— Anton, siamo qui!
Tigrotto era a una decina di metri. La guardai, invidiandola per un attimo: lei non doveva proprio sentirlo il freddo!
Non so da dove i mutantropi e i maghi prendano la loro massa corporea per trasformarsi. Probabilmente non dal Crepuscolo, ma neppure dal mondo degli uomini. Nel suo sembiante umano, la ragazza poteva pesare cinquanta chili o poco più. E ora, sul tetto coperto di ghiaccio, nella sua forma attuale di giovane tigre in posizione da combattimento, pesava un quintale e mezzo. La sua aura era di uno sfavillante arancione, il pelo mandava piccole intense scintille. La coda si muoveva ritmicamente, a destra e a sinistra, e una zampa anteriore graffiava il bitume. In quel punto il tetto era dissestato, qualche appartamento con l'arrivo della primavera sarebbe rimasto allagato…
— Vieni più vicino, Anton — ruggì la tigre, senza voltarsi. — Eccola!
Orso si teneva più vicino alla vampira che non Tigrotto. E sembrava anche più minaccioso. Questa volta per trasformarsi aveva scelto il sembiante di un orso bianco, e per di più, a differenza degli abitanti dell'Antartide, appariva candido come la neve nelle illustrazioni dei libri per bambini. No, forse tutto sommato doveva essere un mago e non un mutantropo rieducato. I mutantropi si limitano a uno, massimo due sembianti, mentre io l'avevo visto trasformarsi in un goffo orso bruno al carnevale che avevamo organizzato per la delegazione americana della Guardia e anche in un grizzly durante le lezioni dimostrative sulla reincarnazione.
La vampira stava proprio sul bordo del tetto.
Si era visibilmente indebolita dopo il nostro incontro. Il suo viso era più scavato e le guance si erano afflosciate. Nella fase iniziale di ritrasformazione dell'organismo i vampiri hanno bisogno di sangue fresco. Comunque non bisognava lasciarsi ingannare dall'aspetto: la consunzione era solo esteriore, le cagionava sofferenza, ma non le toglieva le forze. L'ustione sul suo viso era quasi scomparsa, ne rimaneva solo una debole traccia.
— Tu! — La voce della vampira era esultante. Sorprendentemente esultante, come se non mi avesse chiamato a una trattativa, ma al macello.
— Io.
Egor stava davanti alla vampira che si faceva scudo di lui per proteggersi dagli operativi. Il ragazzo era nel Crepuscolo prodotto dalla vampira e perciò non aveva perso conoscenza. Stava in silenzio, immobile, e fissava ora me ora Tigrotto. Era evidente che riponeva la sua fiducia soprattutto in noi due. La vampira teneva una mano di traverso sul petto del ragazzino e con l'altra lo stringeva alla gola con i suoi artigli. La situazione non era difficile da valutare. Un'impasse. E per di più reciproca.
Se Tigrotto e Orso avessero cercato di aggredirla, lei avrebbe staccato di netto la testa al ragazzo. E di questo non si guarisce… neppure con i nostri mezzi. D'altro canto se avesse ritenuto conveniente uccidere il ragazzo, nulla ci avrebbe fermato.
Non si possono evitare i nemici. Soprattutto se vai in giro a uccidere.
— Volevi che venissi. Sono venuto. — Alzai le mani per dimostrare che non avevo nulla. Avanzai.
Quando fui tra Tigrotto e Orso, la vampira digrignò i canini: — Fermo!
— Non ho né paletti, né amuleti da combattimento. Non sono un mago. E non posso farti niente.
— L'amuleto. Sul tuo collo c'è un amuleto! Ecco cos'era…
— Non c'entra con te. Serve contro chi è incommensurabilmente più forte di te.
— Toglilo!
Ahi, ahi, andava proprio male… Sganciai la catenina, tolsi l'amuleto e lo gettai a terra. Ora, se l'avesse desiderato, Zavulon avrebbe potuto agire contro di me.
— L'ho tolto. Parla. Che cosa vuoi?
La vampira ruotò la testa, il suo collo compì senza fatica una rotazione di 360 gradi. Però! Non avevo mai sentito parlare di niente del genere… e forse neanche i nostri guerrieri. Tigrotto cominciò a ruggire.
— Qualcuno cerca di intrufolarsi! — La voce della vampira restava umana, era la voce stridula e isterica di una ragazzetta che aveva acquisito casualmente forza e potere. — Chi? Chi?
Conficcò la mano sinistra, da cui aveva sguainato gli artigli, nel collo del ragazzo. Io trasalii, pensando a quel che sarebbe accaduto se fosse sgorgata anche una sola goccia di sangue. Ma la vampira stava perdendo il controllo. Con l'altra mano, con un gesto goffo che ricordava quello del Lenin raffigurato sull'autoblindo, indicò il bordo del tetto.
— Che esca!
Io, sospirando, gridai: — Il'ja, esci…
Delle dita si agganciarono al bordo del tetto. Dopo un istante Il'ja scavalcò la bassa recinzione e si mise accanto a Tigrotto. Dove si era nascosto? Sulla tettoia del balcone? O era rimasto appeso, aggrappandosi all'infiorescenza di muschi blu?
— Lo sapevo! — disse esultante la vampira. — Un imbroglio!
La presenza di Semën non doveva averla percepita. Forse il nostro flemmatico amico da un centinaio d'anni praticava anche il Ninjutsu, l'antica arte dei Ninja…
— Proprio tu parli di imbrogli.
— Sì, proprio io! — Per un istante negli occhi della vampira balenò un'espressione umana. — Io so come imbrogliare! Voi no!
"Bene, bene. Tu lo sai e noi no. Credilo pure, speralo. Se ritieni che il motto «la menzogna per la salvezza» si adatti solo ai predicatori, credilo pure. Se ritieni che il verso «il bene deve mostrare i pugni» sia solo quello superato di un poeta alla berlina, speralo pure."'
— Cosa vuoi?
Lei tacque per un istante, come se finora non ci avesse mai pensato.
— Vivere!
— Per questo è tardi. Sei già morta.
La vampira digrignò i denti.
— Davvero? E i morti possono staccare le teste?
— Sì, possono fare solo questo.
Ci guardammo. Era tutto così strano, così eccessivo e teatrale, e il nostro dialogo tanto assurdo che non c'era possibilità d'intesa. Lei era morta. La sua vita dipendeva dalla morte di altri. Io ero vivo. Ma dal suo punto di vista era esattamente l'opposto.
— Non è colpa mia. — La sua voce si fece più calma, più morbida. E allentò un poco la mano sul collo di Egor. — Voi, voi che vi definite Guardiani della Notte… siete coloro che la notte non dormono, coloro che hanno deciso di arrogarsi il diritto di proteggere il mondo dalle Tenebre… Dov'eravate voi quando hanno succhiato il mio sangue?
Orso fece solo un passetto avanti. Un minuscolo passo, come se non avesse spostato le sue possenti zampe, ma fosse stato mosso dalla furia del vento. Pensai che avrebbe potuto muoversi così ancora per decine di minuti, forse per un'ora intera, finché fosse continuato il diverbio. Finché non avesse ritenuto di avere sufficienti possibilità. Allora avrebbe fatto un balzo e… Se gli fosse andata bene avrebbe strappato dalle mani della vampira il ragazzino, che se la sarebbe cavata con un paio di costole rotte.
— Non possiamo tenere d'occhio tutti — dissi io. — Non ce la facciamo.
Era strano, ma cominciavo ad avere compassione di lei. Non del ragazzino, incappato per caso nel gioco tra le Tenebre e la Luce, non di Svetlana, la ragazza su cui incombeva una maledizione, né della città che non aveva colpe e che sarebbe stata distrutta da quella maledizione… Avevo compassione della vampira. Perché, davvero, dov'eravamo noi? Noi che ci definivamo i Guardiani della Notte…
— A ogni modo tu avevi una scelta — dissi. — E non dire che non è così. L'iniziazione avviene solo se c'è un consenso reciproco. Tu potevi morire. Morire onestamente. Come un essere umano.
— Onestamente? — La vampira scosse la testa, spargendo i capelli sulle spalle. Ma dov'era Semën… possibile che fosse tanto difficile arrampicarsi sul tetto di un palazzo di diciannove piani? — Avrei voluto… morire onestamente. Ma chi ha firmato la licenza… colui che mi ha predestinato come preda ha agito forse onestamente?
Le Tenebre e la Luce…
Lei non era solo la vittima di un vampiro indemoniato. Era anche la preda designata, prescelta da un cieco destino. E non le era stata assegnata altra sorte che concedere la propria vita per prolungare la morte altrui. Solo che quel ragazzo che era stramazzato ai miei piedi come cenere, arso dal marchio, lui l'amava. L'amava davvero… e non aveva succhiato solo la vita di un'altra, di un'estranea, ma aveva trasformato la ragazza in una sua pari.