Arrivò dopo mezz'ora un bagnino che domandò: “Avete staccato il gancio di fissaggio?”. “Quale gancio?” rispose Fracchia con un rantolo. “Questo” fa il bagnino, lo staccò e la barca scivolò dolcemente in mare.

Saltarono allora a bordo e Fantozzi nella manovra batté ferocemente la tibia contro il sedile anteriore, ma non gli uscì di bocca un lamento.

“Ai remi” disse giulivo Fracchia. “Siamo in ritardo e dobbiamo vogare ad almeno quaranta palate al minuto!”

Infilarono i quattro remi negli scalmi e Fracchia, che era più a poppa, si voltò e disse: “Pronti? Uno… due… tre… Viaaa!!”. Fantozzi si schiantò sul fondo della barca con un tuffo fantastico all'indietro e prendendo una nucata spaventevole contro gli ultimi sedili di prua: non aveva infilato i remi secondo le regole.

Ripartirono più guardinghi e dopo venti palate erano in piena sauna.

“Via i maglioni!” ordinò Fracchia. Si misero a torso nudo e un sole implacabile cominciò a bersagliarli. “Fracchia, mi passi il thermos dell'acqua” chiese Fantozzi.

“Ma se ha detto che la portava lei, l'acqua” fece Fracchia impallidendo. La situazione cominciava ad aggravarsi. Ogni quattro vogate andavano fuori tempo e Fantozzi colpiva violentemente Fracchia ai reni. Sulle prime questi ululava e si voltava a protestare, poi si limitò, visto che non c'erano speranze, a ululare con ritmo regolare: un ululato ogni quattro vogate.

Arrivarono sul posto scelto per la pesca con le bolle alle mani per la voga, le spalle arroventate dal sole e le labbra viola dalla sete.

“Allegri! Srotoliamo la lenza” disse Fracchia e si strappò quasi un dito con l'amo. Cominciò la tragica attesa sotto il sole.

Dopo la prima ora Fantozzi cominciò ad avere la prima allucinazione: gli parve di sentire muovere la lenza. “Ha abboccato!” urlò e tirò su tutto con ansia. rimasero delusi: nulla! Ma avevano ingarbugliato le due lenze in maniera allucinante. “Con calma!” ordinò Fracchia. “Cerchiamo di sbrogliare il tutto… Lei passi sotto di qui… io vengo lì… poi tiro là, l'importante è di non perdere la calma.” Alla terza ora cominciarono a preoccuparsi. Erano ormai legati mani e piedi.

Alla quarta ora Fantozzi cominciò a sentire le “voci” come Giovanna d'Arco e si buttò in acqua in preda a crisi mistica. Abboccò subito alla lenza di Fracchia e fu da questi immediatamente pescato.

Prima del tramonto i due furono trovati, mentre andavano alla deriva, da una motovedetta della finanza che li trainò ai bagni Flora: erano completamente legati sul fondo della barca, stavano in silenzio, avevano lo sguardo vitreo e lanciavano ogni tanto delle risate stridule brevissime. Quando Fantozzi entrò nella doccia dello stabilimento balneare fu subito azzannato da una grossa cernia che si lavava.

In serata vennero ricoverati entrambi al neuro in osservazione.

Tornarono in ufficio martedì: avevano le mani bendate e non potevano scrivere. Ieri, quando Fracchia propose a Fantozzi di andare a pescare, questi rimase venti secondi in silenzio, vibrando, pronto al lancio, poi gli “sparò” un ceffone con rincorsa, Fracchia si abbassò istintivamente e Fantozzi centrò in piena faccia il direttore che entrava. Furono sospesi per comportamento indisciplinato.

FANTOZZI IN TRENO

Un giorno c'era un tale caldo che a Fantozzi alle undici del mattino, mentre era in cucina che faceva correre un po' d'acqua per bere, comparve improvvisamente la Madonna. Era in piedi sull'acquaio e gli sorrideva, poi scomparve.

“Sarà questo maledetto caldo” si disse: e decise di raggiungere la moglie in campagna. Mentre si preparava per il viaggio si domandava perché mai la Madonna per il passato si sia limitata a comparire a pastorelli semianalfabeti e in zone montuose, e mai per esempio a Von Braun, al Centro Spaziale di Houston durante una riunione della NASA. Non ricordava infatti di aver mai letto sui giornali notizie di questo tipo: “Ieri alle 16,30 la Santa Vergine è comparsa improvvisamente dietro la lavagna di un'aula gremita di studenti della scuola di ingegneria di Pisa, durante la lezione di “meccanica applicata alle macchine”. Il docente professor Mannaroni-Turri, noto ateo, è svenuto di fronte a duecento studenti”.

Facendo queste considerazioni Fantozzi finì di preparare la valigia. Ci aveva messo dentro anche un grande thermos con acqua fatta con le cartine Idriz: non voleva soffrire la sete durante il viaggio. Si recò alla stazione centrale in autobus e lesse che nei posti dei miliardari (Costa Smeralda, Saint Tropez, Scorpios) c'erano un sole e un tempo splendidi. Alla stazione centrale trovò invece un nubifragio terrificante. Sui marciapiedi c'era una gran folla in attesa di un convoglio speciale.

Quando il convoglio arrivò scoppiò una tremenda battaglia a valigiate sui denti. Ventisei “non milionari” caddero subito sotto il convoglio, che non si fermò neppure. La battaglia dalla banchina continuò negli scompartimenti. Un impiegato del comune, che tentava di occupare uno scompartimento con un unico cappellino bianco da mare, fu gettato fuori dal finestrino. Due ore dopo la partenza del treno la situazione cominciò a stabilizzarsi. Scoppiavano ancora delle brevi risse isolate quando ad esempio cadeva una valigia uccidendo la vecchia madre di qualche viaggiatore, ma la cosa finiva lì.

Nello scompartimento di Fantozzi c'era un odore di malga alpina. Per uno scossone del treno, a Fantozzi cadde una frittata di cipolle in testa mentre un bambino precipitava dal finestrino. Il padre voleva tirare l'allarme, ma gli altri viaggiatori si opposero.

Alla quarta ora di viaggio erano tutti in canottiera. Cominciavano già a circolare i primi viaggiatori in mutande. Un compagno di scompartimento che era al finestrino disse a Fantozzi “Senta che buon profumo di campagna!”. Fantozzi si sporse e fu centrato da una cartata di rifiuti. Non fece commenti.

Alla prima grossa stazione rischiò l'acquisto di un cestino da viaggio. Gli era venuta fame vedendo i suoi vicini che divoravano di tutto con violenza, dai polli ai bambini più teneri: “Cestino! Cestino,” gridò “quant'è?” chiese mettendo mano al portafoglio: “Mille e duecento” rispose l'uomo col carrello. Gli passò duemila lire e prese il cestino in attesa del resto. In quel momento il treno cominciò a muoversi e il venditore finse di mettersi a correre con le ottocento lire. Fantozzi si sporgeva e allungava il braccio in maniera telescopica, mentre il treno acquistava velocità. Improvvisamente il venditore inciampò (o finse di inciampare) Fantozzi rimase con il braccio teso mormorando: “Il mio resto… mi viene il resto…”.

Quando aprì il cestino era curioso come un bambino che apre il pacco di Natale. Ne estrasse nell'ordine: un sacchetto col sale, uno col pepe, una forchettina di plastica, un coltellino di plastica un cucchiaino, gli stuzzicadenti, un bicchiere di cartone, un ala di pollo (pure di plastica) e una mela. Ci rimase male. Addentò il pollo, ma era di materiale cosi gommoso che gli schizzò fuori dal finestrino. La mela era bacata. Non c'era da bere, il treno stava attraversando una landa desertica, il sole batteva sulle lamiere roventi della vettura. Tutti cominciarono prima a lamentarsi poi a urlare per la sete. Fantozzi aveva il suo prezioso thermos in valigia con l'acqua fatta con le cartine, ma decise di non bere perché temeva il linciaggio.

Intanto si era sparsa la psicosi degli attentati dinamitardi ai treni popolari. “Maledetti,” gridava la gente “se la prendono con noi poveracci! Fa' che ce ne capiti uno sotto le mani.” In quel preciso istante, per il gran caldo, esplose il thermos nella valigia. Fantozzi venne salvato dall'impiccagione da alcuni agenti della Polfer; lo portarono nuovamente in città, in carcere. In attesa di essere interrogato, fu messo in uno stanzone pieno di contestatori capelloni con barba. Parlavano con sguardi ispirati della “tattica della guerriglia nella giungla boliviana”. Fantozzi ascoltava senza capire. Concluse, per suo conto, che a lui sarebbe stata più utile l'arte della guerriglia nei corridoi della ditta con i suoi direttori.


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