— Non è il caso. Ho solo mezz'ora al giorno.
Appallottolato l'asciugamano, Ol'ga lo gettò sul davanzale. Sospirò: — Potrei anche non riuscire a lavarmi la prossima volta. E neppure a bere il cognac… Alla tua salute, Anton!
— Alla tua!
Il cognac era buono, lo sorseggiai con piacere, malgrado la totale confusione nella mia testa. Ol'ga lo bevve d'un fiato, corrugò la fronte, ma commentò con cortesia: — Non è male.
— Perché il Capo non ti permette di assumere sembianze normali?
— Non è in suo potere.
Era chiaro. La punizione non arrivava dall'ufficio distrettuale, ma dai vertici superiori.
— Ti auguro buona fortuna, Ol'ga. Qualunque azione tu abbia commesso, sono certo che la tua colpa è già stata espiata da un pezzo.
La donna si strinse nelle spalle.
— Vorrei crederlo. Capisco che posso suscitare compassione, ma il castigo era giusto. Del resto… parliamone seriamente.
— Parliamone.
Ol'ga si allungò attraverso il tavolo verso di me. Disse con un misterioso sussurro: — Te lo dico con franchezza: mi sono stufata. Ho nervi saldi, ma così non si può vivere. La mia unica chance è quella di compiere una missione talmente importante che ai capi non resti altra via d'uscita che perdonarmi.
— E dove la troviamo una missione simile?
— L'abbiamo già. E consiste di tre tappe: proteggiamo il ragazzino e lo facciamo diventare un alleato delle Forze della Luce. La vampira la eliminiamo.
Ol'ga aveva un tono sicuro di sé e a un tratto le credetti. Proteggeremo lui ed elimineremo lei. Senza problemi.
— Solo che si tratta di inezie, Anton. A te un'azione simile consentirà di salire di grado, ma io non verrò salvata. L'importante è la ragazza col vortice malefico.
— Di lei si stanno già occupando, Ol'ga. Io… noi siamo stati esclusi dall'incarico.
— Non importa. Non se la caveranno da soli.
— Davvero? — chiesi con ironia.
— Non se la caveranno. Boris Ignat'evič è un mago potente. Ma in altri campi. — Ol'ga socchiuse gli occhi beffardamente. — E io è tutta la vita che mi occupo di catastrofi infernali.
— Ecco che cosa c'entrava la guerra! — esclamai.
— Naturalmente. Simili esplosioni d'odio in tempo di pace non avvengono. Quel bastardo di Adolf… ne aveva di seguaci, eppure l'avrebbero fatto fuori già nel primo anno di guerra. Insieme a tutta la Germania. Quella di Stalin era una situazione diversa: era circondato da un'adorazione abnorme… uno scudo potente. Anton, io sono una semplice donna russa… — un fugace sorriso sottolineò ciò che Ol'ga intendeva con la parola "semplice" — e ho trascorso tutta l'ultima guerra a proteggere i nemici del mio paese dalle maledizioni. Anche solo per questo mi meriterei il perdono, non credi?
— Sì, lo credo. — Avevo la sensazione che si fosse sbronzata.
— Un lavoro fetente… a tutti noi capita di dover andare contro la natura umana, ma giungere fino a tal punto… È così, Anton. Loro… non se la caveranno. Io… posso provarci. Anche se non ne ho la completa certezza.
— Ol'ga, se è una cosa così seria, devi fare rapporto…
La donna scosse la testa, aggiustandosi i capelli bagnati: — Non posso. Mi è proibito comunicare con chiunque, eccetto che con Boris Ignat'evič e il mio partner nell'incarico. A lui ho già detto tutto. Ora posso solo aspettare. E sperare di riuscire a cavarmela all'ultimo minuto.
— E il Capo non lo capisce questo?
— Al contrario, penso che lo capisca.
— E allora… — mormorai.
— Siamo stati amanti. Per molto tempo. E per di più siamo anche amici, il che succede assai di rado… E quindi, Anton, oggi risolviamo la questione del ragazzino e della vampira psicopatica. E domani aspetteremo. Aspetteremo finché non ci sarà una catastrofe infernale. Sei d'accordo?
— Devo riflettere, Ol'ga.
— Perfetto, pensaci. È ora, voltati.
Non feci in tempo. Forse non era stata colpa di Ol'ga. Non aveva calcolato bene il tempo che le era concesso.
Fu uno spettacolo disgustoso. Ol'ga prese a tremare, s'inarcò. Il corpo fu scosso da un'onda sussultoria: le ossa si piegarono, come fossero di gomma. La pelle cadde, mettendo a nudo i muscoli irrorati di sangue. Di lì a un istante la donna si trasformò in un ammasso di carne sgualcita, in una sfera informe. E la sfera si rattrappiva sempre di più, coprendosi di morbide piume bianche.
La civetta delle nevi spiccò il volo dallo sgabello con un grido un po' uccellesco e un po' umano. Si fiondò verso il suo posto prediletto sul frigorifero.
— Diavolo! — gridai, dimenticando ogni regola e insegnamento. — Ol'ga!
— Bello, eh? — La voce della donna era ansimante, ancora provata dal dolore.
— Perché, perché deve succedere proprio così?
— Fa parte del castigo, Anton.
Allungai la mano e sfiorai l'ala dispiegata e tremante.
— Ol'ga, sono d'accordo con te: risolviamo la questione del ragazzino e della vampira.
— Allora al lavoro, Anton!
Annuendo, uscii nel corridoio. Spalancai l'armadio con l'equipaggiamento, entrai nel Crepuscolo perché altrimenti non avrei visto nulla se non abiti e vecchia paccottiglia.
Un corpicino leggero si posò sulla mia spalla: — Che cos'hai?
— Ho esaurito l'amuleto di onice. Puoi ricaricarlo?
— No. mi hanno privato di quasi tutti i poteri. Mi è rimasto solo quello che serve per neutralizzare l'inferno. E anche la memoria, Anton… mi rimane ancora la memoria. Come pensi di uccidere la vampira?
— Non è registrata — dissi io. — Ho solo dei rimedi popolari.
La civetta ridacchiò.
— Il paletto di frassino si usa ancora?
— Io non ce l'ho.
— Capisco. E per via dei tuoi amici, vero?
— Sì. Non voglio che si spaventino, varcando la soglia.
— E allora che cosa usiamo?
Da un nascondiglio scavato tra i mattoni presi una pistola. Mi piegai sulla civetta. Ol'ga studiò attentamente l'arma.
— L'argento? Per i vampiri è molto nocivo, ma non letale.
— Dentro ci sono proiettili deflagranti. — Estrassi il caricatore dalla Desert Eagle. — Proiettili d'argento deflagranti. Calibro 044. Bastano tre colpi e si riempie di buchi, e il vampiro non è più in grado di reagire.
— E poi?
— Rimedi popolari.
— Non credo nella tecnica — mi fece eco Ol'ga. — Ho visto un lupo mannaro riprendersi dopo che era stato fatto a pezzi da una carica.
— E si è ripreso in fretta?
— Dopo tre giorni.
— E io che sto dicendo?
— D'accordo, Anton. Se non ti fidi dei miei poteri…
Era contrariata, lo capivo. Ma io non sono un operativo. Io sono un dipendente del quartier generale.
— Andrà tutto bene — la rassicurai. — Credimi. Su, concentriamoci sulla ricerca dell'esca.
— Andiamo.
— Ecco, è accaduto tutto qui — riferii a Ol'ga. Stavamo nell'androne. Naturalmente nel Crepuscolo.
Di tanto in tanto passava qualcuno, che cercava comicamente di scansarmi, sebbene fossi invisibile.
— Qui tu hai ucciso il vampiro. — Il tono di Ol'ga era molto professionale. — Già… Capisco, amico mio. Hai eliminato nel modo sbagliato i rifiuti… Ma non fa nulla…
Ai miei occhi non restava più alcuna traccia del vampiro defunto. Ma non stetti a discutere.
— Qui c'era una vampira… e tu l'hai colpita… no, hai fatto schizzare della vodka… — Ol'ga scoppiò a ridere piano. — Lei se n'è andata… I nostri operativi stanno perdendo smalto. La traccia è evidente anche adesso!
— Si è trasformata — dissi cupo.
— In un pipistrello?
— Sì, Garik ha detto che c'è riuscita all'ultimo momento.
— Male. La vampira è più forte di quanto sperassi.
— Ma non è selvatica. Beveva sangue vivo e uccideva. Non ha esperienza, ma di forza ne ha a bizzeffe…
— La elimineremo — disse in tono perentorio Ol'ga.
Continuavo a tacere.
— Ah, ecco qui la traccia del ragazzino. — La voce di Ol'ga si addolcì. — Però… ha un ottimo potenziale. Andiamo a vedere dove vive.