Guardai Egor negli occhi. — Ognuno deve decidere per sé. Io me ne vado. Ho ancora una ragione per vivere.
— Perché vuoi salvarmi? — chiese il ragazzo con curiosità. — La vostra Guardia ha bisogno di me?
— Non credo che entrerai mai nella nostra Guardia… — dissi, sorprendendomi di me stesso.
Sorrise. Un'ombra passò tra di noi: Semën. Aveva notato qualcosa? C'erano problemi?
Me ne stavo lì a perdere le mie ultime forze, cercando di distogliere da un raffinato tentativo di suicidio un piccolo Altro comunque condannato.
— Me ne vado — dissi. — Perdonami.
L'ombra si era attaccata a me, mi si era congelata sulle dita e si era saldata al mio viso. Mi strappai da lei a strattoni. Il Crepuscolo sibilò, deluso da una simile condotta.
— Aiutami! — disse Egor. Sentivo appena la sua voce, ero quasi uscito. Lo disse all'ultimo secondo.
Tesi la mano, afferrando la sua. Ormai l'ombra cadeva, mi si staccava di dosso, la nebbia intorno si diradava. E tutto il mio aiuto al ragazzo non poteva essere che simbolico: doveva farcela da solo.
Ce la fece.
Precipitammo nello strato superiore del Crepuscolo. Il vento freddo mi sferzò il viso, ma ora era persino piacevole. Le deboli scosse erano ormai scontri violenti. I torbidi grigi diventarono brillanti.
Qualcosa era cambiato in quei secondi in cui avevamo parlato. La vampira seguitava a dibattersi sotto l'Orso… Ma c'era dell'altro. Il ragazzo stregone era riverso sul tetto forse morto, forse privo di conoscenza. Accanto a lui si azzuffavano ancora Tigrotto e la strega… Ma c'era dell'altro.
Il serpente!
Il serpente bianco si gonfiava, s'ingrossava, aveva già occupato un quarto del tetto. Come se l'aria lo facesse ondeggiare sollevandolo in alto, o come se fosse decollato da solo. Semën stava dinanzi alle spire avvitate del suo corpo infuocato, dopo essersi accovacciato in una delle vecchie posizioni da combattimento e le sue palme percuotevano quel groviglio bianco fiammeggiante. Non mirava al cobra, ma a qualcuno che stava sotto di lui e che avrebbe dovuto essere morto da un pezzo, e che invece continuava ancora a lottare…
Un'esplosione!
Un turbine di Luce, brandelli di Tenebre. Qualcosa mi urtò la schiena e cadendo precipitai su Egor, travolgendolo, ma in compenso riuscii ad afferrargli la mano. Tigrotto e la strega, avvinte nella lotta, volarono verso il bordo del tetto e si arrestarono sulla recinzione. Orso si strappò dalla vampira, distrutto, coperto di ferite, ma ancora vivo. Semën barcollò, ma rimase in piedi: era protetto da una torbida lente riflettente di difesa. L'unico a precipitare giù fu lo stregone che aveva perso conoscenza: nella caduta sfondò le sbarre arrugginite di un cancello e si accasciò come un sacco vuoto.
Solo Il'ja era rimasto lì impalato. Non avevo notato nessuna protezione intorno a lui, che continuava a contemplare come prima quanto stava avvenendo, stringendo il suo bastone.
E i resti del cobra infuocato si librarono nell'aria, si dispersero in guizzanti nuvolette, in scintille, mandando piccoli bagliori. Da sotto questi fuochi d'artificio si levò lentamente Zavulon, allargando le braccia in un gesto magico. Nel combattimento aveva perso i vestiti e ora era completamente nudo. Il suo corpo si era modificato e aveva assunto i tipici connotati demoniaci: fosche squame avevano preso il posto della pelle, il cranio aveva una forma irregolare, peli arruffati gli erano cresciuti al posto dei capelli, gli occhi erano sottili con le pupille verticali. Dal coccige pendeva una corta coda biforcuta.
— Via! — gridò Zavulon. — Via!
Chissà che accadeva ora nel mondo degli uomini… Esplosioni di letale nostalgia e di cieca, ingiustificata gioia, attacchi di cuore, azioni assurde, litigi tra amici cari, tradimenti di amanti fedeli… Gli uomini non vedevano ciò che era in corso, ma la loro anima ne era sfiorata.
Perché?
Perché tutto questo per i Guardiani del Giorno?
In quel momento fui invaso da un senso di serenità. Una fredda, razionale, quasi dimenticata serenità.
Una strategia dalle molte mosse. Si potrebbe ipotizzare che tutti gli eventi si siano determinati secondo un preciso piano della Guardia del Giorno. Partiamo da qui. E poi unifichiamo tutte le casualità, a cominciare dalla mia caccia nella metropolitana, no, a cominciare dall'istante in cui a un ragazzo vampiro fu destinata in pasto una ragazza di cui non poté fare a meno di innamorarsi.
I pensieri fluivano impetuosi, come se avessi indotto una tempesta cerebrale e mi fossi messo in contatto con la coscienza di altri uomini, come fanno talvolta i nostri analisti. No, questo naturalmente non era accaduto… Semplicemente le tessere del puzzle, prima sparpagliate sul tavolo, si erano animate e si combinavano sotto i miei occhi.
I Guardiani del Giorno se ne infischiavano della vampira…
I Guardiani del Giorno non avrebbero scatenato un conflitto per un ragazzino potenzialmente molto dotato.
I Guardiani del Giorno avevano un'unica ragione per combinare tutto questo.
Un mago delle Tenebre dal potenziale mostruoso.
Un mago delle Tenebre in grado di rafforzare le loro posizioni… non solo a Mosca, ma in tutto il continente…
E così avrebbero raggiunto il loro scopo. Noi avevamo promesso di consegnare il mago…
Era un mago sconosciuto, l'unica X, l'unica incognita della missione. Si poteva assegnare una Y anche a Egor: le sue capacità erano troppo grandi anche per un Altro alle prime armi. E tuttavia quello del ragazzo era un potenziale già noto, anche se con un fattore sconosciuto…
Era stato inserito ad arte nella missione. Per complicarla.
— Zavulon! — gridai. Oltre le mie spalle Egor ruzzolava, tentando di rimettersi in piedi, ma continuando a scivolare sul ghiaccio. Semën si era allontanato dal mago ed era sulla difensiva. Il'ja contemplava indifferente ciò che stava avvenendo. Orso si era avventato contro la vampira che si dibatteva, cercando di rialzarsi. Tigrotto e la strega Alisa si stavano avvicinando di nuovo. — Zavulon!
Il demone mi guardò.
— Lo so per chi lottate!
No, non lo sapevo ancora. Cominciavo solo ora a comprenderlo perché il puzzle si era ricomposto, mostrando un volto ben noto…
Il demone aprì la bocca: le mascelle si erano scisse in destra e sinistra come se fosse un coleottero. Somigliava sempre più a un gigantesco insetto, le squame si erano compattate in un'unica corazza, i genitali e la coda si erano ritratti, dai fianchi erano spuntati nuovi arti.
— Allora tu… sei un cadavere.
La voce era rimasta immutata, acquisendo persino un tono riflessivo e intellettuale. Zavulon mi tese una mano, che si allungava a scatti, con sempre nuove falangi.
— Vieni da me… — bisbigliò.
Tutti annichilirono. Tranne io, che mi mossi verso il mago delle Tenebre. Le tecniche di difesa mentale che avevo coltivato per molti anni non avevano lasciato traccia. Non potevo, non potevo in alcun modo opporre un rifiuto a Zavulon.
— Fermo! — ruggì Tigrotto, distogliendosi dalla strega malconcia, che ancora digrignava i denti. — Fermo!
Mi sarebbe piaciuto esaudire la sua richiesta, ma non potevo.
— Anton… — una voce risuonò alle mie spalle. — Voltati…
Ecco, questo potevo esaudirlo. Voltai la testa, distogliendo lo sguardo dagli occhi color ambra dalle pupille verticali.
Egor stava accoccolato, non aveva la forza di alzarsi. Era stupefacente che fosse ancora cosciente… La riserva delle sue energie doveva essere finita da un pezzo. La stessa riserva che aveva suscitato l'interesse del Capo, fin dall'inizio. Il fattore Y. Introdotto per complicare la situazione. Dal palmo di Egor pendeva un piccolo amuleto d'osso su una catenina di rame.
— Prendilo! — gridò il ragazzino.
— Non toccarlo! — intimò Zavulon. Ma era troppo tardi, mi ero già chinato per prendere l'amuleto, volato ai miei piedi. Al tatto la medaglietta bruciava, come se fosse carbone ardente.