— Il Signore che le offerse amicizia è il benvenuto tra la sua famiglia — disse Mogien. — Ma intendevo parlare, Lord Rocannon, della nave su cui viaggiò. È ancora in mano agli Uomini d'Argilla? Contiene anch'essa un ansible, con cui potresti dare al tuo clan la notizia della presenza di questi nemici?

Per un istante, Rocannon rimase a bocca aperta, colpito da quella possibilità; ma subito si calmò.

— No — disse. — Non ha l'ansible. Hanno dato quella nave al Popolo d'Argilla settant'anni fa; all'epoca non era ancora stata inventata la trasmissione istantanea.

«Ed è impossibile che abbiano installato un ansible in seguito, perché l'intero pianeta è sotto Interdizione da quarantacinque anni. Per causa mia. Perché me ne sono interessato io. Perché, dopo avere incontrato Lady Semley, mi sono recato dalla mia gente e ho detto: Cosa stiamo facendo su quel mondo che non conosciamo neppure? Perché prendiamo i loro tributi e gli diamo ordini? Che diritto abbiamo di farlo? Se invece avessi lasciato le cose come stavano, qualcuno verrebbe ancora qui ogni due anni; non sareste totalmente alla mercé dell'invasore…

— E che cosa potrebbe volere, da noi, un invasore? — domandò Mogien. Non lo domandò per fare mostra di modestia: era spinto dalla curiosità.

— Vuole il vostro pianeta, credo. Il vostro mondo. La vostra terra. Forse intende farvi suoi schiavi. Non saprei.

— Se il Popolo d'Argilla ha ancora quella nave, Rokanan, e se vola fino alla città di Kerguelen, tu puoi usarla per raggiungere il tuo popolo.

Il Signore delle Stelle lo fissò per un lungo istante.

— Penso che potrei farlo — disse. Il suo tono di voce era tornato triste. Cadde nuovamente tra i due uomini un lungo istante di silenzio; poi Rocannon riprese in tono appassionato:

— Sono stato io, a esporre il tuo popolo a questo rischio. Ho portato qui i miei compagni, e sono morti. Non voglio fuggire da questa situazione, rifugiandomi nel futuro, tra otto anni, per scoprire cosa succederà!

«Ascolta, Lord Mogien, se tu potessi aiutarmi a raggiungere gli Uomini di Argilla, nel Sud, potrei farmi dare la nave per usarla sul pianeta, servendomene per effettuare ricerche. Oppure, se non riuscissi a disinserire il pilota automatico, potrei mandarla a Kerguelen con un messaggio. Ma io non mi allontanerò dal pianeta.

— A quanto dicono le leggende, Semley trovò la nave nelle grotte degli Gdemiar, presso il Mare di Kirien.

— Potresti prestarmi un destriero del vento, Lord Mogien?

— E la mia compagnia, se l'accetti.

— L'accetto, e ti ringrazio!

— Gli Uomini d'Argilla sono cattivi padroni di casa per gli ospiti solitari — disse Mogien, con un'espressione soddisfatta sulla faccia. Neppure il ricordo dello spaventevole foro nero scavato sul fianco della montagna riusciva a spegnere il desiderio di mettere mano alle due lunghe spade che portava alla cintura. Era passato molto tempo dall'ultima scorreria.

— Che i nostri nemici muoiano senza figli — disse l'Angya, con voce cupa, riempiendo le coppe e sollevando la sua.

Rocannon, i cui amici erano stati uccisi senza preavviso, in una nave disarmata, non ebbe esitazioni.

— Che muoiano senza figli — disse, e bevve con Mogien, alla luce giallastra delle lucerne e delle due lune, nell'Alta Torre di Hallan.

CAPITOLO SECONDO

La sera del secondo giorno, Rocannon aveva i muscoli indolenziti e la pelle irritata dal vento, ma aveva imparato a stare seduto senza fatica sull'alta sella e a guidare con una certa abilità la grande bestia volante proveniente dalle scuderie di Hallan.

L'aria arrossata dal sole che tramontava molto lentamente si stendeva sopra e sotto di lui, come una serie di strati di luce, simili a cristalli rosati. I destrieri volavano molto in alto, per rimanere quanto più possibile al sole, poiché, come grandi gatti, amavano il caldo.

Mogien, sul suo nero animale da caccia (come definirlo, si chiedeva Rocannon, uno stallone o un micio?), si sporgeva dalla sella per osservare il terreno sottostante, alla ricerca di un luogo adatto per accamparsi: i grifoni non amavano volare al buio. Due plebei volavano dietro di loro, montati su animali bianchi, più piccoli, le cui ali, al riverbero del grande sole Fomalhaut, assumevano un colore rosato.

— Guarda laggiù, Signore delle Stelle!

Il grifone di Rocannon ringhiò e sollevò la testa, scorgendo l'oggetto indicato da Mogien: un piccolo oggetto nero che attraversava lentamente il cielo davanti a loro, a un'altitudine assai inferiore, e che interrompeva la quiete del tramonto con un rumore di pale.

Rocannon, con un braccio, fece segno di scendere subito a terra. Nella radura dove atterrarono, Mogien domandò: — Era una nave come la tua, Signore delle Stelle?

— No, è una nave che non può lasciare il pianeta: un elicottero. Se e qui, devono averlo portato con una nave molto più grande della mia, una fregata stellare o un trasporto. Devono essere arrivati in forze. E devono essere arrivati prima di me. Comunque, mi chiedo che intenzioni possano avere, per venire qui con bombardieri ed elicotteri… Possono colpirci mentre siamo in volo, da una distanza grandissima. Dovremo stare molto attenti a non farci scorgere, Lord Mogicn.

— Quella macchina veniva dalla direzione dei Campi d'Argilla. Spero che non ci abbiano preceduto laggiù.

Rocannon si limitò ad assentire con il capo, profondamente incollerito alla vista di quella macchia nera sul chiarore del tramonto, di quello scarafaggio su un mondo lindo e pulito. Coloro che avevano bombardato a vista una nave esploratrice disarmata, evidentemente avevano l'intenzione di esplorare a loro volta il pianeta e di prenderne possesso, per colonizzarlo o per adibirlo a usi militari. Quanto alle forme di vita a intelligenza elevata presenti sul pianeta, che ammontavano ad almeno tre specie, tutte a basso livello tecnologico, le avrebbero ignorate, oppure le avrebbero rese schiave o le avrebbero spazzate via, a seconda della propria convenienza. Per un popolo aggressivo, infatti, solo la tecnologia aveva importanza.

E a questo proposito, pensava Rocannon, mentre i plebei toglievano le selle ai destrieri e li lasciavano liberi per la caccia notturna, ecco forse il punto di debolezza della Lega. Solo la tecnologia aveva importanza. Le due missioni giunte su quel mondo nei cent'anni precedenti avevano subito cominciato a spingere una delle specie verso la tecnologia preatomica, prima ancora di esplorare gli altri continenti, addirittura prima di essere entrati in contatto con tutte le altre razze intelligenti che esistevano su quel mondo.

Rocannon aveva messo fine a un simile stato di cose, e infine era riuscito a portare sul pianeta la propria Missione Etnografica, incaricata di imparare finalmente qualcosa sui suoi abitanti; ma non si illudeva. Anche il suo lavoro, in ultima analisi, sarebbe servito unicamente come base informativa per spingere al progresso tecnologico le specie e le culture più adatte. Era questo il modo in cui la Lega di Tutti i Mondi si preparava a combattere il suo nemico finale.

Cento mondi erano stati addestrati e armati, altri mille apprendevano l'uso della ruota e dell'acciaio, del trattore e del reattore. Ma Rocannon l'etnologo, il cui lavoro consisteva nell'imparare, non nell'insegnare, e che era vissuto su molti mondi tecnologicamente arretrati, non era convinto che la soluzione più saggia consistesse nel puntare ogni cosa sull'uso delle armi e delle macchine.

Dominata dalle specie umanoidi aggressive e tecniche del Centauro, della Terra e di Tau Ceti, la Lega aveva trascurato certe altre capacità, certi altri poteri, certe potenzialità della vita intelligente, e dava i propri giudizi in base a criteri troppo ristretti.

Quel pianeta, che non aveva neppure un nome diverso dalla sua sigla, Fomalhaut II, non avrebbe mai richiamato molta attenzione su di sé, poiché, prima dell'arrivo della Lega, nessuna delle sue specie sembrava essersi spinta molto più in là della leva e della forgia. Altre razze di altri mondi potevano venir fatte progredire più rapidamente, per contribuire alla lotta contro il nemico proveniente dall'esterno della Galassia, una volta che questi tornasse.


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