— Uno dei cervelli regionali è morto? — chiese Robin. — Che ripercussioni ha avuto sulla regione?

— Meno di quello che pensi — disse Cirocco. — Dione ha avuto la sfortuna di trovarsi tra Meti e Giapeto allo scoppio della guerra. Era troppo fedele per collaborare con i ribelli o anche solo per rimanersene nelle retrovie, e di conseguenza fu attaccato e mortalmente ferito. È morto da tre o quattro secoli, ma il territorio funziona lo stesso. Giapeto ha cercato di impadronirsene, ma non ha avuto successo. Credo che Gea sia in grado di provvedere a gran parte delle necessità della zona.

— Laggiù — disse Gaby — ho dovuto fare un mucchio di lavori. Su Dione le cose si guastano molto più in fretta, ma è un posto abbastanza tranquillo.

— Comunque — continuò Cirocco — soltanto in questa zona, con Febe e Teti, ci sono due nemici di Gea fianco a fianco. Io, quando posso, preferisco attraversare la zona a bordo di un aerostato, e potete farlo anche voi, Chris e Robin, se volete lasciarci ora. Attraverseremo Febe e Teti con la massima rapidità, ma dovremo passare per via di terra, perché, anche se per il momento posso ancora chiamare un aerostato, nessuno di loro sarà disposto a prendermi dal centro di Febe per portarmi al centro di Teti, che sono i posti in cui devo andare. — Fissò prima Chris e poi Robin.

— Io resto — disse Robin. — Ma vorrei andarmene di qui. Ho paura che Kong abbia… capite. Ne ho ancora per due giorni.

— Finché dura il vento, noi siamo a posto — disse Gaby. — Se cambierà, ci metteremo in cammino molto in fretta, ve lo assicuro. E tu, Chris?

Anche Chris pensava a Kong, ma non nella maniera creduta da Robin. Non era particolarmente ansioso di diventare un eroe, vivo o morto che fosse, ma lo turbava una cosa: che era stata l’unica vera possibilità da lui avuta fino a quel momento.

— Io resto — disse.

Ai titanidi non piaceva Febe. Tendevano a sobbalzare a ogni minimo rumore. A un certo punto, Valiha per poco non salì su un piede a Robin. Rimasero accanto al fuoco a poca distanza dal cavo e intonarono i loro canti, attività che Chris giudicò analoga a quella di fischiare nel buio per farsi coraggio.

Non osò biasimarli. Aveva paura anche lui.

Cirocco aveva promesso di fare in fretta. Non si era parlato di qualcuno che la accompagnasse durante la visita a Febe, neppure di Gaby. La Maga sapeva che Febe non intendeva neppure svuotare la sua vasca di acido, e che quindi lei avrebbe dovuto comunicare come meglio poteva, dalle scale. Non c’era nessun motivo di prolungare l’incontro più del minimo indispensabile. Cirocco doveva chiedere a Febe di ritornare all’alleanza con Gea per godere dei benefici del suo amore: ossia, per evitare le conseguenze della sua collera, poiché Gea, anche se non era in grado di fare molto per migliorare la situazione di Febe, poteva causargli gravi danni. Febe si sarebbe rifiutato, e avrebbe detto a Cirocco di andarsene, accompagnando forse le sue parole con una dimostrazione di potere capace di impaurirla ma non di recarle danno. Febe non era uno sciocco. Sapeva che uno dei raggi era puntato su di lui come un cannone da assedio cosmico, e conosceva la Grande Stretta.

Cirocco aveva parlato con Chris della Grande Stretta, che era stata la maggiore arma di Gea durante la Rivolta di Oceano. L’interno di ciascun raggio era coperto di uno spesso strato verde, costituito di alberi della "foresta verticale". Verticale perché era verticale il terreno su cui spuntavano. Gli alberi crescevano orizzontalmente dalle pareti del raggio ed erano talmente grandi da fare impallidire una sequoia terrestre.

Per poter praticare la Grande Stretta, dapprima Gea aveva privato di umidità la foresta per varie settimane. Era diventata la più grande pila di legna da ardere che si fosse mai immaginata. Non fu necessario che Gea premesse troppo, per sradicare milioni di alberi che caddero sulla zona notturna sottostante. Aveva coperto in questo modo Oceano, dando fuoco ai tronchi e poi chiudendo la valvola inferiore del raggio. La tempesta di fuoco aveva carbonizzato Oceano fino allo strato di roccia. E pareva che Oceano avesse imparato la lezione, perché erano passati diecimila anni prima che avesse osato nuovamente sfidare Gea.

Le ore si trascinarono, e Cirocco non fece ritorno. Aveva già fatto così tante volte le scale che portavano ai cervelli regionali, che sapeva quasi al minuto la durata del percorso. Era improbabile che passasse con Phoebe più di un’ora, ma il tempo passò, scandito dal lento movimento dell’orologio giroscopico, e Cirocco non fece ritorno. Quando Gea ebbe terminato un’altra delle sue rivoluzioni di sessantun minuti, Chris chiese se non fosse il caso di preparare l’accampamento. Ma l’idea non incontrò molti sostenitori, anche se Robin e Chris erano svegli da molto tempo. Gaby non volle neppure discuterne; anche se non lo disse espressamente, tutti sapevano che se Cirocco non fosse ritornata presto, Gaby sarebbe andata alla ricerca della sua vecchia amica, con o senza l’aiuto degli altri.

Chris si allontanò dal gruppo e si stese sul terreno asciutto. Orientò il corpo in direzione da nord a sud, e si posò sulla pancia l’orologio di Gea, ponendone l’asse sul piano di rotazione est-ovest. Pretendere di vederlo muoversi era come pretendere di vedere l’acqua mentre si stava congelando, ma quando distolse lo sguardo per qualche istante e poi ritornò a guardare, lo spostamento divenne perfettamente visibile. Avevano anche un orologio meccanico, che era più utile perché funzionava sempre, indipendentemente dall’orientamento, ma quello era più divertente. Gli dava l’impressione di sentire Gea che ruotava sotto di lui. Ricordava un’esperienza analoga, da lui fatta in una notte chiara, sulla Terra, e all’improvviso provò uno struggente desiderio di ritornare a casa, guarito o non guarito. Sentirsi piccolo di fronte all’immensità del cielo stellato era assai più piacevole che alzare lo sguardo sullo scuro, titanico raggio che conduceva a un invisibile, ma tangibile, paradiso.

— Riprendete quelle borse, quadrupedi!

— Questa volta mi porti tu in spalla, Capitano? — gridò Cornamusa.

— Ehi, Rocky, come fai a stare in equilibrio?

Il ritorno di Cirocco fece perdere a Chris ogni sonnolenza. Il gruppo sì trasformò in un turbine di energia, e Cirocco indirizzò questa energia verso il compito di raccogliere i loro effetti e di portarli nelle canoe. Ma, alla fine, Gaby le rivolse la domanda che incuriosiva tutti.

— Allora, Rocky, com’è andata?

— Non male, direi. Era più… disposto a parlare delle altre volte. Ho quasi avuto l’impressione che fosse lui a… — Sollevò lo sguardo, diede un’occhiata a Chris, e poi serrò le labbra. — Ti dirò poi. Ma sento che c’è qualcosa che non va. Non si tratta di una cosa che si possa definire, ma ho avuto l’impressione che meditasse qualche suo piano. Più presto ce ne andremo di qui, meglio mi sentirò.

— Anch’io — disse Gaby. — Muoviamoci.

Nel salire in groppa a Valiha, anche Chris cominciò a preoccuparsi. Aveva le mani sudate, si sentiva un tremolio allo stomaco, vampate di calore che gli correvano lungo il corpo. Unendo questi sintomi a una sorta di presentimento che gli pareva di provare, era certo che fosse imminente un attacco del suo male.

E allora? Che succedesse pure; quelle persone erano in grado di badare a se stesse. Se qualcuno era destinato a farsi del male, quello era probabilmente lui. Non era la prima volta che provava il desiderio di avvertire dell’imminente scoppio di una crisi coloro che gli stavano accanto. Come tutte le altre volte, prima decise di non dire niente, poi cambiò idea, infine ritornò alla prima scelta. Quella titubanza costituiva una difesa perfetta, perché finiva col rimandare la decisione finché era troppo tardi.

Ma non questa volta! Si voltò verso Gaby, che cavalcava alla sua destra, a un metro da lui. E, voltandosi, vide con la coda di un occhio che Valiha si era girata a sua volta per guardarlo, e con la coda dell’altro occhio scorse un movimento.


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