Mi bastò pensare che avrei dovuto chiamare Geser, impegnato solo due ore prima a disperdere l'intera Guardia del Giorno, per farmi passare la voglia di seguire le istruzioni. Piegai le dita, preparandomi a lanciare un rapido sortilegio congelante. Probabilmente avevo in mente il gesto spettacolare di Semën.
Fa' attenzione…
Spinsi la porta ed entrai nel mio appartamento, così rapidamente trasformato in un luogo estraneo.
E compresi subito chi poteva avere forze sufficienti, pieni poteri e, più banalmente, la sfacciataggine di venire a casa mia senza essere stato invitato.
— Buongiorno, Capo! — dissi prima ancora di buttare l'occhio nello studio.
In un certo senso non mi ero sbagliato.
Seduto in poltrona accanto alla finestra, Zavulon sollevò stupito le sopracciglia. Mise da parte la rivista che stava leggendo. Inforcò con grande cura gli occhiali dalla sottile montatura dorata. E solo allora rispose: — Buongiorno, Anton. Sai, mi piacerebbe molto scoprire di essere il tuo capo.
Sorrideva. Il mago delle Tenebre fuori categoria, il vertice moscovita della Guardia del Giorno. Come d'abitudine, indossava un inappuntabile completo nero e una camicia grigio chiaro. Magro. I capelli corti. Età indecifrabile.
— Mi sono sbagliato — dissi. — Cosa ci fai, qui?
Zavulon alzò le spalle. — Prendi l'amuleto. È da qualche parte sul tavolo. Lo percepisco.
Andai al tavolo, aprii il cassetto e ne tirai fuori un medaglione d'osso, legato a una catenella di rame. Lo strinsi nel pugno e sentii che cominciava a scaldarsi.
— Zavulon, non hai alcun potere su di me.
Il mago delle Tenebre annuì. — Bene. Non voglio che tu abbia il minimo dubbio circa la tua incolumità personale.
— Cosa ci fai nella casa di un agente della Luce, Zavulon? Ho il diritto di rivolgermi al Tribunale.
— Lo so. — Zavulon allargò le braccia. — So tutto. Sono in torto. Sono uno sciocco. Espongo al pericolo me stesso e la Guardia del Giorno. Ma non sono venuto a trovarti da nemico.
Restai zitto.
— Sì, per i dispositivi di sorveglianza puoi evitare di preoccuparti — buttò lì con noncuranza. — Per i vostri, come per quelli che ha installato l'Inquisizione. Mi sono permesso — diciamo così — di addormentarli. Tutto ciò che ci diremo resterà per sempre tra noi.
— A un uomo non credere che per metà, a un agente della Luce per un quarto, a un agente delle Tenebre per niente — borbottai.
— Certo. Hai tutto il diritto di non credermi. Persino l'obbligo! Ma io ti chiedo di ascoltarmi. — Di colpo Zavulon fece un sorriso sorprendentemente schietto e conciliante. — Dopotutto sei un agente della Luce. Sei obbligato a prestare aiuto. A chiunque te lo chieda, persino a me. E io te lo chiedo.
Vacillando andai a sedermi sul divanetto. La mia casa è la mia fortezza: ero quasi giunto a crederlo, durante gli anni di lavoro nella Guardia.
— Per cominciare: come sei entrato? — domandai.
— Per cominciare: ho preso un comunissimo grimaldello, ma…
— Zavulon, sai di cosa parlo. Le barriere di segnalazione possono essere distrutte, ma non ingannate. Sarebbero dovute scattare in presenza di un'intrusione.
Il mago delle Tenebre sospirò. — Mi ha aiutato Kostja. Gli hai dato tu il permesso di entrare.
— Contavo su di lui come su un amico. Benché vampiro.
— Ma lui è davvero tuo amico. — Zavulon sorrise. — E vuole aiutarti.
— A modo suo.
— A modo nostro. Anton, sono venuto a casa tua, ma non mi sto preparando a causare danni. Non ho letto i documenti di servizio che conservi qui. Non ho lasciato segni spia. Sono venuto per parlare.
— Parla.
— Abbiamo entrambi lo stesso problema, Anton. E oggi ha raggiunto dimensioni critiche.
Avevo capito, già dal momento in cui avevo visto Zavulon, su cosa si sarebbe diretta la conversazione. Perciò annuii appena.
— Hai capito. Molto bene. — Il mago delle Tenebre si sporse in avanti e sospirò. — Non mi faccio illusioni, Anton. Noi vediamo il mondo in maniera differente. E altrettanto diversamente concepiamo il dovere. Ma persino in una situazione del genere esistono punti di intersezione. Noi Forze delle Tenebre ci meritiamo qualche rimprovero, dal vostro punto di vista. Talvolta agiamo in modo non univoco. E. per via della nostra natura, trattiamo gli uomini con minore cura. Sì, tutto questo è vero. Tuttavia nessuno, ti prego di notare, ha mai potuto accusarci di aver tentato un'interferenza globale nei destini dell'umanità! Da quando abbiamo stipulato il Patto, noi viviamo la nostra vita e vorremmo che voi faceste altrettanto.
— Nessuno vi ha accusati — replicai. — Perché il tempo, per quanto la si rigiri, lavora per voi.
Zavulon chiese: — E questo cosa significa? Che forse siamo più vicini agli uomini? O forse che abbiamo ragione? Ma lasciamo perdere queste dispute infinite. Ti ripeto le mie parole: noi rispettiamo il Patto. E sovente ci atteniamo a esso assai più scrupolosamente delle Forze della Luce.
Un artificio retorico usuale. All'inizio si ammette una certa colpa comune. Poi con dolcezza si accusa il proprio interlocutore di una colpa altrettanto comune. Rimproverare paternamente e subito lasciar correre: dimentichiamo!
E solo allora passare all'essenziale.
— Suvvia, parliamo della cosa fondamentale. — Zavulon si fece più serio. — Nel corso dell'ultimo secolo, per tre volte le Forze della Luce hanno condotto esperimenti globali. La rivoluzione russa, la seconda guerra mondiale. E adesso di nuovo. Con lo stesso, identico copione.
— Non capisco di cosa stai parlando — dissi. Cominciai a provare un'angoscia dolorosa al petto.
— Davvero? Mi spiego. Vengono elaborati modelli sociali che — pur tramite straordinari sovvertimenti e un enorme spargimento di sangue — porteranno l'umanità, o una parte significativa di essa, alla società perfetta. Perfetta dal vostro punto di vista, non discuto! Assolutamente. Ognuno ha il diritto di sognare. Ma il vostro cammino è veramente brutale… — Di nuovo quel sorriso afflitto. — Ci accusate di atrocità, certo, e non senza motivo, ma cos'è un bambino ucciso in una messa nera in confronto a un qualsiasi lager nazista per bambini? Anche il nazismo è stato un vostro prodotto. Anche in quel caso, sfuggito al controllo. Prima l'internazionalismo e il comunismo: un fallimento. Poi il nazionalsocialismo. Ancora un errore? Allora li avete fatti scontrare e siete stati a sorvegliare il risultato. Avete tirato un sospiro, cancellato tutto e ricominciato a fare esperimenti.
— Gli errori sono dovuti ai vostri interventi.
— Certo! Ma anche noi possediamo l'istinto di conservazione! Noi non costruiamo modelli sociali sulla base della nostra etica. Perché dunque dovremmo permettere i vostri progetti?
Non dissi niente.
Zavulon era visibilmente soddisfatto. — Così stanno le cose, Anton. Possiamo anche essere nemici. E lo siamo effettivamente. Quest'inverno ci hai procurato fastidi piuttosto seri. In primavera mi hai di nuovo tagliato la strada. Hai annientato due collaboratori della Guardia del Giorno. Sì, certo, l'Inquisizione ha riconosciuto che le tue azioni sono state compiute per autodifesa ed estrema necessità ma, credimi, per me non è stato affatto piacevole. Cos'è il capo di un'organizzazione, se non riesce a difendere i propri collaboratori? Dunque, siamo nemici. Ma ora si è verificata una situazione unica nel suo genere. Un altro esperimento. In cui tu sei indirettamente implicato.
— Non so di cosa tu stia parlando.
Zavulon scoppiò a ridere. Alzò le mani. — Anton, non voglio estorcerti alcun segreto. E non mi metterò a fare domande. Non ti chiederò niente. Ascolta ciò che ho da raccontarti. Poi me ne andrò.
All'improvviso ricordai che l'inverno precedente, sul tetto di quel palazzo, Alisa, la streghetta, aveva fatto uso del proprio diritto d'interferenza. Però in modo molto debole, tanto che mi aveva solo spinto a dire la verità. E quella verità aveva spinto il piccolo Egor dalla parte delle Tenebre.