Perché succedeva questo?

Perché la Luce agiva tramite la menzogna e le Tenebre tramite la verità? Perché la nostra verità si rivelava tanto impotente, quanto la menzogna era efficace? E perché le Tenebre utilizzavano benissimo la verità per edificare il Male? Era nella natura di chi? Nostra o degli uomini?

— Svetlana è una maga straordinaria — disse Zavulon — ma il suo futuro non è la direzione della Guardia della Notte. Si preparano a usarla per un solo e unico scopo. Per la stessa missione che Ol'ga non ha portato a compimento. Sai che stamattina in città ha fatto irruzione un corriere proveniente da Samarcanda?

— Lo so — ammisi, chissà perché.

— Ma io posso dirti cos'ha portato con sé. Vuoi saperlo?

Strinsi le labbra.

— Vuoi. — Zavulon fece un cenno con il capo. — Il corriere ha portato un pezzetto di gesso.

Agli agenti delle Tenebre non credere mai. Eppure, non so perché, mi parve che non stesse mentendo.

— Un minuscolo pezzo di gesso. — Il mago delle Tenebre sorrise. — Lo si può usare a scuola, per scrivere sulla lavagna. O per disegnare sull'asfalto. O per sfregare la punta della stecca da biliardo. Tutte queste cose si possono fare con la stessa facilità con cui si schiacciano le noci. Ma se una Grande Maga prende in mano questo gessetto… Dev'essere necessariamente Grande, chiunque altro non avrebbe forze sufficienti. E dev'essere necessariamente femmina: in mani maschili rimarrebbe un semplice gessetto. Per giunta, la Maga deve appartenere alla Luce. Per le Forze delle Tenebre resta un oggetto inutilizzabile.

Era una mia impressione, o aveva fatto un sospiro? Rimasi in silenzio.

— Un minuscolo pezzo di gesso. — Zavulon si abbandonò sulla poltrona e cominciò a dondolarsi avanti e indietro. — Ed è già tutto consumato: le dita sottili di certe bellissime fanciulle, nei cui occhi ardeva una fiamma lucente, l'hanno afferrato più di una volta. L'hanno impiegato e la terra ha sobbalzato, si sono dissolti i confini dei regni, sono sorti imperi, pastori sono diventati profeti, falegnami sono diventati dei, trovatelli sono stati incoronati re, sergenti sono assurti al rango di imperatori, seminaristi mancati e pittori senza talento si sono trasformati in tiranni. Un piccolo mozzicone di gesso. Niente di più.

Zavulon si alzò e allargò le braccia. — Questo è tutto ciò che volevo dirti, mio caro nemico. Il resto lo capirai da solo. Se vorrai, naturalmente.

— Zavulon. — Aprii il pugno e guardai l'amuleto. — Tu sei frutto delle Tenebre.

— Certo. Ma solo di quelle Tenebre che erano in me. Di quelle che io stesso ho scelto.

— Persino la tua verità porta il Male.

— A chi lo porta? Alla Guardia della Notte? Ovvio. Agli uomini? Permettimi di dissentire.

Si diresse verso la porta.

— Zavulon — lo chiamai ancora. — Ho visto il tuo vero volto. So chi sei e cosa sei.

Il mago delle Tenebre rimase rigido. Poi si girò lentamente e si passò una mano sul viso. La deformazione durò un attimo. Le squame scintillarono debolmente al posto della pelle, gli occhi divennero fessure sottili.

L'oscurità si dileguò.

— Sì, certo. Mi hai visto. — Zavulon era tornato al proprio aspetto umano. — Ma io ho visto te. E ti dirò francamente che non eri certo un candido angelo con la spada splendente. Tutto dipende dal punto d'osservazione. Addio, Anton. Credimi, un giorno ti annienterò con grande piacere. Ma ora ti auguro di avere successo. Con tutto il cuore.

Uscì. La porta sbatte dietro di lui.

In quel momento, come se si fosse svegliato solo allora, dal Crepuscolo il segno di guardia emise uno strillo. La maschera coreana appesa al muro si deformò. Un lampo d'ira balenò negli intagli dei suoi occhi, la bocca digrignò i denti.

Guardiani…

Feci tacere il segno con due movimenti della mano e alla maschera lanciai il freeze che avevo tenuto in serbo. Così che anche quel sortilegio alla fine mi tornò utile.

— Un gessetto — dissi.

Ne avevo sentito vagamente parlare. Molto tempo addietro. Qualche frase lasciata cadere da un insegnante durante la lezione, una chiacchierata in compagnia, certi racconti tra cadetti… Proprio un gessetto…

Mi alzai dal divano e sollevai la mano. Gettai l'amuleto per terra.

— Geser! — gridai attraverso il Crepuscolo. — Geser, rispondimi!

L'ombra si levò verso di me dal pavimento, si avvinghiò al mio corpo e mi inghiottì. La luce si offuscò, la stanza cominciò a ondeggiare, le sagome dei mobili si confusero. Scese un silenzio insopportabile. L'afa si dileguò. Ero immobile, a braccia aperte, e il Crepuscolo beveva con avidità le mie forze.

— Geser, invoco il tuo nome!

Filamenti di una nebbia grigia fluttuavano attraverso la stanza. Non m'importava niente che qualcun altro potesse udire il mio grido.

— Geser, mio istruttore, t'invoco. Rispondi!

Da molto lontano un'ombra invisibile emise un sospiro. — Ti sento, Anton.

— Rispondimi!

— Su cosa vuoi che ti risponda?

— Zavulon mentiva?

— No.

— Fermatevi, Geser!

— È tardi, Anton. Tutto procede come previsto. Abbi fiducia in me.

— Fermatevi, Geser!

— Non hai il diritto di pretendere nulla.

— Invece sì! Se noi siamo parte della Luce, se portiamo il Bene, allora ne ho il diritto!

Tacque. Pensai addirittura che il Capo avesse deciso di non parlarmi più del tutto.

— Va bene. Ti aspetto tra un'ora al Parabar.

— Dove?

— Al bar dei paracadutisti. Metrò Turgenevskaja. Dietro l'ex ufficio centrale delle Poste.

Di nuovo cadde il silenzio.

Arretrai di un passo e uscii dal Crepuscolo. Un posto singolare, per incontrarsi. Era stato lì che Geser si era scontrato con i Guardiani del Giorno? No, era successo in un ristorante.

Bene, al Parabar, al Rosie o allo Chance… non aveva importanza. Fosse pure il bar dei paracadutisti, degli yuppy o dei gay.

Ma dovevo assolutamente sapere un'altra cosa, prima di incontrare Geser.

Presi il cellulare e composi il numero di Svetlana. Rispose subito.

— Ciao — dissi semplicemente. — Sei ancora in campagna?

— No. — Sembrava confusa dal mio tono intraprendente. — Sto tornando in città.

— Con chi?

Si impappinò. — Con Ignat.

— Bene — dissi con sincerità. — Senti, non sai nulla a proposito del gesso?

— A proposito di che?

Il suo sconcerto era evidente.

— Dei poteri magici del gesso. Non ti hanno istruito sulla sua applicazione nella magia?

— No. Anton, stai bene?

— Altroché.

— È successo qualcosa?

Il tipico modo di fare delle donne: ripetere ogni domanda in due o tre varianti.

— Niente di particolare.

— Vuoi… — Si confuse. — Vuoi che chieda a Ol'ga?

— Anche lei è lì con voi?

— Sì, siamo in tre.

— Non è necessario. Grazie.

— Anton…

— Cosa c'è, Sveta?

Andai al tavolo e aprii il cassetto in cui conservavo tutti gli oggetti magici. Diedi un'occhiata ai cristalli opachi, al bastone grossolanamente intagliato (all'epoca volevo ancora diventare un mago da combattimento). Richiusi il cassetto.

— Perdonami.

— Non hai motivo di chiedere perdono.

— Vuoi che venga a casa tua?

— Siete lontani?

— A metà strada.

— Allora non è possibile. Ho un appuntamento importante. Ti richiamo più tardi. — Chiusi la comunicazione e sorrisi.

La verità può essere cattiva e menzognera in molti casi. Per esempio se la si dice soltanto a metà. Se si dice che non si ha voglia di parlare, ma non si spiega il perché.

Mi si conceda di compiere il Bene tramite il Male. Non ho nient'altro a disposizione.

In ogni caso perlustrai l'appartamento, controllai in camera da letto, in bagno, in cucina. Per quanto mi era dato di percepire, davvero Zavulon non aveva lasciato alcun "regalino".

Tornai nel mio studio, accesi il portatile, infilai il CD contenente il database della magia. Digitai la password e inserii la parola "gesso".


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