abbastanza movimento.
Anna ci pensò sopra un momento. — Okay.
— Vengono anche i Gemelli. — Lui si scostò leggermente e Anna vide il ragazzo marine e un alieno. Non avrebbe saputo dire se fosse sempre lo stesso.
— Mi conceda un istante.
Lui rimase davanti alla porta aperta, appoggiato all’intelaiatura. La tensione nel suo corpo aveva un che di maniacale. Dapprima Anna pensò che potesse essere drogato. Ma i suoi occhi si muovevano e mettevano a fuoco normalmente. Le iridi, notò lei, erano di uno strano verde scuro, il colore della giada del Nuovo Mondo. Anna non aveva mai visto un colore simile, prima. Non conosceva alcuna droga che mutasse il colore delle iridi, anche se, naturalmente, le droghe non erano la sua specialità. In ogni caso, l’espressione sul suo viso era d’allerta. L’uomo non era drogato. Era felice.
Si mise la giacca. Si allontanarono dalla stazione.
— Andiamo sulla collina? — domandò Nicholas.
— È off-limits.
Nicholas si girò a guardare il marine. — Soldato?
— Sì, signore, è riservata al personale della stazione.
— Ma non a me?
— Non ne sono sicuro. Credo che potrebbe andarci. Ma non con la signora.