Tamburellai con le dita sul bracciolo della sdraio.
L'Inquisizione. Una struttura al di sopra delle Guardie. Esamina le contese, punisce i trasgressori di entrambe le parti. Vigila. Raccoglie informazioni su ciascuno di noi. Ma il suo intervento è un fatto rarissimo e la sua forza risiede nella segretezza, piuttosto che nella potenza militare.
E tuttavia l'Inquisizione è coinvolta. Conosco il Capo. Da ogni cosa trae un tornaconto come minimo triplo. E il recente caso di Maksim, l'Altro Selvaggio, l'agente della Luce passato all'Inquisizione, ne è un esempio. Il Capo ha trascinato Svetlana in questa faccenda, le ha impartito lezioni di autocontrollo e intrigo, e contemporaneamente ha individuato un nuovo Inquisitore.
Se solo sapessi a cosa stanno preparando Svetlana!
Per il momento brancolo nel buio. E — ciò che è più terribile — mi allontano dalla Luce.
Mi infilai le cuffie, chiusi gli occhi.
Sto rischiando, sto rischiando molto. I Grandi Maghi perseguono i propri fini, ma persino loro non osano andare contro la propria parte. Chi resta solo non sopravvive.
Una mano si poso sulla mia spalla.
— Buongiorno. Sveta — dissi. Aprii gli occhi.
Indossava i calzoncini e il costume da bagno. I capelli erano umidi e accuratamente acconciati. Probabilmente aveva fatto la doccia. A me invece, da vero maiale, non era nemmeno venuto in mente di farla.
— Come stai, dopo ieri? — mi domandò.
— Bene. E tu?
— Bene. — Si voltò.
Attesi. Nelle cuffie suonavano sommessamente gli Spleen.
— Cosa ti aspettavi da me? — domandò bruscamente Sveta. — Sono una donna normale, sana, giovane. Non ho un uomo da quest'inverno. Lo so, ti sei ficcato in testa che Geser ci ha accoppiati come si portano i cavalli alla monta, ti sei impuntato.
— Non mi aspettavo niente.
— Allora scusa per la sorpresa!
— Hai percepito la mia traccia nella stanza, quando ti sei svegliata?
— Sì. — Svetlana estrasse con difficoltà dalla tasca stretta il pacchetto di sigarette. Se ne accese una. — Sono stanca. Benché non stia lavorando, ma solo studiando, sono stanca lo stesso. E sono venuta qui per riposarmi.
— Ma sei stata proprio tu a parlare di allegria simulata…
— E tu eri ben lieto di approfittarne!
— È vero — concordai.
— Poi hai cominciato a ingollare vodka e tramare complotti.
— Che diavolo di complotti?
— Contro Geser. E contro di me, tra l'altro. È assurdo! Persino io l'ho percepito! Non credere di essere un Grande Mago, che…
Si interruppe. Ma troppo tardi.
— Non sono un Grande Mago — dissi. — Terzo livello. Secondo, forse. Non di più. Ciascuno ha i propri limiti. Si campasse pure mille anni, non si riuscirebbe comunque a superarli.
— Scusami, non volevo offenderti — disse Sveta con aria smarrita. Abbassò la mano che stringeva la sigaretta.
— Lascia perdere. Non c'è niente per cui io mi debba offendere. Sai perché gli agenti delle Tenebre fanno famiglia così spesso tra di loro, mentre noi preferiamo cercare mogli e mariti tra gli uomini? Sopportano più facilmente la disparità e la concorrenza continua.
— Uomo e Altro: la disparità in questo caso è ancora maggiore.
— Ma non ha valore. Siamo due specie differenti. Quindi non ha assolutamente alcun valore.
— Scusami, voglio che tu lo sappia. — Svetlana diede un lungo tiro alla sigaretta. — Non era nelle mie intenzioni che la faccenda si spingesse tanto in là. Aspettavo che tu scendessi, che vedessi, che t'ingelosissi.
— Perdonami, ma davvero non sapevo di dovermi ingelosire — dichiarai con sincerità.
— Ma poi non so come tutto ha cominciato a girare. Non sono più stata capace di fermarmi.
— Ma io capisco perfettamente, Sveta. È tutto a posto.
Mi guardò incredula. — A posto?
— Ma certo. A chi non succede? La Guardia è un'unica grande, solida famiglia. Con tutte le conseguenze che ne derivano.
— Che razza di animale — sospirò Svetlana. — Anton, se ora tu potessi vederti dall'esterno!
— Sveta, sei venuta a fare pace? — domandai. — Ecco, allora facciamo pace. È tutto a posto. Non è successo niente. È la vita, e nella vita capita di tutto.
Balzò in piedi di scatto e per un attimo mi trapassò con uno sguardo di ghiaccio. Io strizzai ripetutamente gli occhi, smarrito.
— Idiota — sbottò Svetlana, e rientrò in casa.
Cosa si aspettava, dunque? Offese, accuse, tristezza?
D'altra parte, tutto ciò non aveva importanza. Cosa stava aspettando Geser? Cosa sarebbe cambiato, se io avessi abbandonato il ruolo dell'amante sfigato di Sveta? Qualcun altro avrebbe occupato il mio posto? O per lei era già venuto il momento di restare sola, sola con il proprio grande destino?
L'obiettivo. Dovevo riuscire a sapere qual era l'obiettivo di Geser.
Con uno strattone mi alzai dalla sdraio e rientrai. Mi imbattei immediatamente in Ol'ga. Era sola nel salotto. Se ne stava davanti alle bacheche con le spade e reggeva sulle braccia tese una sciabola lunga e sottile. Non la guardava come si guarda un giocattolo d'antiquariato. Anche Tigrotto probabilmente contemplava le proprie spade nello stesso modo. Ma nel suo caso l'amore per le armi antiche era astratto. Per Ol'ga no.
Quando Geser per amore di lei venne a vivere e a lavorare in Russia, tra l'altro, quelle spade potevano ancora essere in uso.
Novant'anni fa, quando Ol'ga fu privata di tutti i diritti, si combatteva ormai in tutt'altra maniera.
L'ex Grande Maga. L'ex Grande Obiettivo. Novant'anni.
— Dopotutto è andata come previsto — dissi.
Ol'ga sobbalzò e si girò.
— Da soli non si sconfiggono le Tenebre. Bisogna che gli uomini si elevino. Che diventino buoni e gentili, laboriosi e intelligenti. Che ogni Altro veda soltanto la Luce.
— Ne sei certo — disse Ol'ga — o l'hai solo indovinato?
— L'ho indovinato.
— Bene. Cos'altro?
— Dove hai sbagliato. Ol'ga?
— Sono scesa a un compromesso. Un piccolo compromesso con le Tenebre. E come risultato abbiamo perso.
— Perso? Noi sopravviviamo sempre. Ci adattiamo, aderiamo, ci immedesimiamo. E ritorniamo a lottare come prima. Solo gli uomini perdono.
— Le ritirate sono inevitabili. — Ol'ga strinse con leggerezza uno spadone e lo agitò sopra la testa. — Non assomiglio a un elicottero?