Quando fecero leva sulle gambe e lo girarono di lato, sul fango si rovesciò una massa informe e umida. Chris dovette allontanarsi e inginocchiarsi a terra. Lo stomaco continuò a sobbalzargli ancora a lungo, dopo essersi completamente svuotato.

Più tardi gli dissero che la ferita di Salterio era un taglio che correva lungo l’intero corpo, e che gli aveva quasi staccato il tronco dalla parte inferiore. A quanto pareva, la lunga ala di destra della bomba volante gli era passata lungo il fianco, pochi istanti dopo che Chris aveva gettato a terra Gaby. L’ala aveva fatto un taglio così netto da far pensare che la sua parte anteriore fosse affilata come un rasoio.

Portarono Salterio sulla riva del fiume, in un punto dove alcuni alberi offrivano una protezione dalle bombe volanti. Chris rimase con Robin, e osservò Gaby, che tagliò dalla testa di Salterio la fluente criniera arancione, si alzò, la annodò strettamente. Senza altre cerimonie, i titanidi fecero rotolare il corpo fino all’acqua e lo spinsero nella corrente con dei lunghi rami. Salterio divenne una forma scura che dondolava tra le onde. Chris lo continuò a osservare finché non scomparve alla vista.

Rimasero laggiù per altre dieci rivoluzioni, perché non volevano incontrare il corpo. Tutti erano svogliati, e nessuno aveva voglia di parlare. I titanidi passarono il tempo tessendo e cantando a bassa voce. Quando Chris chiese a Cirocco di tradurgli quei canti, lei gli rispose che parlavano di Salterio.

— Non sono canti particolarmente tristi — gli disse. — Nessuno di loro era amico intimo di Salterio. Ma neppure i suoi migliori amici terrebbero il lutto come facciamo noi. Ricorda, per loro se n’è andato definitivamente. Non esiste più. Ma è esistito, e se deve sopravvivere in qualche senso, sopravvive nei canti. Di conseguenza, ricordano cantando quello che era per loro. Cantano le azioni da lui compiute, quelle che lo hanno reso una persona amata. Non è molto diverso da quel che facciamo noi, a parte il fatto che non credono in una vita futura. E proprio per questo, secondo me, il loro canto funebre è tanto più importante.

— Io, personalmente, sono ateo — disse Chris.

— Anch’io. Ma è una cosa diversa. Entrambi abbiamo conosciuto il concetto di una vita dopo la morte e poi lo abbiamo rifiutato: lo abbiamo conosciuto anche se nessuno ce lo ha mai insegnato, perché tutte le culture umane sono impregnate di questa idea. Te la vedi costantemente sotto gli occhi. Quindi sono convinta che in fondo al nostro cervello, anche se lo neghiamo, c’è una parte di noi che spera che ci sbagliamo. Anche gli atei hanno esperienze di distacco della mente dal corpo, quando ritornano in vita dopo essere clinicamente morti. È una convinzione profonda della nostra mente, e non esiste nella loro. Quello che mi stupisce è che siano una razza così allegra, nonostante questa assenza di speranza. Mi chiedo se sia stata Gea a inserire in loro questa allegria, o se ci siano arrivati da soli. Non l’ho mai chiesto a Gea perché in realtà preferisco non saperlo: preferisco credere che abbiano la capacità di sollevarsi al di sopra della futilità del tutto, di amare così tanto la vita e di non chiedere altro a Gea.

Chris non aveva mai pensato ai vantaggi di quella che veniva definita una "decorosa sepoltura". Non poteva fare a meno, alla maniera umana, di pensare al corpo come alla persona: l’identificazione che spingeva gli umani a chiudere in una cassa i loro morti per tenere lontano i vermi, o di bruciarli per escludere ogni possibilità di ulteriori spoliazioni.

La sepoltura nel fiume aveva una sua poesia agreste, ma Ofione non si curava di rispettare i morti. Il fiume aveva depositato Salterio su un mucchio di fango, tre chilometri a valle. Quando passarono davanti a esso, i titanidi non lo degnarono neppure di uno sguardo. Chris invece non riuscì a staccare gli occhi dalla scena. Il cadavere coperto di animali spazzini intenti a divorarlo ritornò per molto tempo a turbare i suoi sonni.

28

Triana

Spesso le mappe di Gea usavano l’artificio di scurire le sei regioni notturne per sottolineare il fatto che il sole non splendeva mai su di esse. Questo rendeva ancor più vivaci le regioni illuminate, per contrapposizione. Teti era sempre stampata in giallo o in marrone chiaro per indicare che era un deserto, e questo portava i viaggiatori a credere che il deserto iniziasse nella zona crepuscolare tra Febe e Teti. Invece non era affatto così. La roccia spoglia e la sabbia circondavano la palude centrale di Febe, spingendo aridi bracci a nord e a sud, e in direzione est fino ai cavi centrali.

Ofione scorreva in linea retta, in direzione est, nella parte centro-orientale di Febe, e in apparenza aveva scavato un solco lungo cento chilometri, chiamato Canyon Confusione. Come suggeriva il nome, i normali concetti geologici che restavano validi all’interno di Gea erano pochi. Il canyon era laggiù perché così era piaciuto a Gea, e non per altri motivi; tre milioni di anni erano un tempo troppo breve perché le acque riuscissero a scavare un canyon profondo come quello. Si trattava comunque di una passabile imitazione, anche se assomigliava più al Lago Titonio di Marte, formatosi per cedimento del terreno, che al Grand Canyon dell’Arizona, avente origine idrologica. Il motivo che aveva spinto Gea a imitare quelle formazioni di altri pianeti era sconosciuto.

Dopo avere percorso un tratto di fiume, Robin fu in grado di guardare, dalla cima del canyon, il tratto già percorso. Come nel caso di Rea, questo grazie alle pompe. C’erano stati due tratti difficoltosi, durante i quali Robin aveva migliorato le sue abilità alpinistiche. A causa della presenza delle bombe volanti, la strada Circum-Gea era troppo pericolosa: passava sulle pianure a nord, e non offriva protezione dagli attacchi. Le pareti montane rendevano più faticoso il tragitto, ma offrivano una buona protezione.

Complessivamente, impiegarono tre ettoriv per uscire dal Canyon. Fu la media più bassa che avessero mai tenuta. I frutti che costituivano la parte più gradevole della loro alimentazione erano assenti. Mangiarono i cibi conservati che avevano nelle sacche. Ma c’era ancora un po’ di selvaggina. A un certo punto, quando incontrarono un pianoro ricco di piccole creature con dieci zampe, coperte di scaglie, i titanidi ne presero più di un centinaio e passarono tre giorni ad affumicarle per conservarle, insaporendole con erbe e radici.

Robin non si era mai sentita così bene. Si era accorta con una certa sorpresa che quella vita le piaceva. Si alzava presto, faceva una buona colazione, e alla fine della giornata non aveva difficoltà a prendere sonno. Se non fosse stato per la morte di Salterio, si sarebbe potuta considerare felice. Da moltissimo tempo non le succedeva.

Era strano vedere che Ofione si fermava dove finiva il giorno, ma le cose stavano esattamente così. Alla sua estremità orientale si immetteva in un piccolo lago scuro chiamato Triana, e non ne usciva più. Fino a quel momento, il fiume era stato una costante del loro viaggio: si erano separati da esso soltanto in corrispondenza delle pompe. In definitiva, anche Nox e Crepuscolo erano soltanto due zone in cui il fiume si allargava a dismisura. La scomparsa del fiume parve a Robin di cattivo auspicio.

Ma i cattivi presentimenti legati alla scomparsa del fiume non erano niente, rispetto allo spettacolo che si stagliò davanti a loro, quando la loro ridotta flottiglia giunse sul Triana. Era un ossario. La spiaggia di sabbia bianca era coperta dagli scheletri di miliardi di creature, che formavano grandi dune e onde immote, che si accumulavano a costituire rachitici golgota. Giunti alla riva, si fermarono all’ombra di una singola piastra ossea alta otto metri, mentre scricchiolavano sotto i loro piedi le costole di creature più piccole di topolini.


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