Un pezzo di carne da cannone tra l'esercito della Luce e quello delle Tenebre.
— La Luce sia con te — dissi. E il piccolo uomo insignificante assentì, con il volto splendente. Negli occhi gli brillava il fuoco dell'adorazione. Esattamente allo stesso modo qualche ora prima aveva guardato il mago delle Tenebre che gli aveva dato un ordine frettoloso e gli aveva mostrato la mia fotografia.
Un minuto dopo l'agente, con addosso i miei abiti bagnati e puzzolenti, era di guardia alla scala. Mentre io scendevo, cercando di capire che cosa avrei potuto fare se nel quartier generale avessi trovato Zavulon, o un altro mago del suo livello.
In quel caso i miei poteri non sarebbero bastati neppure con il nuovo mascheramento.
La Sala di Bronzo. Vi entrai e diedi una rapida occhiata a quell'assurdo "vagone-ristorante" circolare. Il grande anello su cui erano fissati i tavolini ruotava lentamente.
Non so perché pensavo che le Tenebre avessero scelto per il loro quartier generale la Sala d'Oro o quella d'Argento. E fui perfino un po' stupito dallo spettacolo che mi accolse.
I camerieri fluttuavano tra i tavoli come pesci intorpiditi, distribuendo bevande alcoliche che in quella sede sarebbero state proibite. Proprio di fronte a me, su due tavolini, erano disposti i terminali del computer, collegati a due telefoni cellulari. Non erano stati a cablare tutte le innumerevoli comunicazioni della torre, il che significava che la riunione del quartier generale non doveva durare a lungo. Tre ragazzi con i capelli lunghi lavoravano con grande concentrazione, le dita danzavano sulle tastiere, sugli schermi scorrevano le immagini, nei portacenere fumavano le sigarette. Non avevo mai visto i programmatori delle Tenebre, ma questi naturalmente erano semplici operatori, e non i responsabili del sistema. Ed erano assolutamente identici a un qualsiasi mago dei nostri, al lavoro nella nostra sede davanti al suo notebook collegato in rete. Forse avevano addirittura un'aria più rispettabile dei nostri, o almeno di qualcuno di loro.
— Sokol'niki è completamente coperta — disse uno dei ragazzi. Non aveva gridato, ma la sua voce era risuonata in tutta la sala e i camerieri avevano avuto un sussulto, incespicando leggermente.
— La linea Tagansko-Krasnopresnenskaja è sotto controllo — replicò un altro. I due si scambiarono un'occhiata e scoppiarono a ridere. Probabilmente stavano facendo una specie di gara: chi riepilogava più velocemente la situazione dei suoi distretti.
"Provate un po' a prendermi, allora!"
Avanzai un poco nella sala, dirigendomi verso il bar. "Non fate troppo caso a me. Sono un insignificante agente, uno di quelli che avete sbrigativamente destinato al ruolo di cane da guardia. Ecco, adesso l'agente ha voglia di farsi una birra: un caso di totale evaporazione del senso di responsabilità? O forse ha deciso di verificare personalmente la sicurezza dei suoi nuovi padroni? Il più zelante servitore agli ordini del re. Taram-pam-pam, tara-rara-rara-ra…"
Al banco della birra una donna di mezza età lavava i boccali con gesti meccanici. Quando mi fermai davanti a lei, cominciò a versarmi una birra in silenzio. I suoi occhi erano vuoti e opachi, si era trasformata in una marionetta, e fu con molta fatica che riuscii a reprimere un breve, ma accecante scoppio di rabbia. Non si poteva. Non avevo diritto alle emozioni. Ero anch'io un automa. E gli automi non hanno sentimenti.
E poi vidi la ragazza seduta su un alto sgabello girevole di fronte al bar, e di nuovo mi sentii mancare.
Come avevo fatto a non pensarci?
Tutti i quartier generali operativi devono essere dichiarati alla Guardia avversaria. E in tutti viene inviato un osservatore. Fa parte del Patto, è una di quelle regole del gioco vantaggiose — almeno apparentemente — per entrambe le parti. Anche nel nostro quartier generale, quando viene convocato, è presente un rappresentante delle Tenebre.
Qui per noi c'era Tigrotto.
All'inizio lo sguardo della ragazza mi scivolò addosso senza curiosità, e stavo già per rallegrarmi per lo scampato pericolo, quando i suoi occhi si bloccarono improvvisamente.
Aveva già visto l'agente di guardia di cui avevo preso le sembianze. E qualcosa evidentemente non corrispondeva alle caratteristiche registrate dalla sua memoria. Un segnale di allarme. Un attimo… e mi stava già esaminando attraverso il Crepuscolo.
Rimasi lì fermo, senza cercare di nascondermi.
La ragazza distolse lo sguardo, e fissò il mago seduto di fronte a lei. Un mago tutt'altro che debole: valutai la sua età all'incirca sul secolo, e come livello di forza doveva essere almeno al terzo. Tutt'altro che debole, ma molto soddisfatto di sé.
— Comunque le vostre iniziative si configurano come una provocazione — disse la ragazza con voce piatta. — I Guardiani del Giorno sono sicuri che il Selvaggio non sia Anton.
— E chi è allora?
— Un mago della Luce non iniziato e a noi sconosciuto. Controllato dalle Forze delle Tenebre.
— E perché, bambina? — Il mago appariva sinceramente meravigliato. — Spiegamelo, te ne prego. Perché mai dovremmo fare fuori i nostri, ammettendo anche che si tratti dei meno preziosi?
— «I meno preziosi» è l'espressione chiave — osservò malinconicamente Tigrotto.
— Se però avessimo avuto la possibilità di eliminare il capo delle Forze della Luce di Mosca. Ma lui, come al solito, è fuori discussione. E sacrificare una ventina dei nostri per un unico mago della Luce di media forza non mi sembra un discorso da prendere in considerazione. O ci consideri tutti degli stupidi?
— Io vi considero molto intelligenti. Decisamente più intelligenti di me. — Tigrotto sorrise senza nessuna cordialità. — Ma io sono solo un elemento operativo. Le conclusioni le tireranno gli altri, e loro sapranno farlo, non ne dubiti…
— Ma se noi non pretendiamo neppure l'immediata esecuzione! — Il mago delle Tenebre sorrise. — Perfino adesso non escludiamo la possibilità di un nostro errore. Il Tribunale, un'indagine qualificata e imparziale, un giudizio equo, ecco quello che vogliamo!
— Non le pare anche un po' strano che il suo capo, utilizzando la Frusta di Saab, non sia riuscito a catturare Anton? — La ragazza picchiettò col dito sul boccale di birra semivuoto. — Io direi che è molto strano. È la sua arma preferita, e la maneggia alla perfezione da qualche secolo. Sembra quasi che alla Guardia del Giorno il puro fatto della cattura di Anton non interessi poi tanto.
— Bambina cara — il mago delle Tenebre si curvò al di sopra del tavolino che li separava — sei decisamente incoerente! Non puoi accusarci prima perché perseguitiamo un mago della Luce innocente e rispettoso delle leggi, e poi perché non facciamo di tutto per catturarlo!
— E perché?
— È un piccolo caso di sadismo. — Il mago ridacchiò. — La nostra conversazione mi procura un sincero piacere: possibile che ci consideriate una banda di psicopatici assetati di sangue?
— No, vi consideriamo una banda di astuti mascalzoni.
— Proviamo a paragonare i nostri metodi! — Ebbi l'impressione che il mago delle Tenebre stesse per montare sul suo cavallo preferito. — Facciamo un confronto dei danni che le azioni delle Guardie arrecano agli umani, la nostra base alimentare.
— Ecco cosa sono per voi gli umani: mangime.
— E per voi? O adesso le Forze della Luce provengono dalla Luce e non vengono scelte tra la folla?
— Per noi gli umani sono radici. Le nostre radici.
— E chiamiamoli pure radici. Perché litigare per una semplice parola? Ma allora, bambina, sono anche le nostre. E ci mandano sempre nuova linfa, non te lo nascondo, non è un segreto.
— Anche noi non diminuiamo. E neppure questo è un segreto.
— Naturalmente. Tempi difficili, stress, superlavoro, gli umani vivono al limite, e dal limite è facile cadere. Almeno su questo punto siamo arrivati alla stessa conclusione! — Il mago ridacchiò di nuovo.