Fantozzi disse imperiosamente: “Ai remi, signori si torna!”. I remi non li avevano portati. Fracchia decise di legarsi una fune alla cintura e di trainare la barca nuotando: si tuffò di testa centrando l'unico scoglio semiaffiorante che c'era nel raggio di 120 chilometri.

Quando raggiunsero il molo era già notte. Fantozzi disse a Fracchia: “Tenga ferma la barca, io salto e poi vi aiuto a salire“. Si sentì il tonfo nell'acqua nera di catrame.

Si accorsero quando erano ormai all'utilitaria che mancava un figlio di Fracchia, ma decisero che ormai era così sporco che non si sarebbe mai più potuto smacchiare, e partirono.

II lunedì mattina Fantozzi entrò in ufficio in una splendida giornata di sole. Un collega gli domandò: “Come è andata la sua prima gita in barca?”. Lui non rispose. Nella semioscurità del sottoscala, due grosse lacrime piene di dignità gli colavano lentamente sulle guance. Nessuno fece più domande e lo lasciarono solo.

FANTOZZI VA AI BAGNI

Fantozzi è andato domenica pomeriggio ai bagni Flora con la signorina Silvani.

Fantozzi nella sua tragica timidezza era sempre stato spigoloso con le donne e giustificava questa sua posizione con la riuscita del suo matrimonio con la signora Pina. Ma in verità per la moglie, capelli opachi color topo, naso alla Dante, e rassegnata a una vita squallida, Fantozzi covava un cupo rancore e un grande desiderio, quello di squartarla e di servirla alla “cacciatora” in un gran banchetto coi colleghi d'ufficio. La signorina Silvani invece, dell'ufficio cabale, gli era decisamente simpatica e, a modo suo, le faceva da sei anni la corte.

Ogni anno, nel mese di agosto, sua moglie andava in campagna. Campagna si fa per dire, era una casetta di contadini, a un'ora di utilitaria dal centro, dove mancavano la luce e l'acqua, e la toilette era una di quelle alla “turca”. Ma la signora Pina aveva così l'impressione di essere in villeggiatura.

Fantozzi “in campagna” ci andava raramente, anche perché aveva avuto un curioso incidente che l'aveva scioccato. La prima volta che c'era andato si era avventurato alla toilette perché in grave difficoltà: aveva la fronte imperlata da goccioline gelate e dei dolori tipo parto. La porta rimaneva chiusa solo se ci si aggrappava con le mani alle maniglie. Al quarto minuto si schiodò di colpo la maniglia di destra e lui, con una sforbiciata all'indietro e un urlo orrendo, si infilò quasi in coppa. La signora Pina accorse premurosa e poi chiese: “Desideri qualcosa?”. Lui rispose con una bestemmia da competizione: 36 minuti!

Venerdì sera la signorina Silvani gli mandò il cuore in gola: “Perché domenica, se è solo, non mi accompagna al mare?”. Il sabato pomeriggio Fantozzi andò dal parrucchiere, alla sera all'ora di cena le telefonò, come d'accordo, per ricordarle il loro appuntamento. Al telefono era stato particolarmente brillante e verbosissimo anche se aveva la salivazione azzerata. Dopo una tremenda “inchiodatura” di un'ora la signorina Silvani lo pregò di lasciarla andare a dormire. “A domani alle 10” era stata la frase di commiato, e lui, buttato giù il telefono, fu pervaso da una contentezza irrefrenabile. Andò in bagno cantando a squarciagola, ma fu subito zittito severamente dai vicini. Quando fu seduto sul letto disse: “La vita è bella” e si buttò all'indietro dando una craniata pazzesca contro lo schienale di legno e svenne.

Passò dallo svenimento al sonno senza accorgersene e alle 8,30 dell'indomani, dopo un sonno nel quale aveva sognato come sempre di squartare sua moglie, si svegliò e cominciò i preparativi. Zoccoli, pantaloni di tela blu di una larghezza sensazionale perché di vecchia foggia, camicione di flanella invernale caldissimo, foulard annodato al collo come aveva visto in una foto di Gigi Rizzi a St. Tropez (ma il suo era gigantesco e i lembi gli toccavano le ginocchia). Cuffia da bagno bianca in testa e asciugamano gettato con noncuranza sulle spalle. Scendendo la scala di casa con gli zoccoli scivolò al primo gradino della rampa e venne giù a valanga. Si arrestò dopo un volo di quasi settantadue metri, di fronte agli occhi allibiti del portinaio che lo salutò con grande stupore. Lui da terra rispose con uno strano sorriso.

La signorina Silvani lo aspettava in un abitino rosa, sotto casa: aveva una borsa di plastica con del ghiaccio e delle birre.

“Non avremo sete” disse alzando la borsa e sali in macchina. La 500 era un forno e c'era un traffico apocalittico; arrivati ai bagni Flora girarono quasi quarantasei minuti per trovare un parcheggio. Erano stati imprevidenti: c'era gente che era arrivata alle quattro del mattino per conquistare un posto all'ombra. Altri avevano coperto le auto con frasche e teli. C'era un clima di tensione tremenda. Quasi trecentoventi macchine si muovevano in circolo coi guidatori che fingevano di gironzolare distrattamente, in realtà aspettando coi nervi a pezzi che si aprisse un varco.

Di fronte a Fantozzi quasi un miraggio: se ne andava una grossa cilindrata. Lui si fermò di colpo. Attese come un giaguaro e quando la macchina parti nel varco si scontrarono, formando un tremendo ammasso di lamiere contorte, quasi diciotto macchine. Ne seguì una guerriglia sulle alture che durò fino alle tre del pomeriggio. Fantozzi ricorda di avere anche sentito diversi colpi di rivoltella.

Entrarono al ristorante dei bagni Flora e attesero un'ora gli spaghetti. Poi Fantozzi uscì allo scoperto. Pelle bianco-latte, cuffia in testa, asciugamano sulle spalle, costume di lana rossa con cintura bianca che gli arrivava fin sotto le ascelle, gli zoccoli li aveva lasciati in cabina perché aveva i piedi tutti piagati. Sulla spiaggia non c'era posto neppure in piedi. C'erano ovunque avanzi di un'orgia di frittate e panini. Molti dormivano al sole con le bocche aperte piene di sabbia e di mosche.

Fantozzi andò verso il trampolino che era l'unico posto libero. La signorina Silvani gli gridò dalla spiaggia: “Su, un bel tuffo!”. Lui guardò sotto e vide l'abisso.

Si preparò, erano vent'anni che non si tuffava.

Si fece allora sulla costa un silenzio tremendo, si fermarono le auto sulle colline e da lontano si levò il rullo sommesso di un tamburo. Lui chiuse gli occhi e si lasciò cadere. Andò giù di pancia per ventisei metri e dalla spiaggia cominciarono a urlare. Quando lui toccò l'acqua si sentì come una esplosione.

Lo pescarono i bagnini e, tra due ali di bagnanti, lo portarono a casa sua in autoambulanza.

Era in cuffia e aveva l'asciugamano stretto in vita perché nel tuffo aveva perso il costume. Il portinaio lo salutò come sempre con grande stupore, ma questa volta Fantozzi non rispose.

Lo adagiarono sul letto lasciandolo solo. Era tutto viola e rosso. Pare, ma questo è solo un pettegolezzo, che nella notte abbia anche urlato dal dolore, ma con grande dignità.

FANTOZZI VA A PESCARE

Domenica scorsa Fantozzi e Fracchia sono andati a pescare.

Era una vecchia idea di Fracchia, quella della “domenica a pescare”, alla quale nessuno dei colleghi d'ufficio aveva mai voluto aderire. Lui ne faceva un gran parlare sottolineando gli incredibili benefici: mare, sole, iodio e relax, tutte componenti dalle taumaturgiche facoltà terapeutiche.

Fantozzi, che sulla pesca aveva solo notizie di seconda mano, venerdì diede improvvisamente la sua adesione e domenica i due partirono all'alba.

Avevano trascorso il sabato pomeriggio nell'acquisto della attrezzatura. In Italia si pesca dalla barca con delle lenze lunghe circa cento metri, con un piombo in fondo e quattro grossi ami; la lenza avvolta in un rettangolo di sughero si chiama “bulentino”. Avevano dovuto comprare tutto in un negozietto che Fracchia aveva consigliato perché a buon mercato: ma per il Fantozzi fu una batosta economica terrificante.

Affittarono una barca ai bagni Flora. Ne avevano chiesta una a motore: ma, si sa, la domenica i prezzi si alzano ed essi preferirono ripiegare su di una barca a remi. “Un po' di moto ci farà un gran bene!” disse allegramente Fracchia. Fantozzi si limitò a guardare mestamente il pauroso barcone di tre tonnellate che avevano preso in affitto. I due erano vestiti come per una pesca alla balena: grandi stivali, pesanti maglioni di lana sotto le giacche a vento e paurosi cappelli di feltro a larghe falde. Tentarono sotto un sole battente di spingere in mare la nave. Urlavano come pazzi per darsi il tempo, diventarono cianotici, ma la petroliera non si mosse di un millimetro.


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